Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


venerdì 28 dicembre 2012

ITALIA - I redenti di Berlusconi

Volevano scaricare il Capo. Lo hanno criticato. E contraddetto. Poi dopo la sua rentrée ufficiale hanno abiurato. Da Quagliariello a Roccella, i pidiellini o ex pidiellini tornati alla corte del Cavaliere.

di Francesca Buonfiglioli

Berlusconi? Finito, a casa, da rottamare. Parecchi pidiellini negli ultimi mesi avevano messo in discussione la leadership del Capo supremo. Tentando di dare consigli, scrivendo lettere pubbliche ai giornali, o ventilando addirittura ipotesi di scissione.
Alla fine però è bastato il gran ritorno del Cavaliere in pompa magna e a “reti unificate” per richiamare all'ordine le truppe in odore di ammutinamento.
LA FRONDA DEI RESISTENTI. A resistere è solo una sparuta ciurma filo-montiana, tra cui l'eurodeputato 'eretico' Mario Mauro e Franco Frattini (anche se da inizio legislatura ben 68 onorevoli hanno lasciato il Cavaliere).
Gli altri berluscones che, nel recente passato, avevano alzato la testa l'hanno prontamente riabbassata, allineandosi al volere di Silvio.
Primo tra tutti Gaetano Quagliariello. A ruota l'hanno seguito Giorgia Meloni, Eugenia Roccella, e il presidente del Senato Renato Schifani. Ri-folgorati, pare, sulla via di Arcore.

1. Gaetano Quagliariello


Il 18 dicembre scorso Quagliariello esortava il Professore ad avere «il coraggio di scendere in campo come il federatore di tutti quegli italiani che non vogliono mettere il Paese nelle mani di Bersani e Vendola». Il vicecapogruppo del Pdl al Senato era poi andato oltre. «Mi auguro che tutto il Pdl sia con Monti», aveva dichiarato deciso al Tgcom24, «perché a quel punto si riaprirebbe la partita, anche nei sondaggi ci sarebbe molta incertezza».
LA GIRAVOLTA DOPO LA CONFERENZA. Sembrava che la quadra fosse stata trovata. E invece no. È bastata la conferenza stampa di fine anno del premoer dimissionario per confondergli le idee. A ruota del segretario Angelino Alfano, che ha immediatamente messo in chiaro la propria indisponibilità “a qualsiasi collaborazione con il Professore, anche Quagliariello si è unito alla levata di scudi in difesa di Berlusconi.
«IL PROF? INGENEROSO». «Con tutto il rispetto che si deve sempre a chi serve lo Stato, e al di là della condivisione di diversi punti della sua agenda», ha tuonato il 23 dicembre il Quagliariello redento, «nella conferenza stampa il presidente Monti è stato politicamente ingeneroso e in alcuni casi anche inconsapevole delle dinamiche storiche alla base dei fenomeni sui quali con tanta puntigliosità si è soffermato».
ADDIO POPOLARISMO EUROPEO. Il senatore, ça va sans dire, non ha perso tempo per difendere il Cavaliere, sulla cui linearità di pensiero Monti aveva espresso qualche perplessità. «Ad aver smarrito la linearità è chi nel giro di pochi giorni è passato dall'incontro del Ppe a Bruxelles a un accordo di sinistra-centro nel quale la componente moderata sarebbe del tutto subalterna, destinata al massimo a esercitare qualche correttivo e un po' di cosmesi rispetto al programma di Bersani e Vendola che col popolarismo europeo non ha nulla a che vedere né sul piano dei principi né sul piano dell'economia».

2. Renato Schifani


Che dire poi di Renato Schifani, pasdaran siculo del Cavaliere costretto all'allure di terzietà dopo essere stato nominato presidente del Senato.
Eppure il fedele Renato era stato tra i primi a rompere il silenzio e denunciare pubblicamente la crisi del Predellino. In una lettera aperta al Foglio del 6 giugno scorso aveva invocato «Berlusconi e all’intera classe dirigente del Pdl un’operazione verità». «Perché», scriveva la seconda carica dello Stato, «senza una riflessione seria, senza un’autocritica profonda sarà difficile restituire al Pdl autorevolezza, fierezza e combattività».
L'AMMISSIONE DI RESPONSABILITÀ. E poi la confessione: «Va detto, per esempio, che l’ultimo governo, prima che arrivasse Monti, non è stato scalzato da chissà quali forze oscure, ma da una mancanza di coesione che non ha consentito alla maggioranza di varare le riforme tenacemente volute dai nostri partner europei; va detto che la nostra credibilità all’estero precipitava di giorno in giorno perché Berlusconi sosteneva una linea e il ministro Tremonti l’esatto contrario».
IL RITORNO ALL'OVILE. Un atto di coraggio. Che però si è consumato in una retromarcia nei ranghi berlusconiani. Anche Schifani, infatti, il 24 dicembre dall'Afghanistan dove si trovava in visita al contingente italiano ha attaccato il Prof: «Quello di Monti non credo sia stato un appuntamento istituzionale», ha tuonato. «Ha fatto una conferenza politica dove ha lanciato un manifesto per una candidatura. Credo che sarebbe stato meglio fare questo in altre occasioni».
ATTACCHI AL CAV: «FUORI LUOGO». Il presidente del Senato ha poi detto la sua sulla gestione del periodo elettorale da parte dell'esecutivo del professori. «Gli ultimi presidenti del Consiglio che lo hanno fatto sono stati Prodi e Berlusconi, ma loro avevano vinto le elezioni. Non mi sembra che esista un precedente di governo tecnico, divenuto politico, che abbia gestito la campagna elettorale». E, infine, il senatore azzurro ha bollato come «fuori luogo» gli attacchi che il premier dimissionario ha rivolto a Berlusconi. «È strana», ha fatto notare, «una conferenza stampa di un premier che attacca l'ex premier».

3. Eugenia Roccella


Altro giro, altro regalo. Nella lista dei berluscones redenti non può mancare l'ultras cattolica Eugenia Roccella. Il 12 ottobre scorso, dalle colonne di Avvenire, era uscita allo scoperto lanciando un appello ai moderati affinché si ricompattassero «a sostegno del Monti-bis».
L'APERTURA AL «TRADITORE» CASINI. La deputata aveva addirittura aperto a un dialogo con Pier Ferdinando Casini. Cioè con colui che Berlusconi ha recentemente definito «il traditore peggiore della mia vita». Roccella, invece, credeva in un riavvicinamento, «in nome dei valori comuni di riferimento e della comune militanza nel Ppe». La leadership di Monti, poi, era data praticamente per certa. «Posto che l’approdo finale sono le larghe intese guidate ancora dal Professore», pronosticava l'ex sottosegretario alla Salute, «arrivarci così, divisi e senza identità, significa fare un regalo alla sinistra». Dunque, almeno fino a ottobre, Silvio Berlusconi era da rottamare, perché, «arrivato al punto».
PER I VALORI CATTOLICI. «La gran parte della base parlamentare ed elettorale sta con Monti», spiegava Roccella al quotidiano dei vescovi. «Certo, dopo le parole di Berlusconi ora bisogna lanciare messaggi univoci e coerenti. In ballo c’è la stessa rilevanza pubblica dei cattolici e dei valori di cui sono portatori».
«MONTI? CANDIDATO A SUA INSAPUTA». Poi dopo il 23 dicembre i toni sono decisamente cambiati. «Con le parole ingenerose contro Berlusconi e il Pdl, pronunciate nella conferenza stampa, il presidente Monti ha deluso chi si aspettava che mantenesse un profilo equilibrato, se non sopra le parti», ha dichiarato la deputata. «Monti si è schierato, entrando in campagna elettorale, ma lo fatto in modo davvero anomalo. Il presidente infatti ha inaugurato una nuova figura politica: quella del candidato premier a sua insaputa».
Roccella ha quindi accusato il Prof di essere ambiguo circa il suo futuro politico. «Ma in un momento di crisi come quello attuale», ha sottolineato, «è necessario dare ai cittadini risposte limpide, e non si può fare politica senza rischiare qualcosa in prima persona».

4. Gianni Alemanno


Più sobria la frenata di Gianni Alemanno. «È fondamentale capire che ci vuole unità di tutto il centrodestra, senza far prevalere le divisioni, ma con un programma e indicazioni chiare e un'alternativa alla sinistra», diceva il 16 dicembre il sindaco di Roma dal palco di Italia popolare, la kermesse del centrodestra organizzata al teatro Olimpico. E aggiungeva: «Io non sono montiano, ma sono alternativo alla sinistra che oggi appare vincente e non escludo che per aggregare uno schieramento diverso di moderati la figura di Monti possa essere vincente».
«L'AGENDA? DEVO SCARICARLA». Una convinzione che il 24 dicembre appariva decisamente indebolita. «L'agenda Monti?», si è limitato a dire il primo cittadinio capitolino. «Non l'ho ancora letta, la devo scaricare».

5. Giorgia Meloni


Ma Alemanno non è l'unico ex An ad aver le idee un po' confuse. Pure Giorgia Meloni non scherza. Prima si è fatta portavoce della necessità di ricambio generazionale all'interno del Pdl, donna simbolo delle primarie. Poi, dopo il boicottaggio del Cav non si è data per vinta e con Guido Crosetto e Ignazio La Russa ha dato vita a Fratelli d’Italia Centrodestra nazionale.
«ALLEARSI È UN OBBLIGO». Ma non è finita. L'ex ministro della Gioventù, pur continuando a sostenere che Silvio non avrebbe dovuto candidarsi, ha comunque dato il suo endorsement al Pdl. «Per noi allearci è un obbligo», aveva detto il 23 dicembre. Insomma, se il fine è archiviare il Professore - «Un anno di Monti è bastato. Ha lasciato un'Italia peggiore - ogni mezzo è buono.
INSOFFERENZE E MAL DI PANCIA. Anche se la giovane leader lascia trasparire qualche insofferenza. Su Twitter, il 24 dicembre, commentando l’intervento di Silvio all’Arena di Massimo Giletti, cinguettava: «Pessima la battuta di Berlusconi sulle fogne, che ricorda lo slogan usato dalle Br negli Anni 70 per massacrare ragazzini di 16 anni».

6. Daniele Capezzone


Ma il premio speciale per la giravolta più audace va senza dubbio al portavoce del Pdl Daniele Capezzone. Pronto addirittura ad abiurare a se stesso.
LA PROFESSIONE DI FEDE. Scomparso dagli schermi, dai giornali e dalle scene, l'ex radicale ha colto la palla al balzo per dimostrare la sua fedeltà al Cavaliere. E così il 23 dicembre ha commentato con toni entusiastici la performance domenicale di Silvio. «Da Berlusconi su RaiUno è venuta una positiva scossa politica e di comunicazione, in qualche misura paragonabile a quella che Berlusconi realizzò a Vicenza nel 2006, aprendo la strada a una rimonta enorme», ha detto Capezzone. «In tivù, Berlusconi mostra di vincere anche in trasferta, in contesti ostili e non facili, dove è opportuno avere un approccio non remissivo».
COME A VICENZA NEL 2006. Già, Vicenza. Il 19 marzo 2006 Confindustria organizzò un confronto tra i due candidati: Romano Prodi e, appunto, Berlusconi. Il Cav però prima non si presentò causa lombosciatalgia, poi a sopresa monopolizzò l'attenzione con un monologo a favore dei tg.
I TEMPI DELLO «SCIANCATO DI ARCORE». Niente di strano. Se non che l'allora esponente radicale bollò Berlusconi come «patetico». «Ho visto una scena indimenticabile», commentò Capezzone. «Il melodrammone italiano si arricchisce di nuove pagine lamentose: dopo la ‘cieca di Sorrento’, la ‘muta di Portici’ e lo ‘smemorato di Collegno’, arriva anche lo 'sciancato di Arcore'».

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