Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


giovedì 13 dicembre 2012

EGITTO - Democrazia violenta

Denunciano abusi sessuali e percosse. Gli attivisti contro il governo. Che li accusa di essere al soldo dei Paesi esteri.

di Eugenio Dacrema

Giovedì, 13 Dicembre 2012 - Durante i giorni della rivoluzione del 2011 divenne famosa la “battaglia dei cammelli”, quando in una piazza Tahrir invasa dalla marea umana che contestava il raìs Hosni Mubarak comparvero milizie di picchiatori di provenienza sconosciuta, irriconoscibili e senza scrupoli, in sella a inverosimili cammelli.
LA PAURA DI UNO SCONTRO SOCIALE. La folla ubriaca di gioia quando il dittatore annunciò la propria resa pensava che non sarebbe successo mai più. Ma, nel Paese lacerato dalle tensioni, il tempo delle illusioni è finito. Il nuovo strappo tra la popolazione e un presidente – Mohammed Morsi, lui sì democraticamente eletto – rischia di trasformarsi, denunciano gli attivisti, in uno scontro sociale.
Fatto, anche e ancora, di violenze e squadracce. Si teme, al servizio del partito del presidente. O del movimento – i Fratelli musulmani – che lo sostiene.
LA DENUNCIA DELL'ATTIVISTA. La denuncia arriva da Abdel Ghany Sayyed, un attivista indipendente e reporter per la Reuters Egitto. Il ragazzo diventato celebre per essere stato ritratto in una foto in cui viene picchiato e trascinato per le strade del Cairo il 5 dicembre.
In quel pomeriggio, Sayyed partecipava al sit-in degli oppositori di Morsi di fronte al palazzo presidenziale. Non erano in molti: 50 persone, più o meno, una presenza simbolica per mantenere la presenza di fronte al palazzo e sorvegliare i materiali e le tende che fanno da “sede operativa” delle proteste.
«Alle 15.30 tutto era pacifico. Poco dopo ho cominciato a vedere alcuni sostenitori dei Fratelli musulmani radunarsi nei pressi sull’altro lato. Cantavano slogan in favore del presidente», ha raccontato Abdel.
In pochi istanti i supporter islamici sono diventati centinaia e si sono diretti verso le tende degli oppositori del presidente, presi dal panico.
«Selmya, Selmya», «Pacifica, la protesta deve essere pacifica», gridavano gli attivisti. Qualcuno ha provato a costruire barricate di fortuna a difesa dell’accampamento, ma non c’era tempo.

L'irruzione e le percosse durante il sit-in


I Fratelli sono arrivati, hanno travolto i pochi membri del sit-in, li hanno percossi, li hanno cacciati dallo spiazzo di fronte al palazzo presidenziale e hanno distrutto i materiali e le tende. «Sono stato afferrato da un ragazzo mascherato che mi ha attaccato con in mano un’arma da elettrochoc. Sono riuscito a sgusciare via e ho cominciato a correre», ha proseguito Abdel Ghany.
«Sono arrivato in piazza Omar Ibn Abdel Aziz, poco lontano, ma i Fratelli musulmani controllavano tutta l’area e sono stato circondato. Sono stato preso a pugni, calci e sberle da tutti i lati mentre cantavano slogan religiosi e mi gridavano infedele. Solo l’intervento di alcuni ragazzi del Movimento 6 Aprile li ha convinti a lasciarmi andare».
IL BILANCIO DI SEI MORTI E OLTRE 500 FERITI. Abdel Ghany Sayyed è riuscito a fuggire ma al termine di quella giornata, funestata da lanci di pietre e colpi d’arma da fuoco, il bilancio è di 6 morti e più di 500 feriti, di cui almeno due molto gravi. Almeno una delle vittime ha un cognome cristiano, fatto che rende dubbia la ricostruzione della Fratellanza, che non ha registri ufficiali dei propri attivisti e ha sempre sostenuto che i morti stessero tutti da una stessa parte.
E non solo. Naiera Magdy, giovane attivista femminista e membro del Partito socialdemocratico egiziano, ha raccontato altri dettagli.
IMMOBILIZZATI CON LA FORZA. Almeno 50 membri dell’opposizione sono stati immobilizzati con la forza, spesso con l’uso di pistole da elettrochoc, e portati via dai militanti dai Fratelli musulmani e poi trattenuti nel parco di fianco al palazzo presidenziale controllato sempre dalla Fratellanza. «Abbiamo cominciato a chiamare importanti esponenti del partito Giustizia e sviluppo (il partito politico dei Fratelli musulmani) per chiedere la loro liberazione. Purtroppo conoscevamo solo i nomi degli attivisti più noti che erano stati rapiti, per cui non potevamo fornire informazioni su tutti coloro che erano stati portati via».
CON LE CORDE AL POLSO. Alcuni sono stati rilasciati dopo due ore, altri soltanto dopo sei. La maggior parte ha mostrato le ferite sui polsi procurate dalle corde con cui sono stati legati, come prigionieri di guerra. Molti hanno segni di percosse e torture.
«I Fratelli volevano che i loro oppositori confessassero di essere al soldo di potenze straniere», ha spiegato Naiera. E coloro che si sono ribellati sono stati picchiati ancora più duramente, comprese ragazze che si sono rifiutate di confessare.

Attacchi e molestie sessuali


Due di loro hanno riferito di aver ricevuti attacchi e molestie sessuali. Ola Shahba, nota attivista per i diritti delle donne ha pubblicato sul proprio blog le immagini del suo volto tumefatto dopo il rilascio.
Si è trattato insomma di sequestri. Finora, gli unici di cui si ha avuto notizia certa. Al termine degli scontri il presidente Morsi ha rilasciato una dichiarazione che accusava gli oppositori di essere pagati da potenze straniere, basando tale affermazione sulle confessioni estorte illegalmente agli attivisti sequestrati.
DICHIARAZIONI RITRATTATE. Ma le dichiarazioni sono state in seguito ritrattate di fronte alla polizia, che ha rilasciato tutti gli attivisti fermati durante gli scontri, e ha trattenuto invece tre membri del partito Giustizia e sviluppo (braccio politico della Fratellanza musulmana) per possesso d’armi da fuoco.
LE CONFESSIONI ESTORTE CON LA FORZA. In quelle frasi, però, è iniziato il momento più duro di Morsi: quello che doveva essere il presidente di tutti si stia confermando sempre di più il presidente di una parte contro un'altra, dando maggiore peso alle confessioni estorte dai picchiatori suoi sostenitori rispetto ai risultati delle indagini ufficiali.
«Il presidente è il solo ad avere la responsabilità di ciò che è successo», ha detto Ghany .«La sua legittimità è finita nel momento in cui ha deciso di farsi proteggere da milizie di picchiatori armati».

Nessun commento:

Posta un commento