Pensare Globale e Agire Locale

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venerdì 14 dicembre 2012

Regno Unito - L’Ukip fa tremare i Tory

Il partito che vuole far uscire Londra dall’Ue si sta affermando come la terza forza della politica britannica e punta a conquistare gli elettori delusi da Cameron. I conservatori pensano a un accordo per limitare le perdite.

John Harris 11 dicembre 2012 THE GUARDIAN Londra

Chissà che la più importante novità politica di questo inverno non finisca col riguardare, invece di conservatori, laburisti o lib-dem, un’organizzazione che fino a poco tempo fa era sistematicamente emarginata e derisa come un assortimento di eccentrici e pazzoidi.

Il Partito per l’indipendenza del Regno Unito (Ukip) alle urne ha regolarmente ottenuto il 6-7 per cento delle preferenze, arrivando talora anche all’11, ma in è salito alla ribalta nelle consultazioni suppletive di Rotherham di metà novembre.

Le prospettive del partito sono state sensibilmente potenziate da un episodio di cronaca che ha fatto molto scalpore, avvenuto quando il consiglio municipale locale ha deciso di togliere tre bambini dalle cure dei genitori affidatari dopo aver scoperto che erano erano iscritti all’Ukip. I bambini sono migranti dell’Europa continentale e il direttore dei servizi all’infanzia di Rotherham ha detto di sentire l’obbligo di tutelare le loro “esigenze culturali ed etniche”, tenuto conto delle politiche che l’Ukip professa rispetto al multiculturalismo.

Poco tempo fa, il parlamentare e vicepresidente del partito conservatore Michael Fabricant aveva pubblicato un articolo intitolato “The Pact”, nel quale proponeva un accordo elettorale tra conservatori e Ukip basato su un referendum sull’appartenenza del Regno Unito all’Ue, offrendo un posto nel futuro governo Tory a Nigel Farage, leader dell’Ukip.

La leadership dei conservatori aveva convenientemente ridimensionato tale ipotesi, ma l’idea di fondo è stata decisamente rivelatrice: l’ascesa dell’Ukip sta innervosendo i Tory, e a ragion veduta. L’Ukip conta già 12 parlamentari europei mentre alla camera dei lord ci sono altri tre membri di Ukip ed ex-Tory. Il partito al momento ha 158 suoi iscritti in servizio in vari consigli, anche se si tratta di consigli municipali o parrocchiali, ma il loro numero è in costante aumento per le frequenti ribellioni dei conservatori.

Fanno parte di un sedicente “partito libertario non razzista, che auspica l’uscita del Regno Unito dall’Ue”, la cui ideologia si regge sull’assunto che perfino i conservatori “ormai sono socialdemocratici”, e che i partiti più importanti “non offrono all’elettorato una vera scelta”.

Oltre all’uscita dall’Europa, le altre posizioni e politiche dell’Ukip paiono concepite di proposito per demolire ciò che resta dell’agenda di “modernizzazione” che Cameron e i suoi sostenitori hanno inserito nella politica moderna dei Tory. Tra i più rilevanti di tali punti vi sono il concetto secondo cui il cambiamento del clima non è dimostrato e “l’energia eolica è inutile”, il principio per cui dovrebbero esserci “tagli consistenti agli aiuti esteri” (da sostituire, a quanto sembra, con “il libero commercio”). Se poi ne avesse la minima possibilità, l’Ukip avrebbe intenzione di congelare per cinque anni anche “l’immigrazione permanente”.

La tendenza prevalente all’interno del partito è a favore di un governo limitato che tagli le spese, pur mantenendo le armi nucleari britanniche, e “facendo dell’aumento delle spese per la difesa una chiara priorità”. L’Ukip si oppone al matrimonio tra gay (anche se tollera le unioni civili) e al divieto di fumo in “apposite sale di locali pubblici, club e alberghi”. I più radicali nel partito credono anche in una tariffa forfettaria del prelievo fiscale, idea che ha già avuto successo in Serbia, Ucraina, Slovacchia, Georgia e Romania.

Nel 2006 Cameron li aveva chiamati un partito di “eccentrici, pazzoidi e mezzo razzisti”, e ogni tanto si è avuta notizia di membri dell’Ukip che intrattenevano rapporti con l’estrema destra. Al Parlamento europeo i loro rappresentanti fanno parte di un gruppo denominato Europa della libertà e della democrazia, che comprende anche la Lega Nord italiana, il partito lituano Ordine e giustizia e un movimento greco chiamato Unione popolare ortodossa.

Per quale motivo all’improvviso il supporto del partito è cresciuto in maniera esponenziale? Secondo John Curtice, professore di politica all’University di Strathclyde, la risposta è inevitabilmente legata a due istituzioni che hanno vissuto entrambe un difficile 2012: l’Unione europea e il partito conservatore britannico. “La risposta più semplice è che l’opinione pubblica sta diventando molto più euroscettica” dice. “Non è chiaro tuttavia se sia più euroscettica rispetto alla fine degli anni 70 e ai primi 80. In secondo luogo, ci sono moltissime persone che di norma appoggiano i Tory, ma non sono del tutto sicure che Cameron abbia capito come stanno le cose. Hanno perso fiducia nei conservatori. E sei un elettore di centrodestra, a chi ti altri ti puoi rivolgere?”

Terremoto politico

Nel 1991 uno storico e accademico della London School of Economics di nome Alan Sked diede vita alla Lega antifederalista, un gruppo partitico che si opponeva al trattato di Maastricht, l’accordo che ufficializzò la configurazione di quella che ormai è l’Unione europea odierna. Due anni dopo quel gruppo si trasformò nel Partito per l’indipendenza del Regno Unito.

Nel 1999 l’Ukip riuscì a far eleggere i suoi primi tre parlamentari europei. Cinque anni dopo raggiunse il punto di svolta con l’elezione di dodici europarlamentari. Nigel Farage, mediatore commerciale ed ex conservatore, nel settembre 2006 divenne leader dell’Ukip per poi dimettersi tre anni dopo. Nel novembre 2010 è tornato alla guida del partito, di cui incarna a tutti gli effetti l’ideologia.

Paul Nuttall, 35 anni, è un ex studioso di Liverpool, europarlamentare e vicepresidente del partito. Secondo lui l’aumento di popolarità dell’Ukip dipende dall’“aver dimostrato di avere ragione su tutto ciò che ha a che vedere con l’Unione europea” e alla campagna contro “l’immigrazione incontrollata di massa”. Nuttall ricorda che nelle elezioni europee del 2014 l’obiettivo principale dell’Ukip è ottenere la vittoria. Alle elezioni generali dell’anno prossimo, invece, il partito punta a scatenare un “terremoto politico”, anche se non è chiaro che cosa intenda.

Gli chiedo perché non ingoiano il rospo e accettare il patto di Michael Fabricant: dopo tutto, un accordo con i conservatori assicurerebbe loro per lo meno un posto nel gabinetto di governo e, si presume, anche qualche seggio in parlamento. Nuttall mi risponde così: “Al momento l’ostacolo maggiore è il primo ministro stesso: non gli si può dare fiducia per tutto ciò che concerne l’Unione europea”. (Traduzione di Anna Bissanti)

Scenari

Addio, Europa


Piuttosto che precipitare con il suo caccia con i colori dell’Ue, Britannia, l’incarnazione del Regno Unito, preferisce lanciarsi col paracadute. Così l’Economist rappresenta un sentimento molto diffuso tra i britannici, sempre più convinti che sarebbe meglio uscire dall’Unione europea. Considerando la velocità con cui si evolve la situazione, “un referendum sull’uscita o la permanenza del Regno Unito nell’Ue sembra ormai solo una quesitone di tempo”, scrive il settimanale. Tuttavia secondo l’Economist

l’uscita del Regno Unito dal'Ue sarebbe una doppia tragedia. I britannici soffrirebbero più di quanto non pensino. Esclusa dal mercato unico, Londra vedrebbe i costruttori di automobili lasciare il paese, come anche gran parte dei servizi finanziari. Il Regno Unito dovrebbe rinegoziare decine di accordi commerciali bilaterali in una posizione molto meno favorevole rispetto a quella di uno stato Ue. E vedrebbe ridursi nettamente il suo peso sulla scena internazionale.

Tuttavia è ancora possibile evitare “il disastro al rallentatore”, scrive l’Economist ricordando l'importanza dell’arte del negoziato. In fondo, conclude il settimanale, “per quanto possa essere umiliante e difficile, l’opzione migliore è quella di attaccarsi all’Europa e provare a farla pendere verso il Regno Unito”.

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