Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


sabato 31 agosto 2013

ITALIA - Un socialista, se per di più 'lombardiano', non può mai dirsi renziano


Un socialista per di più lombardiano non potrà mai dirsi 'renziano' ne' potrà mai aderire ad un centro-sinistra che abbia come 'guida spirituale' il Sindaco di Firenze, anche in coppia con il suo naturale interfaccia Nichi Vendola, per un revival del 'catto-comunismo'.

Continuerà solitario, insieme a tantissimi altri ed altre, ad interessarsi non della 'politica', degradata a manutenzione e spartizione dell'esistente, nelle mani di potenti lobby, circoli e club imprenditorial-finanziari di dubbia trasparenza, limpidezza ed onestà intellettuale, ma della 'cultura' che privilegia, in assoluto, il pensiero umano e la sua evoluzione.

Continuerà, come non si stancava mai di dire l'ingegnere 'acomunista', a 'fare ricerca' sui vari campi - società e sua strutturazione; economia e relativo modello redistributivo; istruzione e conoscenza e loro loro diffusione; religione e laicità nel funzionamento dello Stato - che hanno una non secondaria influenza sulla formazione e l'identità della persona umana.

Un lascito, questo, che a ben rivisitare la storia della sinistra dei primi del '900, Lombardi mutuò da quel 'filone culturale' di grandi eretici che conobbe bene come Antonio Gramsci, Piero Gobetti, i fratelli Rosselli, che per tempo compresero sia la violenza del fascismo che del comunismo vigente nell'Urss nel Regime marxista-leninista di Stalin.

Un socialista lombardiano non potrà, dunque, mai scegliere Renzi pur in coppia con Vendola, anche se entrambi promettono di aderire all'Internazionale socialista. Avrà sempre a mente l'aspirazione del 'giellista', Bruno Trentin, pronunciata nel 2006, "vorrei poter morire socialista", quando si stava costruendo l'attuale Partito democratico. "Comprendo perfettamente la preoccupazione di De Mita di non finire almeno per ora nell'Internazionale socialista.

Sono però sicuro che De Mita comprenderà le intenzioni di persone come me di partecipare a questo processo unitario e nello stesso tempo - osservava - di morire socialista. Comprendo Chiamparino [oggi vicinissimo a Renzi], quando si dichiara il sindaco di tutti e conseguentemente un uomo di centro ma credo che non debba dimenticare che è stato eletto sulla base di un programma anche nazionale che sa distinguere tra operai e banchieri, fra salario, profitto e rendita".

Comandante della 'brigata Rosselli', Trentin partecipò alla Liberazione di Milano accanto ai capi di 'Giustizia e Libertà', Ferruccio Parri, Leo Valiani, Vittorio Foa e Riccardo Lombardi, con cui ebbe un lunghissimo e solido feeling tanto da esser chiamato 'il lombardiano del Pci'.

Due anni prima, nel 2004, in 'La libertà viene prima di tutto', spiegò il male che opprimeva la sinistra con 'il trasformismo' che "[...] identificava la politica con l'arte di adesione alle circostanze e con l'imperativo della governabilità [...] in presa diretta con la modernizzazione senza aggettivi di un paese in ritardo rispetto all'Europa".

Inascoltato - lo fu Lombardi quando denunciò "la mutazione genetica" nel suo Psi: "ci sono oggi più socialisti in carcere che durante il fascismo" - continuò a sollecitare un cambiamento di linea e strategia dando senso al riformismo e alle riforme: "la cultura trasformistica che circola anche fra le varie componenti della sinistra e che si arrovella sulle formule, alla ricerca di un 'apriti Sesamo' che schiuda loro la strada dell'accesso nel club delle classi dirigenti viene così distratta da una riflessione laica sulle autentiche trasformazioni della società e sul loro essere sempre aperte a esiti diversi, per subire l'influenza delle mode culturali delle classi dominanti senza riflettere criticamente sui loro agganci effettivi con le realtà della società civile".

Un socialista lombardiano continuerà su questa strada della ricerca senza soste per diffondere l'idea che è possibile costruire "una società più ricca perché diversamente ricca", in linea con le 'società progressiste' cui lavora i socialisti europei, per tenere assieme la soddisfazione dei 'bisogni materiali', legati alla sopravvivenza, con la possibilità di disporre di quei 'bisogni immateriali' indispensabili per 'la vita' reale, ossia conoscenza della realtà umana, tempo libero per se e per gli altri e rapporti interumani fecondi.

CARLO PATRIGNANI

venerdì 30 agosto 2013

USA - Siria, Nyt: «Obama pronto ad agire da solo»


Nulla di fatto alla riunione Onu. La Francia dice sì. Inghilterra: no all’intervento.E si incrina l’asse con gli Usa. 

Venerdì, 30 Agosto 2013 - I 13 voti che hanno sancito la bocciatura di un intervento in Siria da parte del parlamento britannico paiono aver smorzato un po' i toni, come anche indebolito il fronte internazionale degli interventisti. E ora l'azione di forza nei confronti di Damasco sembra un po' più lontana, così come paiono essere aumentate le distanze fra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
POSSIBILE UN'AZIONE UNILATERALE USA. Con lo stallo alle Nazioni unite e l'assenza di una linea comune in Europa, il presidente americano Barack Obama potrebbe prendere in mano la situazione. La Casa Bianca ha infatti lasciato intendere che gli Usa potrebbero agire da soli, anche perché si tratterebbe di un'operazione limitata e per la quale non sarebbe necessaria una coalizione.
La notizia è trapelata da alcuni alti funzionari dell'amministrazione Usa citati dal New York Times. Il quotidiano ha precisato che Washington non ha ancora preso una decisione ufficiale e le valutazioni sono ancora in corso. Ma un attacco potrebbe partire dopo che sabato 31 agosto gli ispettori dell'Onu avranno lasciato la Siria.
OBAMA PUÒ DRIBBLARE IL CONGRESSO. Addirittura Obama potrebbe dare il via alle operazioni anche senza interpellare il Congresso, in qualità di Commander in chief, cioè capo delle forze armate.
Insomma, il presidente Usa non rischia di essere fermato da un voto d'aula come è invece accaduto a David Cameron.
SI INCRINA L'ASSE USA-GB. Di certo c'è che il no della Camera dei Comuni sembra incrinare l’asse fra gli Stati Uniti e l’alleato speciale inglese, che li ha affiancati in ogni importante operazione militare intrapresa da Washington, dall'invasione di Panama del 1989 in poi. Anche se, almeno a caldo, la Casa bianca pare intenzionata a sminuire lo 'smacco' subìto: «Continueremo a consultarci con il governo inglese, uno dei nostri alleati più vicini».
HAGEL: «CONTINUIAMO LE CONSULTAZIONI». Da Manila il segretario della Difesa americano Chuck Hagel ha ribadito che «gli Stati Uniti sono ancora alla ricerca di una coalizione internazionale» per rispondere al presunto attacco con armi chimiche del regime siriano contro i civili. Il capo del Pentagono ha precisato che Washington rispetta il voto del Parlamento inglese.«È responsabilità di ciascun Paese prendere le proprie decisioni, ma continuiamo a consultarci con Londra come con gli altri alleati», ha precisato.
L'APPELLO DEI 100 DEPUTATI CONTRO L'INTERVENTO. La questione però resta al centro delle polemiche. Oltre 100 deputati hanno scritto in queste ore a Obama sostenendo che non può agire senza l'ok del Congresso. Lo stesso Obama, nel 2007, quando era solo senatore, sostenne la sua fiera opposizione alle guerre volute da George W. Bush ricordando che nessun presidente può autorizzare l'uso della forza senza un voto parlamentare se manca «una minaccia imminente per la sicurezza della nazione». La Costituzione infatti stabilisce che è il Congresso che deve dichiarare guerra e decidere i finanziamenti alle forze armate.
LA RISOLUZIONE DEL '73. Tuttavia, una risoluzione del 1973, la War Powers Resolution, stabilisce che il presidente ha il potere unilaterale di schierare truppe in presenza di una emergenza nazionale. Di recente è accaduto lo stesso con l'intervento in Kosovo e da ultimo con i raid in Libia, appena due anni fa, a guida Nato. Anche allora non ci fu alcuna autorizzazione di Capitol Hill.

La Casa Bianca: «Decideremo in base agli interessi americani»


Di certo c'è che con questa operazione Obama si gioca la sua credibilità anche nei confronti del partner internazionali. Per questo dopo il passo indietro di Londra, la Casa Bianca ha voluto ribadire che «deciderà sulla base degli interessi americani». Che in questo momento sono di garantire che chi «si è assunto la responsabilità di violare le regole usando armi chimiche debba risponderne».
OBAMA TELEFONA A MERKEL. Nella notte fra il 29 e il 30 agosto Obama ha avuto un colloquio telefonico con la cancelliera tedesca Angela Merkel. I due leader si sono detti d'accordo sul fatto che l'uso di armi chimiche è una «seria violazione delle norme internazionali» e si sono impegnati a continuare a consultarsi sulle potenziali risposte.
TIME: IL «COMBATTENTE INFELICE». E la rivista Time non ha mancato di sottolineare la solitudine in cui si è trovato Obama a cui dedica la copertina «Il combattente infelice». Il sottotitolo lascia poco spazio alle interpretazioni: «Si candidò per tirar fuori l'America dalle guerre, non per ritirarla dentro».
Ma la pervicacia nel perseguire l''obiettivo Siria' da parte degli Usa pare dettata dal fatto che il presidente Obama ritiene ci siano in gioco interessi per gli Usa e che «i Paesi che violano le norme sul divieto di armi chimiche devono essere ritenuti responsabili».
LE PROTESTE A NEW YORK E WASHINGTON. E mentre in centinaia sono scesi in piazza a New York e Washington per manifestare contro un intervento in Siria «costruito su bugie», la Casa Bianca ha aggiornato il Congresso, offrendo ai leader informazioni che - secondo l'amministrazione - proverebbero la responsabilità di Assad: i 15 membri del Congresso, incluso lo speaker della Camera John Boehner, hanno ascoltato per 90 minuti gli aggiornamenti e le motivazioni dell'amministrazione per un possibile intervento.
NESSUN DUBBIO SU ARMI CHIMICHE. L'amministrazione avrebbe ribadito di non avere dubbi sull'uso di armi chimiche da parte di Assad e questo anche sulla base delle comunicazioni intercettate fra alti funzionari del regime di Assad in merito a un attacco. Parlamentari e senatori si sono mostrati, al termine del confronto, spaccati fra chi sostiene la necessità di agire, chi più cautamente chiede ulteriori prove e alcuni che ritengono sia necessario aiutare i ribelli mentre si tenta di costruire una coalizione internazionale.
IL RAPPORTO DELL'INTELLIGENCE. Il rapporto dell'intelligence che mostra le responsabilità di Assad dovrebbe essere diffuso nella giornata del 30 agosto. Ma è probabile che un'eventuale misura sarà presa una volta che gli esperti dell'Onu lasceranno la Siria sabato 31 agosto.

Il nulla di fatto del vertice Onu


Il nuovo incontro delle Nazioni unite - chiesto da Mosca - che molti speravano fosse 'risolutivo', è durato poco meno di un'ora per terminare, ancora una volta, con un nulla di fatto. Tutti i Paesi sembrano infatti volere attendere il responso degli ispettori Onu - atteso per sabato 31 agosto- che potrebbe confermare o meno la responsabilità di Assad sull'uso di armi chimiche.
CAMPIONI RACCOLTI SUL CAMPO. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki moon si aspetta di ricevere un briefing dagli ispettori non appena avranno lasciato la Siria, ma per avere un rapporto completo i campioni raccolti nelle ispezioni sulle armi chimiche dovranno essere analizzati da vari laboratori in Europa, ma probabilmente i risultati arriveranno già sabato 31 agosto.
Intanto Mosca, attraverso le parole del suo viceministro degli Esteri Ghennadi Gatilov, non ha nascosto la sua posizione «contraria» a qualsiasi risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu «che possa essere usata per un'azione di forza contro la Siria».

SPAGNA - Chacon si dimette: lascia il parlamento spagnolo


L'ex ministro di Zapatero assicura: «Non abbandono la politica».

Un anno di pausare, un'esperienza all'estero, staccare la spina e lasciare il proprio Paese per tornare poi più forte ed energica di prima. Questa la decisione presa da Carme Chacon, ex ministro di Zapatero e deputata spagnola che il 29 agosto ha rassegnato le dimissioni.
La prima tappa sono gli Stati Uniti, e una cattedra da insegnante, ma nell'immediato futuro, per lei, c'è la leadership del Partito socialista operaio spagnolo (Psoe) e, magari, la guida del Paese nel 2015, al termine del mandato di Mariano Rajoy.
LAUREATA IN DIRITTO. Chacon ha 42 anni, un bambino di quattro, un marito giornalista ed ex segretario (Miguel Barroso) e una laurea in diritto all'università di Barcellona.
All'inizio dell'estate le è stata offerta la cattedra di Sistemi politici comparati all'università di Miami Dade, e lei ha accettato.
La notte tra il 28 e il 29 ha avvisato il segretario del partito, Alfredo Perez Rubalcaba, della sua decisione, la mattina ha presentato le dimissioni dal Congresso, «ma non dalla politica».
Il suo è «un progetto di rinnovamento generazionale e politico che non riguarda solo il socialismo spagnolo, ma coinvolge il sistema generale dei partiti e le stesse istituzioni».
«NON FUGGO DALLE TENSIONI INTERNE». Un anno a Miami «non significa fuggire» da tensioni e lotte interne che divorano il maggior partito di opposizione, in calo nei consensi e sempre dietro al Partido popular di Rajoy, nonostante quest'ultimo sia al centro di scandali e inchieste su presunte tangenti e fondi neri.
Carme Chacon ha le idee chiare sin da quando, appena 30enne, fu eletta deputato regionale della Catalogna. La sua fu poi un'ascesa che la portò nel 2008, a essere ministro della Casa e della Difesa nel governo di Zapatero, la prima donna a occupare una posizione così importante nella storia spagnola.
A renderla celebre in tutto il mondo fu la sua decisione di scegliere per la sua prima visita ufficiale il contingente spagnolo in Afghanistan, quando era incinta di sei mesi.
SCONFITTA NEL 2012 DA RUBALCABA. Esile, capelli lisci biondi, sembra una scolaretta, ma ha un carattere e una tenacia molto forti. Nel 2012 sfidò Rubalcaba alla guida del Psoe: fu sconfitta per appena 22 voti. Tornò modestamente tra i ranghi, lasciando che il suo antagonista guidasse l'opposizione ai centristi di Rajoy.
I risultati, a giudicare dalle previsioni di voto, sono scoraggianti. Se si andasse alle urne oggi, sarebbe una sonora sconfitta. Nel partito gode di un largo consenso e di stima, tanto che fonti del Psoe, prim'ancora che lei chiarisse di non voler abbandonare la politica, si erano affrettate a puntualizzare che «la decisione della Chacon di accettare questa opportunità professionale non pregiudica una sua candidatura alle future primarie per la guida del partito».
La sua lontananza forse potrebbe pesare sul Psoe più della sua presenza; un anno passa in fretta e lei intende occuparlo «a sviluppare un progetto di sinergie e collaborazioni utili allo sviluppo dei rapporti con la Spagna».

ITALIA - Service tax, il salasso della nuova tassa


Senza l'Imu sulla prima casa si continua a pagare.Ma il contolo decidono i Comuni. Inquilini: stangata da 1.000 euro.

di Francesco Pacifico

Tra la primavera e l'autunno 2013 sono stati risparmiati 4,5 miliardi di euro. Soldi che, però, potrebbero essere ripagati, nel 2014, sotto altre forme.
Dopola cancellazione dell’Imu sulla prima casa il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha ammesso che non sono da escludere aumenti fiscali con l’introduzione della Service tax, ribattezzata in un primo tempo dal Tesoro Taser e che prevede una quota a carico dei proprietari di casa per i servizi indivisibili (Tasi) e una destinata agli inquilini per la gestione dei rifiuti (Tari). Ma gli affittuari devono anche pagare parte della Tasi (la suddivisione dei parametri non è ancora stata definita).
INEVITABILE L'AUMENTO IVA. «È evidente», ha dichiarato a SkyTg24, «che in astratto sia possibile che i Comuni mettano aliquote più elevate».
Più tranchant il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina: «A questo punto è inevitabile l’aumento dell’aliquota Iva dal 21 al 22%». E sono altri 2 miliardi da recuperare dai contribuenti.
L’unione degli inquilini ha parlato di una stangata per la categoria di «1.000 euro a famiglia».
VERSO LA SERVICE TAX. Enrico Letta ha promesso che non sono previsti aggravi fiscali nel passaggio dall’Imu e la Service tax. Che, in estrema sintesi, mette assieme il balzello immobiliare, l’imposta sulla spazzatura e i servizi. E che in futuro potrebbe anche assorbire le addizionali comunali.
Ma il premier è il primo a sapere che quella sull’Imu è una scommessa che potrebbe riservare pericolose sorprese.
NON CERTE LE COPERTURE. Le coperture non sono così certe: in teoria i sindaci potrebbero aumentare la parte di loro spettanza (le aliquote) e la futura tassa è destinata a essere gravata anche dalla rimodulazione delle rendite catastali.
Per non parlare del fatto che un ritardo nella ripresa, l’intervento in Siria o una maggiore pressione sul nostro debito sovrano, ridurrebbero le risorse a disposizione dello Stato.

Attesa per le nuove rendite catastali della Taser


In quest’ottica è da comprendere la composizione della nuova Taser - o come sarà rinominata - che comunque deve fare una distinzione tra prima e seconda casa.
Decisive le nuove rendite catastali. Quelle attuali sono in media sottodimensionate del 30%.
Poi c’è da capire come i Comuni vogliono valutare il costo dei servizi offerti: l’immondizia, l’illuminazione pubblica, la manutenzione stradale è previsto siano calcolati in maniera oggettiva in base ai consumi oppure c'è l'idea di incentivazioni per chi risparmia di più e penalizzazioni per chi inquina?
Il ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni ha però detto di volersi ispirare al principio del 'chi consuma paga'.
UN TETTO PER LA TASSA. Senza dimenticare il problema delle aliquote: di fatto, con la Legge di stabilità del 2012, sono saltati i paletti inseriti dall'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti per sindaci e governatori.
Nel 2012 i Comuni hanno aumentato le aliquote per 600 milioni di euro, anche per tamponare i progressivi tagli ai trasferimenti pari a circa 8 miliardi nell’ultimo quinquennio. Con altri 5 miliardi in meno nel prossimo biennio, i sindaci difficilmente hanno intenzione di rinunciare a questa leva. Non a caso Saccomanni, ha già fatto intendere di voler seguire l’esempio di Tremonti e introdurre dei tetti.
COSTO MEDIO DI 400 EURO. Come ha calcolato la Uil, l’Imu sulla prima casa è costata in media a ogni famiglia circa 225 euro. Sempre il sindacato di via Lucullo aveva stimato per la Tares, l’imposta sull’immondizia introdotta nel 2011 in sostituzione della Tariffa di igiene ambientale (Tia) e della Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) che non ha mai visto la luce, un importo medio di 305 euro. In totale 530 euro.
A livello parlamentare gira voce che la Taser possa arrivare anche al 70% di questa cifra, sommando le nuove aliquote catastali, le penalizzazioni per i cittadini che consumano di più e un aumento delle addizionali. Nel caso peggiore, 400 euro.
DUBBI SULLA SECONDA RATA IMU. Ma il conto potrebbe essere ancora più salato. Che cosa potrebbe succedere se Letta non riuscisse a trovare i 2,2 miliardi che servono per congelare la rata di dicembre dell’Imu?
Il premier ha parlato di un taglio del 10% alla spesa pubblica (ma la spending review finora lanciata dimostra quanto siano aleatorie queste battaglie), di circa 700 milioni da incassare attraverso il concordato con le realtà del gioco sulle nuove slot e dell’extragettito Iva legato ai pagamenti arretrati dello Stato alle aziende.
POSSIBILE RIALZO DELLE ACCISE. Senza eccedere in pessimismo, non sono da escludere la resistenza dei ministeri e degli enti locali a ridurre la spesa, la decisione del mondo del gambling di continuare il contenzioso con l’Erario così come nuovi ritardi nei versamenti della Pubblica amministrazione.
A quel punto al premier non resterebbe che una sola strada. La solita: alzare le accise. Poco importa se benzina, tabacchi e alcolici o sulle new entry sigarette elettroniche.

ITALIA -La disoccupazione sale tra i giovani: è al 39,5%


Più 0,4% a luglio su giugno e +4,3 sul 2012. Soprattutto donne al Sud.

Venerdì, 30 Agosto 2013 - La disoccupazione a luglio si è fermata al 12%, invariata rispetto a giugno (-0,033 punti percentuali), anche se è rimasta in aumento su base annua, con un rialzo di 1,3 punti.
Lo ha rilevato l'Istat (dati provvisori). Con luglio la disoccupazione ha toccato la soglia del 12% per la quarta volta consecutiva.
A CASA IL 39,5% DI GIOVANI. Il tasso di disoccupazione giovanile è stato pari al 39,5% a luglio, aumentato di 0,4% punti rispetto al mese precedente e di 4,3 punti sul 2012.
Nel secondo trimestre tra i 15-24enni il tasso è salito al 37,3% (+3,4 punti), con un picco del 51% per le giovani donne del Mezzogiorno.
PERSI 585 MILA POSTI. È crollato il numero degli occupati, soprattutto al Sud. Nel secondo trimestre in Italia sono diminuiti di 585 mila unità rispetto a un anno prima (-2,5%), ma il calo si è concentrato nel Mezzogiorno (-5,4%, pari a -335 mila unità).
OLTRE 3 MLN DI SENZA LAVORO. Il numero di disoccupati continua ad aumentare e nel secondo trimestre 2013 ha raggiunto quota 3,075 milioni, 370 mila in più rispetto all'anno prima (+13,7%).
L'incremento è diffuso su tutto il territorio e interessa in oltre metà dei casi persone con più di 35 anni. Il 55,7% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più.

mercoledì 28 agosto 2013

ITALIA – Era il 2007 Violante dichiarava: sbagliammo, Craxi capro espiatorio.


Saggio del deputato ds: il Pd nascerà sano se ammettiamo di aver criminalizzato i socialisti, inascoltato e tutto continua.

MILANO - Non è ancora nato e già si pensa a come non farlo spirare nella culla. E del resto la gestazione è stata lunga e sofferta, il rischio che il parto non sia indolore e che il decesso sia prematuro è alto.

Visto sotto questa luce, il titolo del saggio di Luciano Violante, Uncorrect - Dieci passi per evitare il fallimento del Partito democratico (Piemme, in uscita il 13 aprile), non suona iettatorio, ma solo giustamente cauto. Prudenza d' obbligo visto che, come spiega Violante, «il percorso è difficile, gli ostacoli sono molti e la possibilità di sbagliare è alta».

Ma occorre fare anche in fretta, ricorda il deputato diessino. La disputa sul Pd ricorda «quella sulla natura del cioccolato nel Cinquecento, che divise gesuiti e domenicani».

Per i gesuiti, il cioccolato era un liquido e quindi il credente poteva cibarsene durante la Quaresima. Per i domenicani era un solido. Dispute feroci. Ma, ricorda Violante, «mentre i cattolici erano impegnati in queste sottili discussioni, i protestanti si dedicarono subito e proficuamente all' industria del cioccolato».

Esauriti i prolegomeni, Violante prende spunto dal Pd per riflettere sul passato e compiere una profonda critica del sistema politico e della linea seguita dal suo partito, il Pci poi Pds e Ds. Partendo da Bettino Craxi. Perché tra le dieci condizioni per far venire alla luce un Pd sano, c' è la «questione socialista».

Violante riconsidera Craxi, una figura complessa che «non si può ricordare solo come uomo di Stato o solo latitante».

Craxi «fece del Psi la punta di diamante di un progetto di rinnovamento», fu animato «da un formidabile spirito innovativo», ma anche «da una totale indifferenza per la correttezza dell' agire politico». Craxi, dice Violante, sbagliò a non ascoltare gli appelli di Berlinguer sulla «questione morale», ma il leader del Pci avrebbe dovuto ascoltare anche le sue ragioni. E invece per i comunisti definirsi socialisti allora «equivaleva a un insulto».

Quel Pci, a posteriori, non piace granché a Violante, che pure ne fu una colonna: «L' autocompiacimento per la propria diversità che a volte era arrogante pretesa di superiorità intellettuale e morale, la tradizionale disattenzione per i diritti civili in nome di un primato dei diritti sociali, la scarsa laicità nei rapporti con la società e la Chiesa, il lungo ostracismo alle riforme istituzionali sono difetti che noi Ds dobbiamo riconoscere».

Violante chiede un mea culpa ai Ds: «Non basta una semplice parentesi in un discorso congressuale, ma occorre un' esplicita ammissione di errori politici gravi, che hanno pesato sulla storia d' Italia». Tra questi errori, c' è anche Craxi. Che «scelse l' esercizio del potere e ne rimase prigioniero», ma «fu violentemente sincero quando pose la questione del finanziamento della politica». Quella sincerità, «che era una chiamata di correo», «fu ignorata da tutti», tranne che dal verde Mauro Paissan.

Violante accusa: «Forse era difficile affrontare il tema, ma se lo avessero fatto, le cose sarebbero andate diversamente, con minore ipocrisia.

Questo silenzio fece di Craxi una sorta di capro espiatorio sull' altare del codice penale».

Una svolta sorprendente, soprattutto se a farla è un esponente considerato un «giustizionalista». Accusa che respinge, citando un Marcello Pera del ' 93, che chiedeva ai partiti «di alzare le mani, senza le furbizie che accompagnano i rantoli della loro agonia».

Ma il punto è un altro. È «la componente giacobina» che esisteva nella sinistra, «l' atteggiamento elitario, fastidioso e inconcludente», che portò «a un errore grave», quello di pensare che «eliminato il marcio, la vita politica sarebbe ripresa normalmente».

Non si capì allora che «andava salvaguardato non tanto Craxi, che avrebbe dovuto rispondere ai giudici, ma l' immenso patrimonio ideale e politico dei socialisti. Il Pds non distinse la responsabilità politica del gruppo dirigente del Psi, dal partito, dai militanti e dalla stessa idea di socialismo, concorrendo a criminalizzare l' intero partito».

Esaurito il capitolo, Violante affronta altri snodi centrali per far decollare il Pd. Che dovrebbe «sostenere il primato dell' interesse generale»; «superare la divisione delle forze riformatrici»; «difendere la laicità»; «riformare l' ordinamento della Repubblica»; «separare i privati interessi dalle pubbliche funzioni»; «battersi contro le nuove disuguaglianze»; far entrare giovani e donne nel gruppo dirigente». E presentarsi come partito della Costituzione, «non per bigottismo costituzionale», perché «il testo non è intangibile», ma per difenderne i valori.

Violante torna su un' altro punto chiave della storia, la morte di Aldo Moro: «Si è detto che uccidere Moro è stato il peggiore affare per i terroristi, perché la democrazia italiana si era ricompattata: non era vero». Al contrario: «Quell' omicidio segnò la fine di un importante progetto politico (un' azione comune dei riformatori delle due parti) e rallentò pesantemente lo sviluppo civile dell' Italia». Detto questo, Violante non condivide il recente ripensamento di Fassino: «Fui tra quelli che avversarono la linea della trattativa e non ho mutato opinione».

Affrontare e risolvere i nodi della storia della sinistra, fa capire Violante, è l' unica ricetta per salvare nella culla il Partito democratico. Da qui bisogna ripartire. Per le necessarie riforme, come quella elettorale. Violante pensa a modificare il bicameralismo perfetto, dando il voto di fiducia solo alla Camera: «Così si potrebbe definire una legge maggioritaria per la Camera e una proporzionale al Senato».

Tra i nodi da affrontare, quello del conflitto d' interessi, che non riguarda solo Berlusconi, ma anche «esponenti del centrosinistra», come Illy, Soru e Genovese.

Infine, occorre innestare una buona dose di «patriottismo civile». Il tutto, ricordando sempre che mentre si discute, i nuovi «protestanti» sono pronti ad avviare, subito e proficuamente, l' industria del cioccolato.

Trocino Alessandro

Pagina 11 (5 aprile 2007) - Corriere della Sera

venerdì 9 agosto 2013

ITALIA - Matteo Renzi torna e lancia il suo messaggio al Pd: Non è tempo per voi, mi prendo il partito


"Non è tempo per noi". Anno 1990. Autore: Ligabue, emiliano di Correggio. Alla festa del Pd nel modenese, Matteo Renzi lo cita. Di più. Con Ligabue, "cantante del mio tempo", rottama Francesco De Gregori. Che proprio quell'intervista del 'Generale' cantautore al Corriere della Sera (Renzi "scatola chiusa") non gli è andata giù.

Non tira una bella aria sul congresso del Pd. Non tira una bella aria neanche sul governo Letta. In generale, non c’è bonaccia sulle scommesse politiche di Matteo Renzi. Negli ultimi giorni, dopo la condanna di Silvio Berlusconi, i suoi paventano anche il rischio che addirittura il congresso possa essere sacrificato sull’altare di elezioni anticipate. E allora, di fronte a tutta questa incertezza, con la convinzione che dal Nazareno vogliano sbarrargli la strada, il sindaco di Firenze molla gli ormeggi e parte alla conquista del Pd. Perché, ragionano i suoi misurando i termini sulla consapevolezza che dopo l’estate ci sarà la stretta finale, se proprio dovesse andar male, se proveranno a far saltare il congresso e candidare Letta senza primarie per la premiership, “noi non usciamo dal partito: sono loro che dovranno andar via. Il Pd siamo noi”.

Tutte le scissioni della storia sono condite dalla lotta per accaparrarsi il brand originario. E il Pd, se sarà il caso, non farà eccezioni. Naturalmente questi sono ragionamenti che verranno messi in pratica solo se sarà necessario. I renziani confidano che domani la direzione fisserà “finalmente” una data per l’assemblea nazionale che a settembre metterà il timbro sull’accordo di massima raggiunto sulle regole e indicherà anche una scadenza entro la quale fare le primarie per il segretario. Ma la guardia è altissima, soprattutto dopo l’intervista di Guglielmo Epifani oggi al Corriere (leggi qui). E allora Renzi va alla carica, riprendendo la parola dopo tre settimane di silenzio e snocciolando davanti al pubblico della Festa Pd di Castelfranco Emilia, nel modenese, i suoi piani di ‘attacco’ al Nazareno. Chi vuole intendere, intenda.

Si vede da tutte le volte in cui nomina il Pd. “Il Pd è l'unico strumento per salvare il paese”, per citarne una. Si vede dalla risposta che regala a chi “vuole mettermi in un angolino e poi alle elezioni ti candidiamo per prendere i voti”. La risposta è “no, se si fa questo giochino, io i voti non li prendo: non posso fare la foglia di fico. Che non sono fico lo so da solo, che non sono foglia glielo dico oggi. O cambiamo il Pd per cambiare l’Italia oppure la foglia di fico non serve a niente”. Bisogna “tornare alla politica”, perché “siamo in presenza di un regno della tecnocrazia che va superato”, ma bisogna “prendere atto che non possiamo andare avanti con questi politici”. Che in quest’epoca di larghe intese “se ne dicono tante, parlano anche di guerra civile e poi stanno insieme nello stesso governo”. Per niente tenero.

E’ la rottamazione che in un certo senso continua. Le munizioni del piano di attacco stanno nelle associazioni ‘Adesso’ che spuntano ovunque, dicono i renziani. Di fatto - questo lo ammettono con circospezione - un “partito nel partito”. Senza bisogno di tessere: “La tessera non basta, ma nemmeno aprire una pagina facebook lo è”, spiega Matteo a Modena. E’ il verbo che illustrerà in giro per le feste Pd per tutta l’estate, raccogliendo altre munizioni qui e là. A Pier Luigi Bersani rimprovera: “Abbiamo perso l’occasione il 25 febbraio. Durante le primarie si parlava di cose vere, dopo il nostro motto è diventato ‘smacchiamo il giaguaro’ senza renderci conto che da noi l’Italia aspettava una speranza e non un nemico. Ora che il nemico non c’è, il Pd scopra il gusto di essere ‘altro’”.

E’ proprio questo il punto. Perché la conquista del Pd - dei “delusi del Pd” e dei “voti del Pdl” e pure di Grillo, “principale sponsor delle larghe intese” – la conquista del futuro (“Il Pd deve rincorrerlo non aspettarlo”) parte con gran lena proprio perché la condanna in terzo grado ha messo fuori gioco il Cavaliere. Non a caso il comizio di Modena parla degli ultimi 20 anni, quelli della “Prima Repubblica finita e della Seconda mai iniziata”, quelli di Berlusconi, appunto, e di Ligabue che Renzi cita strizzando l'occhio ai coetanei. "Non è tempo per noi...", era il brano del cantante di Correggio, il sottotesto per la vecchia guardia Pd è "non è tempo per voi...", si capisce. Insomma, il sindaco vede campo libero e si propone. “Se mi ostacolano, io ci sarò lo stesso”, è il succo. Perché “per credere in un noi, non bisogna avere paura della leadership. No ai tentennamenti”.

Questa è la parte per Epifani. “Ho sentito dirigenti dire ‘dobbiamo aspettare di capire che fa Berlusconi, per decidere sul congresso. Sono vent’anni che aspettiamo Berlusconi...”. Applausi. E Letta? “Siamo al tuo fianco se fai le cose, in questo caso il governo può durare fino al 2018: non di più perché le scadenze si rispettano, come sul congresso...”. Ma, caro premier, “se non sei in grado non cercare alibi fuori dal Parlamento”. L’espulsione di Alma Shalabayeva la dice lunga, spina nel fianco che Renzi infatti va a stuzzicare: “Bisogna che i politici, quando sbagliano, lo dicano. Non è giusto dare la colpa alle forze dell'ordine”.

Domani in direzione nazionale si vedranno molto probabilmente le conseguenze della ‘nuova stagione’ di Renzi. Lui ci sarà e ci sarà anche Letta. La pressione per un congresso subito e aperto sarà forte. Oltre ai renziani e dalemiani, lo chiederanno anche i cosiddetti non-allineati: Alessandra Moretti, Sandra Zampa, Marianna Madia, Alessia Morani, Francesco Laforgia e altri ancora. In una nota chiedono la “procedura d’urgenza” per “individuare in maniera definitiva un percorso aperto, partecipato e con date certe per il congresso". Proprio come è stato fatto in Parlamento sulla legge elettorale, che dovrebbe entrare nel vivo dopo l’estate (gli scongiuri sono d’obbligo). “Il Pd non deve avere paura, deve giocare all'attacco, non deve vivere di fantasmi ma avere il coraggio di dire quello che pensa”, chiude Renzi citando Alda Merini: “Non mettermi accanto a chi si lamenta, io mi sposto di un passo, sono altro, sono altrove”.

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sabato 3 agosto 2013

ITALIA - BERLUSCONI CONDANNATO: “Che prevalga la razionalità”


Il primo agosto l’ex primo ministro è stato condannato in via definitiva per evasione fiscale, ma potrebbe non essere interdetto dai pubblici uffici. I giornali italiani si domandano per quanto tempo il destino personale di Berlusconi peserà sulla politica del paese.

2 agosto 2013 La Repubblica, Il Giornale, Corriere della Sera, La Stampa


Il primo agosto la Corte suprema italiana ha confermato la sentenza di condanna a quattro anni di carcere per evasione fiscale nei confronti dell’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, respingendo il suo appello contro le prime due sentenze sul caso Mediaset. Grazie a un indulto sui reati commessi prima del 2006, la pena sarà ridotta a un anno di servizi sociali o arresti domiciliari. I giudici hanno inoltre ordinato che la decisione di interdire Berlusconi dai pubblici uffici per cinque anni sia riconsiderata da un tribunale di Milano.

“Berlusconi, condanna definitiva”, titola  La Repubblica. Secondo il quotidiano romano la sentenza dimostra che “anche in Italia vige lo Stato di diritto, e vale la separazione dei poteri”, e che “per davvero la legge è uguale per tutti”. In un editoriale intitolato Le conseguenze della verità, il direttore della Repubblica sottolinea che per giungere a questo esito - rendere compiutamente giustizia - ci sono voluti 10 anni di indagini, 6 anni di cammino processuale continuamente accidentato dai “mostri” giudiziari costruiti con le sue mani dal premier Berlusconi per aiutare l'imputato Berlusconi, minando il codice e le procedure con trappole a sua immagine e somiglianza.

In un videomessaggio pubblicato poco dopo la sentenza, il Cavaliere si è dichiarato innocente e ha attaccato la magistratura, assicurando l’opinione pubblica che non si ritirerà dalla politica ma al contrario riformerà il suo primo partito, Forza Italia. L’attacco di Berlusconi è sostenuto dal quotidiano di famiglia, Il Giornale, secondo cui per “Berlusconi non è finita”. In un video-editoriale, il direttore Alessandro Sallusti sottolinea che il problema è politico, il problema è che la magistratura ha voluto togliere di mezzo il leader del principale partito italiano […]. Siamo in presenza di una sentenza politica, di un omicidio politico che non riguarda soltanto Silvio Berlusconi ma riguarda tutti quei milioni di italiani che da anni sostengono Berlusconi e il Pdl e che non vogliono consegnare il paese nella mani della sinistra.

“Berlusconi condannato, ma resto in campo”, titola Il Corriere della Sera, precisando cheLa condanna di Berlusconi non può essere certo considerata un fatto «privato». È anzi un fatto pubblico e politico al massimo livello. Produrrà dunque certamente conseguenze politiche. Per esempio metterà il Pdl di fronte alla realtà di una leadership menomata. […] La sorte del governo resta precaria. L'unico modo di ammortizzare il colpo micidiale subìto ieri dal sistema politico italiano sarebbe quello di seguire l'invito rivoltogli dal capo dello Stato ad accettare la realtà, a tracciare una linea nella sabbia, a mettere un punto a capo e ripartire.

Secondo La Stampa, a questo punto bisogna evitare che il paese sia costretto a pagare il conto. L’editoriale del quotidiano evidenzia il fatto che per una volta gli italiani dovrebbero lasciare che sia “la razionalità a prevalere” e dovrebbero chiedersi se possiamo provare ad uscire dalla crisi in cui siamo sprofondati o se ci dobbiamo imbarcare in una nuova stagione di grida, lacerazioni e campagna elettorale. […] La Cassazione mette la parola fine, è sempre così, a un percorso e a una storia giudiziaria. E non deve certo essere l’inizio della nostra fine. 

UE - CORRUZIONE IN EUROPA: Cattivi affari per la democrazia


Il giorno in cui l’italiano Silvio Berlusconi è stato condannato per frode fiscale, lo spagnolo Mariano Rajoy ha parlato davanti al parlamento dei presunti finanziamenti illeciti ricevuti. Questa coincidenza sottolinea fino a che punto gli “affari” avvelenino la vita politica del continente. Con il rischio di cancellare la fiducia nella democrazia.

2 agosto 2013  Le Monde Parigi

Si tratta purtroppo di scene quasi quotidiane della vita politica in Europa. Diversi dirigenti, talvolta ai più alti livelli dello stato, sono messi in discussione per corruzione, per gravi mancanze etiche o per finanziamenti illeciti al loro partito. A meno di dieci mesi dalle elezioni europee, che si terranno il 25 maggio 2014 in Francia, in Italia e in Spagna, questi fatti alimentano la sfiducia dell’opinione pubblica nei confronti degli uomini politici e mettono in difficoltà la democrazia.

In Italia giovedì primo agosto Silvio Berlusconi ha visto la Corte di cassazione confermare in modo definitivo la sua condanna a quattro anni di carcere per frode fiscale. Grazie a un’amnistia votata nel 2006 il Cavaliere, che è stato per tre volte presidente del consiglio, vede la sua pena ridotta a un anno e la sua età, 76 anni, gli permetterà di evitare di trovarsi dietro le sbarre. Ma i fatti che gli sono rimproverati sottolineano quanto il sistema politico italiano sia corrotto e in crisi.

In Spagna, dove la monarchia è stata scossa da diversi scandali, il capo del governo ha dovuto fare davanti ai deputati un’umiliante confessione. Senza convincere, Mariano Rajoy ha negato tutte le accuse dell’ex tesoriere del suo partito Luis Bárcenas, in carcere da fine giugno per frode fiscale per presunti finanziamenti irregolari del Partito popolare. Rajoy, che ha ammesso solo un errore, quello di aver dato fiducia a Bárcenas, ha cercato di “frenare la rovina dell’immagine della Spagna”. L’opposizione socialista, che ha chiesto le sue dimissioni, non è stata capace di ricostruirsi dopo la sconfitta elettorale di novembre 2011, che ha provocato la caduta del partito di José Luis Rodriguez Zapatero.

Purtroppo neanche la Francia offre un’immagine migliore, con la sua serie quotidiana di casi che – a livelli diversi – interessano tanto la destra quanto la sinistra. Un ministro, Jérôme Cahuzac, ha mentito per mesi al presidente della Repubblica e all’opinione pubblica sull’esistenza di un conto in Svizzera. La confessione dopo le sue dimissioni ha provocato un vero e proprio terremoto politico. Un ex presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, si è visto annullare i suoi conti della campagna elettorale dal Consiglio costituzionale perché non ha rispettato quelle regole del gioco di cui avrebbe dovuto essere garante. I casi si moltiplicano sia a destra, toccando la galassia Sarkozy, sia a sinistra, dove diversi notabili socialisti sono accusati di corruzione. Questi fatti hanno aumentato la diffidenza dell’opinione pubblica, sempre più forte inchiesta dopo inchiesta, e vanno a vantaggio del Fronte nazionale.

In un’Europa in crisi, l’Italia, la Spagna e la Francia – per non parlare dei casi della Romania o della Bulgaria – offrono immagini terribili per queste democrazie.

A maggio un sondaggio dell’Ipsos per conto di Publicis su un campione di 6.198 europei ha fornito dei dati allarmanti. Alla domanda su chi propone soluzioni costruttive nei confronti della crisi, solo il 21 per cento ha citato il governo in Francia, il 19 per cento in Spagna e il 15 per cento in Italia, rispetto al 45 per cento della Germania. Se questo deleterio clima politico dovesse perdurare, a maggio 2014 si rischia di assistere a un’affermazione dei populismi.

Traduzione di Andrea De Ritis