Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


venerdì 30 maggio 2014

ITALIA - Passata la sbornia del 40% .... i nodi vengono al pettine


La vittoria di Renzi e la sua legittimazione alla guida del paese stanno provocando un deciso spostamento a destra degli sconfitti.

Il più eclatante è quello del comico Grillo che oggi si è incontrato con il leader inglese dell'Ukip, Nikel Farage.

Finalmente il leader del M5S esce allo scoperto dopo un anno dalla vittoria nelle elezioni politiche del 2013 e rivela la sua vera natura anche a chi ancora aveva dei dubbi.

Fra l'altro tradisce anche la sua presunta coerenza, in nome della quale aveva rifiutato di dare vita ad un governo con il Pd di Bersani, e dopo mesi di una campagna elettorale schizzofrenica e folle, incontra il leader della destra inglese per trovare un accordo contro l'Europa.

Ormai da due giorni i grillini si stanno comportando come dei "politici" navigati della prima repubblica, quelli che dopo una qualsiasi sconfitta riuscivano con dei ragionamenti incomprensibili a rovesciare la frittata ed a farla passare come una vottoria o al limite com un pareggio.

Hanno imparato presto i ragazzi. Quello che non hanno imparato o forse fanno finta di non aver imparato è che al loro leader non importa niente nè dell'Italia nè tantomeno dell'Europa, ma d'altra parte da un comico che cosa si puà pretendere.

Il Movimento 5 stelle comunque si è tirato fuori da una eventuale partecipazione alle riforme e quindi questo palese spostamento a destra non stupisce. E' sicuramente più pericoloso il ritorno verso la Lega del condannato e di Forza Italia.

La Lega di Salvini mette allo scoperto le proprie velleità fasciste e xenofobe facendo la corte alla francese Le Pen e dando vita ad una catena che alla fine vede la fascista francese ed il buon Renzi ai due estremi ma in qualche modo fortemente legati. 

Renzi continuerà nell'accordo per le riforme con Berlusconi mentre Berlusconi si appresta ad un accordo con Salvini che si allea con la Le Pen ?

Una catena pericolosa che lega Renzi ed il Pd con il condannato che a sua volta è legato con la destra europe più pericolosa. Insomma nonostante il suo 40% che lo legittima fortemente, le tanto sospirate riforme di cui il paese avrebbe bisogno sono decise da un leader pregiudicato e condannato che allo stesso tempo in europa va a cercare accordi con la destra peggiore del continente.

Proprio mentre anche la maggiore forza di opposizione nel parlamento italiano fa altrettanto ..... riuscirà Renzi a liberarsi da questo abbraccio mortale senza aspettare il 2018 ancora troppo lontano e quindi troppo pericoloso aspettare fino a quella data?

ITALIA - Lettura dei risultati elettorali alla luce dei dati Istat


Leggo i dati ISTAT sulla situazione italiana e trovo conferma del grave disagio sociale in cui versa la realtà italiana e osservo la fotografia del declino: nel 2013 sono nati 515mila bambini, mai così pochi negli ultimi 20 anni. Nel 2012 emigrati in 68mila, +36% sul 2011. Disoccupati a quota 6,3 milioni, 100.000 giovani sono emigrati all’estero in cerca di lavoro.
Crisi: “Deboli segnali positivi”. I poveri nel 2013 sono 7,6 milioni, un milione in meno dell’anno precedente.

L’ANOMALIA SOCIALE

Da questi numeri appare una condizione molto simile a quell’anomia sociale analizzata da Emile Durkheim, uno dei padri della sociologia del XIX secolo, derivante da una forte discrepanza tra i fini che una società propone ai suoi componenti e i mezzi materiali di cui ciascuno dispone; un venir meno dei gruppi sociali intermedi, con la progressiva distruzione dell’istituto cardine, la famiglia, e l’assenza di regole e norme in grado di garantire una forte connettività sociale.

LE VIE D’USCITA

Da tale condizione di frustrazione individuale e sociale due sono le possibili vie d’ uscita: il prevalere dell’aggressività individuale e sociale o un ritrarsi nella regressione personale e collettiva. Tutto lasciava presumere che potesse prevalere la prima e Grillo ne stava rappresentando uno dei sintomi più evidenti, mentre, in realtà, montavano i suicidi dei piccoli e medi imprenditori in varie parti del Paese, sino all’ultimo di Mestre dei giorni scorsi.

I FLUSSI ELETTORALI

Leggo l’analisi dei flussi elettorali dell’istituto Cattaneo di Bologna: Il Partito democratico guadagna voti rispetto alle elezioni europee del 2009 e alle politiche del 2013; crescita sostenuta in tutto il territorio nazionale anche in valori assoluti. Il Movimento 5 stelle subisce un tracollo in voti assoluti. Il centro-destra (Forza Italia e Nuovo centro-destra) perde sonoramente rispetto alle precedenti europee e alle politiche 2013. Lega Nord e Tsipras avanzano rispetto al 2013, ma non recuperano sul 2009. Scelta civica di Monti e l’infelice assemblaggio con il Centro democratico di Tabacci e altri scompaiono nell’assoluta irrilevanza.
Sono risultati che danno conferma del giudizio formulato a caldo la notte di domenica 25 maggio: la speranza ha prevalso sulla rabbia sociale. Ha vinto il rifugio nell’idea già democristiana del “ progresso senza avventure” che era stata formulata dalla SPES agli inizi degli anni’60, che sembra perfettamente rappresentata da Matteo Renzi e dalla sua rinnovata squadra di giovani rampanti.

ISTAT E RISULTATI ELETTORALI

Se correliamo questi dati di provenienza statistica, quelli dell’ISTAT, con quelli dei risultati elettorali, mentre non scompare la realtà di una grave situazione di sofferenza e disagio sociale, non v’è dubbio che, al di là della confermata consistente astensione, comunque inferiore a quella di altri paesi europei, ha prevalso l’idea della continuità nella governabilità su quella di un forte mutamento politico. Insomma, proprio quell’idea del “progresso senza avventure” affidando a Renzi il compito di provarci.

LA TEORIA DEI QUATTRO STATI

Richiamando quella che in alcuni articoli scorsi ho definito la teoria dei quattro stati, non v’è dubbio che il primo ( lo stato della casta) e il secondo stato ( quello dei diversamente tutelati) hanno prevalso sul terzo ( quello realmente produttivo della ricchezza nazionale) e sul quarto ( quello dei non garantiti) e Beppe Grillo non è riuscito a catalizzare tutto il malessere diffuso nei due stati numericamente maggiorenti, ma non ancora in grado di esprimere un sentire comune e una forte unitaria rappresentanza politica e culturale.

Sarebbe, tuttavia, un grave errore leggere i risultati elettorali secondo il metro delle ideologie passate: destra-sinistra-centro.

IL MERITO DI RENZI

Matteo Renzi ha mutato profondamente natura e cultura del PD e dobbiamo riconoscergli il merito che, dopo quel voto, non sarà più “ il cane a muovere la coda” come nella lunga storia dal PCI al PDS e DS, poiché è la natura stessa di quel soggetto che è profondamente cambiata, subendo una trasformazione profonda di tipo genetico e generazionale.

Fuorviante, altresì, sarebbe tentare di rifugiarsi nel permanente ritorno dell’uguale, a quella vecchia formula dell’unità dei moderati ancora una volta indicata da Berlusconi.

L’ESPLOSIONE SOCIALE

La società italiana, infatti, vive tuttora una condizione di grave disagio sociale, economico, occupazionale e culturale e la rabbia e l’esplosione sociale, dopo quest’ultima prova di fiducia sistemica, potrebbero improvvisamente comparire, solo che qualche soggetto, gruppo o movimento fosse in grado di incanalarle in un progetto politico e a rappresentarne efficacemente la natura.

Serve una severa e innovativa riflessione politica che, noi democratici cristiani di tutte le diverse chiese e chiesette, compiremo sabato 7 giugno in una riunione convocata a Roma, all’hotel Mantegna, dall’amico Gianni Fontana.

Ettore Bonalberti

ITALIA - Ecco i consigli di Squinzi a Renzi


Nel corso dell’assemblea degli imprenditori, il presidente di Confindustria chiede al premier più coraggio nel taglio del cuneo fiscale e della burocrazia. Ecco il resoconto dell'assemblea annuale, con il discorso di Squinzi, l'intervento del ministro Guidi, i rumors interni alla confederazione.

No alla criminalizzazione del profitto e alla demonizzazione delle imprese, che nel creare valore, ricchezza e innovazione presentano una profonda valenza morale e sociale, come scriveva Luigi Einaudi. È il grido di orgoglio che risuona nel corso dell’Assemblea pubblica annuale di Confindustria promossa alla Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma .

UNA REALTA’ RINNOVATA

Una realtà che annovera 150mila imprese per 5 milioni di lavoratori. E che è reduce da un’ambiziosa opera di riorganizzazione e rinnovamento promossa dal presidente Giorgio Squinzi.

FINE DI UN’EPOCA


BASTA LITURGIE

Un’iniziativa che trova l’adesione del leader confindustriale, stanco delle “eterne liturgie con le sigle sindacali” e convinto dell’urgenza di “riformare una contrattazione collettiva di lavoro sganciata dalla realtà produttiva”. A suo giudizio la strada da privilegiare è il ricorso al negoziato decentrato territoriale e aziendale, in grado di ancorare le retribuzioni salariali ai risultati aziendali grazie a una legislazione contributiva e fiscale premiante.

CAPOVOLGERE L’EUROPA

L’apprezzamento per il risultato del voto europeo “che ha ridimensionato la minaccia populista e distruttiva dei gruppi ostili all’Unione monetaria” non ferma la critiche mosse dal numero uno di Viale Astronomia alle politiche egemoni a livello comunitario. Fondate sull’applicazione delle stesse regole per paesi più forti e le nazioni più fragili senza procedere a un’integrazione politico-istituzionale e fiscale.

“Un cocktail micidiale che ha accentuato il divario economico-sociale e creato profondo malessere nel Vecchio Continente, a fronte di una ripresa del commercio mondiale”. Per invertire la rotta, spiega Squinzi, è necessario superare il rigore fine a se stesso e asimmetrico: “E bene ha fatto la BCE a intervenire per rompere la spirale di deflazione e recessione”.

LE RICHIESTE AL GOVERNO

All’esecutivo di Matteo Renzi, che “ha ricevuto un forte e limpido mandato riformatore dalle urne europee in coerenza con le buone misure di rinnovamento già messe in cantiere”, il presidente degli industriali chiede di realizzare passi coraggiosi e radicali. “Perché nel 2014 la crescita e il livello occupazionale resteranno fermi viste le cifre su PIL, consumi, redditi”.

Le ricette proposte dall’associazione degli imprenditori sono le stesse da tempo. Favorire il rilancio delle attività economiche e promuovere una moderna politica industriale e formativa nella cornice di bilanci in ordine. Riducendo il perimetro pubblico e rendendo lo Stato più leggero, grazie al taglio della spesa corrente e degli sprechi e a un’innovazione della PA nel segno dell’efficienza.

SCOMMETTERE SU EXPO 2015

È questo il requisito per spingere il tessuto produttivo italiano ad accentuare il percorso verso l’innovazione tecnologica e l’investimento nei settori più dinamici e aperti ai mercati internazionali. A partire dall’export del Made in Italy.

Comparto che troverà nell’Expo 2015 una straordinaria opportunità. Una vetrina planetaria di eccellenza mondiale per attrarre le risorse dei gruppi stranieri nel nostro paese. È per tale ragione che “ogni macchia su tale iniziativa è imperdonabile”.

TAGLIARE LE TASSE

Confindustria ritiene positivo l’avvio, promosso dal governo, di una considerevole restituzione dei debiti della PA verso le imprese fornitrici e l’intervento di riduzione del cuneo fiscale attestato al 58 per cento: “Un regime unico in Europa, a causa del quale lavoriamo per lo Stato fino a settembre”.

Apprezza l’introduzione dei Minibond, la previsione di un ruolo attivo di Cassa depositi e prestiti e Banca europea degli investimenti per reperire liquidità a favore delle aziende e compensare la restrizione del credito bancario.


UNA RIVOLUZIONE CULTURALE

Per il leader degli imprenditori “l’impresa non può più essere ritenuta nemica dello Stato e della legge”. Una formulazione che si traduce nel no alla proliferazione delle norme e a una pressione fiscale che oltrepassa di gran lunga il 60 per cento dei guadagni, creano un rapporto perverso con i contribuenti e producendo sacche di elusione tributaria.

Si esprime nel rifiuto dell’intervento massiccio e invasivo della magistratura sulle scelte industriali, dei tempi interminabili per autorizzare nuove attività economiche e riscuotere fatture dalla pubblica amministrazione. Nell’avversione alle rigidità sindacali fuori dal tempo, alla burocrazia elefantiaca e arbitraria che rende i cittadini sudditi alla ricerca di privilegi e favori, alla corruzione diffusa che non può trovare spazio in Confindustria.

Prende corpo nell’ostilità contro l’appesantimento delle regole ambientali e dei vincoli climatici discriminatori per le aziende europee. Contro i costi enormi per l’approvvigionamento energetico provocati da componenti fiscali che gravano sulle bollette per il 30 per cento in più rispetto ai concorrenti del Vecchio Continente. Fattori che a parere di Squinzi vanificano la libertà di impresa proclamata dall’articolo 41 della Costituzione.

QUESTIONE CONTRATTI

Ricordando come il lavoro non si crei per decreto ma che leggi sbagliate possono ostacolarne lo sviluppo, il numero uno di Viale Astronomia promuove il provvedimento approvato dal governo su iniziativa del responsabile del Welfare Giuliano Poletti, soprattutto riguardo all’apprendistato e al tempo determinato.

Molto più sorprendente è la sua valutazione sull’idea di un contratto unico con tutele crescenti nel tempo: “Non ne abbiamo bisogno”. La strada da intraprendere, rimarca Squinzi, passa per la rimozione degli ostacoli che scoraggiano le assunzioni e la loro stabilizzazione.

Per conseguire tale scopo “non bastano gli strumenti di cassa integrazione vigenti: poco efficaci, troppo lunghi, non favorevoli per la ristrutturazione e modernizzazione delle imprese”. È fondamentale, osserva il fondatore di MAPEI, adottare politiche attive per riqualificare e reintegrare nel mercato occupazionale i lavoratori in difficoltà. Una rete moderna di ammortizzatori sociali orientati al Welfare to work.

LA RISPOSTA DELL’ESECUTIVO

Presente all’assemblea, il ministro per lo Sviluppo economico già vice-presidente di Confindustria Federica Guidi tenta di fornire risposte prospettando le iniziative messe a punto dal governo.

L’esecutivo “ritiene l’industria manifatturiera il fulcro per la ripresa economica, che tuttavia non può essere alterata da artificiosi incentivi pubblici e da una mentalità dirigista”. Realizzerà una riforma incisiva delle regole esistenti sul lavoro per attrarre investimenti stranieri. Rimuoverà i mille vincoli che ostacolano il “fare impresa”. Prevederà agevolazioni fiscali e rafforzerà il credito di imposta per stimolare gli investimenti produttivi e la capitalizzazione in borsa delle aziende. Proseguirà nel processo di semplificazione del regime fiscale barocco.

Poi, rileva Guidi, presenterà il piano di riduzione permanente del 10 per cento della bolletta energetica. Promuoverà un progetto capillare di ricerca degli idrocarburi e nuove fonti energetiche anche nel Mare Adriatico, contro i veti e le rigidità delle associazioni ambientaliste. Riorganizzerà e razionalizzerà la rete fieristica nazionale. Rivedrà tutte le procedure burocratiche che gravano sulle aziende.

EdoardoPetti

domenica 25 maggio 2014

EU 2014 - Elezioni europee, regionali e amministrative: la diretta sino alle 12


Seggi aperti per rinnovare il parlamento comunitario, oltre ai consigli di oltre 4 mila comuni italiani, di cui 27 capoluoghi. Si vota anche per il nuovo governatore in Piemonte e Abruzzo. Il liveblogging.

Domenica, 25 Maggio 2014 - Si sono aperte alle 7 del 25 maggio le urne per le elezioni europee, regionali e amministrative in Italia.
Sul fronte Ue si vota per rinnovare il parlamento comunitario (la guida): i candidati alla presidenza della Commissione sono Jean Claude Juncker per i popolari del Ppe, Martin Schulz (socialisti, Pse), Guy Verhofstadt (liberali, Alde), Alexis Tsipras (sinistra radicale, Gue), Ska Keller e José Bové (Verdi).
COMMISSIONE UE, VOTO NON VINCOLANTE. Tuttavia, il nome dell'erede di José Manuel Barroso potrebbe anche non uscire da questa rosa: i trattati Ue, infatti, prevedono che il presidente sia nominato dal Consiglio europeo (capi di Stato e di governo) sulla base dell'esito delle elezioni. A questo proposito, è in agenda una cena informale il 27 maggio da cui potrebbe uscire il nome del prescelto.
PIEMONTE, BONO SFIDA CHIAMPARINO. Sul fronte nazionale, invece, i cittadini sono chiamati al voto per le amministrative in oltre 4 mila comuni, di cui 27 capoluoghi, e per le regionali in Piemonte, dove il favorito Sergio Chiamparino (Pd-Sel-Idv) deve fare i conti con Davide Bono (Movimento 5 stelle), e in Abruzzo, dove i nomi più caldi sono quelli di Gianni Chiodi (centrodestra) e Luciano D'Alfonso (centrosinistra).

Segui la diretta

11.27 - GIORGIO NAPOLITANO VOTA A ROMA. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha votato per il rinnovo del parlamento europeo. Il capo dello stato si è recato, accompagnato dalla signora Clio, nel seggio allestito in una scuola del quartiere Monti a Roma. 

10.36 - ALLE 12 IL PRIMO DATO SULL'AFFLUENZA. Il Viminale rende noto in tarda mattinata il dato di affluenza alle urne registrato alle ore 12 in Italia per le elezioni europee. Non vi è il confronto con le precedenti europee, quelle del 2009, dal momento che si tratta di dati disomogenei in considerazione dei tempi diversi di apertura delle sezioni elettorali: cinque anni fa, infatti, si votò in due giorni: sabato 6 giugno(dalle 15 alle 22) e domenica 7 giugno (dalle 7 alle 22). La prima rilevazione fu fatta alle 22 di sabato (aveva votato il 17,8% degli aventi diritto), le altre domenica alle ore 12 (30,7%), alle ore 19 (52,9%) e alla chiusura dei seggi (66,5%, fu il dato definitivo dell'affluenza). Anche per quanto riguarda le altre elezioni in corso (regionali in Piemonte e Abruzzo e comunali in oltre 4 mila comuni) il confronto con le precedenti omologhe è impossibile, dal momento che si votò in due giorni (domenica e lunedì), mentre questa volta le urne restano aperte solo domenica 25, fino alle ore 23.

10.09 - ROMA: MARINO VOTA VICNO AL PANTHEON. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino ha votato nel seggio allestito nella scuola elementare Gianturco, in via della Palombella, a due passi dal Pantheon. Il primo cittadino è arrivato al seggio in bicicletta. «Penso che un passo indietro nell'unità strategica ed economica dell'Europa sarebbe molto grave per tutti, per europei, italiani, romani e romane. Più procederemo uniti per la costituzione degli Stati Uniti d'Europa, più conteremo al tavolo dei legittimi interessi dei continenti».

9.30 - UCRAINA, SEGGI CHIUSI A DONETSK. Sono tutti chiusi i seggi per le elezioni presidenziali nella città di Donetsk. Secondo alcuni media ucraini stamani è stato aperto un solo seggio. In tutta la regione, i seggi aperti sono 308 sui 2.430 previsti, hanno reso noto le autorità locali.

9.29 - TERMINI IMERESE: UOMO ARMARTO IN SEGGIO. Un uomo, di cui non sono state rese note ancora le generalità, è entrato armato di un coltello nel seggio allestito nella scuola Paolo Balsamo di Termini Imerese (Pa). Ha puntato l'arma contro una scrutatrice, minacciandola. Secondo i primi accertamenti sarebbe affetto da problemi psichici. È intervenuta la polizia di vigilanza al seggio e l'ha arrestato. La scrutatrice non sarebbe ferita.

8.32 - BELGIO: TRIPLO SCRUTINIO. Circa 8 milioni di belgi sono chiamati alle urne, per un triplo scrutinio (europee, politiche e amministrative). Si vota in alcune circoscrizioni fino alle 16. Seguiranno le prime proiezioni mentre i risultati dovrebbero essere noti all'inizio della serata. Se i nazionalisti fiamminghi (N-VA) del sindaco di Anversa Bart De Wever otterranno, com'è possibile oltre il 30% alle politiche, il governo uscente di coalizione del socialista francofono Elio Di Rupo non verrà certamente confermato. C'è chi teme il ripetersi della crisi del 2010, quando furono necessari ben 541 giorni per formare un governo.

7.17 - GRECIA: SECONDO TURNO. Si sono aperti in Grecia i seggi per il secondo turno delle elezioni amministrative e per quelle europee. Le liste per le elezioni europee sono 40 e i candidati sono 1.251 per 21 seggi all'Europarlamento, mentre quelle per le amministrative sono 446 per 211 comuni e 12 Regioni. Per la Regione di Epiro il presidente è già stato eletto. Aperti alle 7 locali (le 6 in Italia), i seggi chiuderanno alle 19 (18) e subito dopo sono previsti i primi exit poll.

7.06 - UCRAINA SEGGI APERTI. Si sono aperti i seggi in Ucraina: si vota per eleggere il presidente. Elezioni a rischio nelle regioni orientali di Donetsk e Lugansk, dove parte del territorio è in mano ai separatisti filorussi.

7.05 - URNE APERTE IN TUTTA ITALIA. Si sono aperti alle sette i seggi per le elezioni europee. Sono 49 milioni gli elettori chiamati al voto per scegliere i nuovi 73 europarlamentari che spettano all'Italia. Si vota anche per le regionali in Abruzzo e Piemonte e in 4.086 Comuni, tra i quali cinque capoluoghi di regione. Le urne resteranno aperte sino alle 23.

venerdì 23 maggio 2014

ELEZIONI EUROPEE 2014: La minaccia del voto di protesta


Sfruttando l’opposizione all’austerità e la paura dell’immigrazione, glii euroscettici potrebbero confermare la loro crescita alle elezioni europee di maggio e condizionare la politica dell’Unione.

Alain Salles 7 ottobre 2013 Le Monde Parigi

L'affermazione del partito anti-euro in Germania, la crescita dell'estrema destra in Austria , la pressione degli eurofobi di Nigel Farage sui conservatori britannici e il disastro elettorale del partito di governo alle elezioni amministrative portoghesi a causa delle misure di rigore rappresentano una sorta di introduzione alla campagna elettorale per le elezioni europee del maggio 2014, che rischia di essere caratterizzata dai gruppi ostili all'ortodossia di Bruxelles.

Ai tradizionali voti contro l'immigrazione e contro Bruxelles, che hanno alimentato le campagne euroscettiche in occasione delle precedenti elezioni, si aggiunge un voto anti-Merkel e anti-troika rafforzatosi con la crisi dell'euro e con i successivi piani di rigore. Spesso questi fronti anti-Europa si mescolano tra di loro. Da un lato gli euroscettici sono preoccupati dello sviluppo dell'immigrazione, dall'altro il rigore alimenta il rifiuto di un'Europa liberista.

Mentre i partiti di governo sono più preoccupati per elezioni nazionali che per quelle europee a scarsa partecipazione, queste forze "contro" vogliono capitalizzare i loro voti sull'elezione del 22 e del 25 maggio 2014 per rafforzare la loro influenza. Inoltre questo movimento arriva nel momento in cui il Parlamento europeo ottiene poteri più importanti, in particolare sulla scelta del presidente della Commissione.

Il presidente del Partito per l'indipendenza del Regno Unito (Ukip) Nigel Farage ha fatto delle elezioni europee il suo principale obiettivo per imporsi nel Regno Unito e cambiare il rapporto di forza a Bruxelles. Questa è anche la priorità dei Veri finlandesi o del Fronte nazionale (Fn) francese, così come di Beppe Grillo in Italia o di Syriza, il principale partito di opposizione in Grecia. Tutte queste forze politiche sperano di raccogliere i voti "contro" che si esprimono più facilmente in questo genere di elezioni. "Le europee sono tradizionalmente favorevoli ai partiti periferici", spiega il politologo Dominique Reynié. "Sono a scrutinio proporzionale e l'astensione è molto forte, soprattutto fra i moderati".

Gli ingredienti del cocktail sono noti: l’immigrazione, la burocrazia e il rigore

Gli ingredienti del cocktail sono noti: l’immigrazione, la burocrazia e il rigore. E quando vengono mescolati possono diventare esplosivi. La polemica sui rom in Francia mostra che l'immigrazione – sia verso l'Europa che all'interno dell'Unione – sarà uno dei temi della campagna elettorale. Questo è uno dei cavalli di battaglia dell'estrema destra, dalla Danimarca alla Grecia, dai Paesi Bassi all'Austria o alla Francia.

Si tratta di un argomento spesso trattato dagli euroscettici dell'Ukip o da parte del nuovo partito anti-euro Alternativa per la Germania (AfD). Una parte degli europei preoccupati dalla crisi vede la libera circolazione come una minaccia per l'occupazione. Il lavoratore romeno o bulgaro sta sostituendo l'idraulico polacco.

L'euroscetticismo approfitta della crisi. Alle critiche nei confronti della burocrazia di Bruxelles si aggiunge la cattiva gestione della tempesta finanziaria. "Dopo la crisi del debito i paesi del sud sono persuasi che quello che succede loro è colpa di Berlino, mentre i paesi del nord ritengono che è colpa di Bruxelles se devono dare del denaro al sud", spiega il deputato del Partito popolare europeo (Ppe) Alain Lamassoure. I Veri finlandesi vedono nell'aiuto alla Grecia la giustificazione del loro euroscetticismo, così come il Partito della libertà di Geert Wildersnei Paesi Bassi, che nei sondaggi raggiunge il 30 per cento.

Candidati indignados

Accanto a queste due opposizione tradizionali, la crisi ha dato vita a un fronte anti-Merkel e anti-troika molto attivo nell'Europa meridionale, tanto a sinistra quanto a destra. In Grecia Syriza e il partito populista dei Greci indipendenti vogliono approfittare del rifiuto delle misure imposte da Bruxelles e dal Fondo monetario internazionale (Fmi) per imporsi a Strasburgo. In Spagna il movimento degli Indignados vuole presentare delle liste alle elezioni di maggio.

Finora l'estrema destra e i movimenti euroscettici, molto divisi, hanno avuto un'influenza limitata al Parlamento europeo

"Il progetto europeo corre un grave pericolo", riconosce Anni Podimata, vicepresidente del parlamento ed esponente del Partito socialista greco (Pasok). "L'avversione all'Europa è sempre più forte. Questo deve spingere i partiti a farsi carico di un messaggio europeista". Finora l'estrema destra e i movimenti euroscettici, molto divisi, hanno avuto un'influenza limitata al Parlamento europeo. I deputati dell'Fn non sono iscritti, mentre gli altri movimenti si ritrovano nel gruppo Europea libertà democrazia intorno a Nigel Farage e ai membri della Lega Nord. Il sogno dell'Fn è quello di creare un gruppo con l'Fpö austriaco, che ha superato il 20 per cento alle elezioni politiche del 29 settembre.

"Tra un quarto e un terzo dei deputati voterà 'no' a tutto, ma questo non impedirà al parlamento di funzionare. L'intesa fra il Ppe e i socialdemocratici sarà più necessaria che mai", sostiene Lamassoure. I due partiti hanno annunciato che faranno una campagna destra-sinistra, ma l'inizio della campagna elettorale dei socialdemocratici è coincisa con la decisione dell'Spd di partecipare al governo Merkel.

Traduzione di Andrea De Ritis

ITALIA - Criteri per l’interpretazione del voto


Questo piccolo testo, scritto a pochi giorni dal voto, non può ovviamente tenere conto dei risultati. Quando i nostri lettori li avranno a disposizione, ci saranno anche i relativi commenti – trionfalistici o comunque soddisfatti – delle varie formazioni politiche. Il nostro compito è allora oggi semplicemente quello, di aiutare a capire chi ha vinto, chi ha perso o anche pareggiato. Cominciamo dunque a dire che, tra quelli che avranno perso, ci sarà sicuramente la sinistra radicale. E’ ancora possibile, e certamente auspicabile, che la lista Tsipras superi lo sbarramento del 4%. Avere a Strasburgo il sostegno, magari fortemente critico, di forze radicali, ma europeiste è, infatti, interesse non solo del Pse ma della stessa costruzione europea. Ma l’eventuale successo della lista avverrà in un contesto di grande debolezza, elettorale ma soprattutto politica di tutta l’area. Solo sei anni fa, al tempo di Prodi, i partiti a sinistra del Pd superavano largamente il 10%; oggi, bene che vada, saranno poco oltre il 5%. In una fase storica in cui il procurato disastro economico e sociale dovrebbe giocare a loro favore.

Un bilancio disastroso. Che riflette una crisi, politica, di idee, di partiti e di gruppi dirigenti che non sembra avere mai fine. Sarebbe ora il caso di mettersi tutti in gioco; per ricominciare non da tre ma propriamente da zero. Ma veniamo al Pd. A un partito i cui dirigenti, durante tutta la campagna elettorale, si sono ben guardati di parlare di numeri; sino al punto di ipotizzare come obbiettivo da raggiungere quello di superare la percentuale di Grillo. Per chiarire i termini della questione, potremo parlare di vittoria totale se si superasse il livello raggiunto da Veltroni nel 2008 ( 33.7%; ma con il centro-destra al 48%…) e, se insieme, si staccasse il M5S di più di cinque punti percentuali. Di pareggio, se si verificasse la prima ipotesi, ma non la seconda. Di sconfitta, con il Pd intorno al 30-31%, affiancato o ( cosa meno probabile) superato dai grillini.

In tutti e tre i casi, Renzi dovrebbe, però, restare padrone del gioco. E questo, perché avrebbe, alla sua destra, un campo di rovine. Da una parte la sparizione, elettorale e anche politica del centro; dall’altra la scomposizione-frammentazione del centro-destra, con la probabile crisi finale dell’egemonia berlusconiana. Pochi cenni sul primo punto. Perché le cifre dovrebbero essere impietose. Poco più di un anno fa, il centro superava di un punto o due il 10%; oggi, molto probabilmente, rimarrà sotto al 4%. Politicamente sarà la fine dei Casini e di Mastella, come possibile ago della bilancia e, quindi, come costante oggetto del desiderio; e anche della pretesa vanagloriosa di Monti nella veste di salvatore della patria e di bacchettatore della destra e della sinistra. E’ probabile che la dissoluzione del centro benefici, in particolare la sinistra modello Renzi; ma anche il centro-destra, versione Alfano dovrebbe ereditare una parte del bottino.

Questo, per invitare i nostri lettori a non guardare alla somma, insomma alla percentuale di consensi raggiunta dalle varie formazioni del sullodato centro-destra; ma piuttosto ai suoi vari addendi. Ricordiamo, al riguardo, che il 29% raccolto nel 2013 era attribuibile per oltre il 21% al Pdl e per il 7/8% a tutti gli altri. Oggi, allora, i casi sono due: o Berlusconi va di poco sotto al 20% mentre tutti gli altri superano di poco il 10% ( non consentendo ad Alfano, oppure alla Lega, oppure a Fratelli d’Italia, di superare lo sbarramento); oppure il Cavaliere va ad una percentuale più o meno uguale a quella dei suoi tre concorrenti, tutti in grado di andare oltre l’asticella.

Nel primo caso, Berlusconi rimane l’unico possibile federatore del centro-destra mantenendo saldo il suo patto con Renzi, Italicum compreso. Nel secondo, salta tutto, legge elettorale compresa. Libero, a quel punto, l’ex sindaco di Firenze, di scegliere tra doppio turno di collegio e proporzionale (con sbarramento); due modelli, due strategie politiche. A pesare, in questa futura scelta, sarà il risultato raggiunto da Grillo. L’ideale, al di là delle smargiassate del Nostro, sarebbe il risultato più temuto dal Pd, una percentuale intorno al 30%, sopra il Pd meglio se di pochissimo sotto.

E, attenzione, anche una percentuale più o meno corrispondente a quella raggiunta dal centro-destra. A quel punto, tutti gli altri dovranno aggiornare tattiche e strategie; il M5S potrà permettersi di aspettare.
Chiudiamo con la questione dell’astensionismo. Come cittadini dovremmo preoccuparci se questo superasse il 40%; negli altri casi, saremmo di fronte ad un calo fisiologico (in un contesto in cui la partecipazione italiana dovrebbe rimanere superiore alla media europea). Siete pregati invece di non credere alle lacrime di circostanza dei grandi partiti tradizionali; per loro meno la gente vota meglio è. Perché, in questo caso, diminuirebbe il voto di opinione; non quello organizzato di cui si ritengono, ancora, padroni.

Alberto Benzoni

ITALIA - Criteri per l’interpretazione del voto


Questo piccolo testo, scritto a pochi giorni dal voto, non può ovviamente tenere conto dei risultati. Quando i nostri lettori li avranno a disposizione, ci saranno anche i relativi commenti – trionfalistici o comunque soddisfatti – delle varie formazioni politiche. Il nostro compito è allora oggi semplicemente quello, di aiutare a capire chi ha vinto, chi ha perso o anche pareggiato. Cominciamo dunque a dire che, tra quelli che avranno perso, ci sarà sicuramente la sinistra radicale. E’ ancora possibile, e certamente auspicabile, che la lista Tsipras superi lo sbarramento del 4%. Avere a Strasburgo il sostegno, magari fortemente critico, di forze radicali, ma europeiste è, infatti, interesse non solo del Pse ma della stessa costruzione europea. Ma l’eventuale successo della lista avverrà in un contesto di grande debolezza, elettorale ma soprattutto politica di tutta l’area. Solo sei anni fa, al tempo di Prodi, i partiti a sinistra del Pd superavano largamente il 10%; oggi, bene che vada, saranno poco oltre il 5%. In una fase storica in cui il procurato disastro economico e sociale dovrebbe giocare a loro favore.

Un bilancio disastroso. Che riflette una crisi, politica, di idee, di partiti e di gruppi dirigenti che non sembra avere mai fine. Sarebbe ora il caso di mettersi tutti in gioco; per ricominciare non da tre ma propriamente da zero. Ma veniamo al Pd. A un partito i cui dirigenti, durante tutta la campagna elettorale, si sono ben guardati di parlare di numeri; sino al punto di ipotizzare come obbiettivo da raggiungere quello di superare la percentuale di Grillo. Per chiarire i termini della questione, potremo parlare di vittoria totale se si superasse il livello raggiunto da Veltroni nel 2008 ( 33.7%; ma con il centro-destra al 48%…) e, se insieme, si staccasse il M5S di più di cinque punti percentuali. Di pareggio, se si verificasse la prima ipotesi, ma non la seconda. Di sconfitta, con il Pd intorno al 30-31%, affiancato o ( cosa meno probabile) superato dai grillini.

In tutti e tre i casi, Renzi dovrebbe, però, restare padrone del gioco. E questo, perché avrebbe, alla sua destra, un campo di rovine. Da una parte la sparizione, elettorale e anche politica del centro; dall’altra la scomposizione-frammentazione del centro-destra, con la probabile crisi finale dell’egemonia berlusconiana. Pochi cenni sul primo punto. Perché le cifre dovrebbero essere impietose. Poco più di un anno fa, il centro superava di un punto o due il 10%; oggi, molto probabilmente, rimarrà sotto al 4%. Politicamente sarà la fine dei Casini e di Mastella, come possibile ago della bilancia e, quindi, come costante oggetto del desiderio; e anche della pretesa vanagloriosa di Monti nella veste di salvatore della patria e di bacchettatore della destra e della sinistra. E’ probabile che la dissoluzione del centro benefici, in particolare la sinistra modello Renzi; ma anche il centro-destra, versione Alfano dovrebbe ereditare una parte del bottino.

Questo, per invitare i nostri lettori a non guardare alla somma, insomma alla percentuale di consensi raggiunta dalle varie formazioni del sullodato centro-destra; ma piuttosto ai suoi vari addendi. Ricordiamo, al riguardo, che il 29% raccolto nel 2013 era attribuibile per oltre il 21% al Pdl e per il 7/8% a tutti gli altri. Oggi, allora, i casi sono due: o Berlusconi va di poco sotto al 20% mentre tutti gli altri superano di poco il 10% ( non consentendo ad Alfano, oppure alla Lega, oppure a Fratelli d’Italia, di superare lo sbarramento); oppure il Cavaliere va ad una percentuale più o meno uguale a quella dei suoi tre concorrenti, tutti in grado di andare oltre l’asticella.

Nel primo caso, Berlusconi rimane l’unico possibile federatore del centro-destra mantenendo saldo il suo patto con Renzi, Italicum compreso. Nel secondo, salta tutto, legge elettorale compresa. Libero, a quel punto, l’ex sindaco di Firenze, di scegliere tra doppio turno di collegio e proporzionale (con sbarramento); due modelli, due strategie politiche. A pesare, in questa futura scelta, sarà il risultato raggiunto da Grillo. L’ideale, al di là delle smargiassate del Nostro, sarebbe il risultato più temuto dal Pd, una percentuale intorno al 30%, sopra il Pd meglio se di pochissimo sotto.

E, attenzione, anche una percentuale più o meno corrispondente a quella raggiunta dal centro-destra. A quel punto, tutti gli altri dovranno aggiornare tattiche e strategie; il M5S potrà permettersi di aspettare.
Chiudiamo con la questione dell’astensionismo. Come cittadini dovremmo preoccuparci se questo superasse il 40%; negli altri casi, saremmo di fronte ad un calo fisiologico (in un contesto in cui la partecipazione italiana dovrebbe rimanere superiore alla media europea). Siete pregati invece di non credere alle lacrime di circostanza dei grandi partiti tradizionali; per loro meno la gente vota meglio è. Perché, in questo caso, diminuirebbe il voto di opinione; non quello organizzato di cui si ritengono, ancora, padroni.

Alberto Benzoni

ITALIA - Politica e malaffare, meglio prevenire


I provvedimenti giudiziari assunti per i fatti dell’Expo di Milano, sembrano poter fare affermare che sono trascorsi invano, ben 22 anni dall’inizio di tangentopoli. Ma a differenza di allora, stato sottolineato come il fenomeno corruttivo nella Prima Repubblica fosse fondamentalmente orientato a finanziare un sistema dei partiti onnivoro e pervasivo di tutti i gangli vitali dello Stato e della società e cartelli tra le imprese rivolti ad eludere le regole del mercato, salvo poi schierare i grandi mezzi d’informazione a supportare l’offensiva giudiziaria, che provocò il collasso delle forze politiche di ceppo ciellenistico, Pci-Pds escluso, anche con il favore di “poteri forti” internazionali.

Oggi, la corruzione è rivolta sempre ad alterare le norme sulla corretta concorrenza imprenditoriale, ma finanzia “bande” politiche e lobby, con sensibili arricchimenti personali, soprattutto a causa della destrutturazione dei partiti in comitati elettorali.
Ecco perché, appare insufficiente l’idea di reprimere la nuova ondata corruttiva solo attraverso strumenti repressivi, magari con nuovi organismi, poiché è evidente la constatazione per cui se si vuole circoscri­vere in modo realistico la commissione di reati risulta del tutto insufficiente il ricorso ai soli rimedi derivanti dalla legislazione giuspenalistica.
Il tema da cui partire invece, attraverso una riflessione non dettata dalle legittime pulsioni emotive dei cittadini contro i fenomeni corruttivi ma razionale, deve riguardare la conta­minazione della società e della politica a causa di un sempre più diffuso progressivo degradarsi del costume sociale. Anche a pre­scindere dalla individuazione di illeciti penali riconducibili tec­nicamente alla corruzione, e quindi tramite violazione di regole giuridiche, è evidente che le stesse istituzioni in cui si realizza la democrazia politica risultino intaccate e corrose dal malcostume derivante dall’abbandono di regole etiche oltre che giuridiche tradizionalmente connesse con il nostro sistema politico-istituzionale.
In primo luogo ci si deve orientare sulla prevenzione, in particolare imma­ginando rimedi in sede amministrativa, intervenendo sulla orga­nizzazione delle pubbliche amministrazioni. A questo proposito è del tutto evidente l’importanza, ai fini della prevenzione della corruzione, del tema dei controlli amministrativi, tra i cui fini vi è ovviamente quello del rispetto della legalità e del corretto uso delle risorse pubbliche. Si tratta di un settore che andrebbe del tutto riesplorato dopo i discutibili interventi, che negli enti locali hanno quasi completamente eliminato i controlli di legittimità con la conseguenza che l’autonomia di questi enti può essere usa­ta per porre in essere comportamenti illegali.
L’aspetto strategico più rilevante dell’attuale dibattito ri­guarda la attenzione per l’“alterazione della corretta competitività politica tipica” di un disegno ideale della democrazia politica di matrice liberale ad opera dei fatti corruttivi. Su questo aspetto sono intervenute le convenzioni interna­zionali e qualche tentativo di rimedio dei singoli Stati.
Nel 1993 venne fondata Transparency International (TI), un’organizzazione non governativa che analizza e pubblicizza i dati sulla corruzione politica e commerciale nel mondo. Dal 1995, TI pubblica il Corruption Perceptions Index (CPI) e dal 1999 il Bribe Payers Index (BPI). È in questa logica che si in­serisce anche la costruzione giuridica della fattispecie penale del “traffi­co di influenze”, o influence peddling, che consiste nell’usare influenza (pubblica, ma non necessariamente) di uno o più soggeti per ottenere favori o trattamenti preferenziali per altri, in cambio di benefici. Insomma, è la classica “segnalazione”. Si tratta di una perversione del lobbying, ormai “una realtà quotidiana nelle mo­derne democrazie», ma può diventare “influenza indebita”, in difesa di alcuni interessi in danno di altri.
In questo ambito, si parla da tempo di trasparenza amministrati­va, ma si fa poco in ordine alla trasparenza della politica e del suo finanziamento; ci sono norme sugli incarichi dei pubblici dipen­denti, ma non sulle incompatibilità e sui conflitti di interessi dei parlamentari; si riordina la disciplina dei codici di comportamen­to dei dipendenti pubblici, ma si continua a non prevedere niente in ordine alle regole di comportamento dei politici.
Dunque uno degli aspetti più rilevanti è quello della ricaduta di specifici fatti corruttivi, ma soprattutto della cultura della ille­galità, sui comportamenti politici.
A questo proposito assume rilievo il tema della opacità dei finanziamenti alla politica.
L’impressione condivisa è che si sia sorpassato il livello di guardia e che quindi siano gli stessi principi di fondo degli ordinamenti democratici contemporanei ad essere messi in discussione in quanto la corruzione intacca pericolosamente il rapporto di fiducia fra cittadini e istituzioni, soprattutto in una fase della vita sociale nel nostro Paese, segnata drammaticamente dalla crisi delle famiglie, dei giovani, del lavoro.
Maurizio Ballistreri

ITALIA - I fatti dell’Expo dopo uno scellerato ventennio


Ha ragione il compagno Del Bue, che con una bella immagine ha descritto questi venti anni coronati da questa improvvisa fiammata che rievoca il passato: Tangentopoli “È un viaggio di andata e ritorno costruito sulla menzogna”.

A poco importa a questo punto vivisezionare nel merito le vicende che emergono dalle gare d’appalto per l’EXPO e chi scrive ha una ragione in più di indignazione e disagio avendo contribuito con fatica e lavoro alla campagna vincente, tutt’altro che semplice, per l’acquisizione dell’evento Internazionale. Quel che più stupisce in queste ore è la spregiudicatezza ipocrita di chi si ritiene immune da responsabilità seppur indirette.

I fatti riguardano opere pubbliche e l’evento di rilievo internazionale ha una gestione plurale in cui è necessario l’indirizzo politico. Le scelte del management pubblico sono di derivazione politica e a a queste vanno assegnate le responsabilità dei gravi ritardi sulle opere ed ora la clamorosa “negligentia in vigilando” alla quale non si può far fronte con tardive dichiarazioni di guerra, smentite dal paradossale dualismo della Procura che ha in carico la delicata inchiesta. E neppure si può farlo con tardive riforme del Codice che regola le procedure degli appalti né tantomeno con l’invio di ‘salvatori della patria’ che dovrebbero operare come supervisori di un sistema che dimostra, al di là del caso in questione, che all’epoca vi è stata una profonda ipocrisia nell’affrontare la cosiddetta questione morale. Si chiarisce pure che, dopo l’assalto ai partiti, sono rimasti in campo i gruppi di potere e di affari, guardacaso, usciti indenni dalla slavina giudiziaria di Tangentopoli e che in questi anni hanno rappresentato l’alfa e l’omega del sistema economico e finanziario.

L’assuefazione all’endemica corruzione, unita all’arrembante formazione politica Cinquestelle che più dello stesso partito giustizialista di Di Pietro è oggi capace di interpretare i sentimenti di distacco e disprezzo per le Istituzioni, pongono il sistema politico, ovvero i partiti che si sono succeduti in questi vent’anni al Governo, in una posizione di difesa estrema; partiti che non hanno la capacità di spiegare, illustrare come sia stato possibile accumulare in tutti questi anni tanti ritardi e inadempienze per quanto riguarda lo stato di degrado delle Istituzioni e il malgoverno dell’economia, finendo per alimentare le rabbie e le paure evidenziate dai comportamenti elettorali dei nostri concittadini.

“L’Italia l’è malada” recitava una nenia novecentesca agli albori di quella belle epoque che finì nella tragedia della guerra mondiale che schiuse le porte alla tragedia dei totalismi europei.

Il viaggio costruito nella menzogna inizia nel 1992. Molti hanno sempre ritenuto che i vaticini di Bettino Craxi sulla seconda Repubblica che sarebbe franata se fosse stata costruita sulla menzogna, fossero solo la reazione di un uomo colpito dal rovescio della Storia; purtroppo in realtà dobbiamo dire oggi che “L’Italia piange” per le sue difficoltà e le sue crisi e che non basterà un’alzata di spalle per allontanare l’inevitabile resa dei conti su cio’ che ha prodotto questo scellerato ventennio.

Bobo Craxi

lunedì 19 maggio 2014

ITALIA - Una campagna elettorale trash più simile ad una guerra


Ormai manca solo lo scontro fisico in questa campagna elettorale dove si parla di tutto fuorché di Europa e degli eventuali programmi che  ogni partito porterebbe avanti una volta entrato nel parlamento europeo.

Lo scontro è violento ed è un tutti contro tutti, Renzi contro Grillo, Grillo contro Renzi, il condannato contro Grillo e Renzi, la Lega contro l'euro. Sceneggiate e proclami che niente hanno a che vedere con l'europa nei quali si contraddistinguono proprio coloro che dovrebbero rappresentare il muovo, l'accoppiata Grillo-Renzi.

Ieri il comico ha dato il meglio di se in un comizio a Torino dove le ha sparate in ogni direzione facendo riferimenti sessuali sulla Merkel e tornando sul Schulz ed il nazismo.

Sparate che se fossero state fatte dal condannato si sarebbe aperto un tornado su tutti i giornali ed invece dette da questo comico travestito da politico, fanno ridere mentre ci sarebbe non tanto da piangere quanto da preoccuparsi fortemente al pensiero che un tipo del genere rischia di raggiungere una percentuali di consensi intorno al 30%.

A questo delirio a 5 stelle si risponde con un altro delirio che è quello di Renzi il quale, pur con altro stile, punta sul consenso europeo per trasformarlo in un consenso sul suo governo. Ed ecco allora che anche lui spara qualche tiepida offesa al grillo parlante e si fa riprendere mentre si esibisce in una palestra.

A questo duetto fanno da contraltare le strilla della Lega con Salvini che non riesce ad andare oltre il grido di battaglia che ripete fino all'ossessione: euro criminale. E come si sa una bugia urlata e ripetuta all'inverosomile finisce per diventare una verità.

La Lega ieri si è esibita in una manifestazione davanti all'abitazione di Prodi colpevole di averci trascinato nell'euro, dimenticando che i reali problemi dell'entrata nella moneta unica furono una gestione scellerata da parte del governo di allora (condannato-Bossi) che consentì speculazioni senza fine da parte sia del pubblico che del privato.

Ma questo accadeva 14 anni fa, la situazione attuale non è tanto dovuta all'euro ma ad una crisi economica grave e, per quanto riguarda l'Italia, ad una negazione della stessa sempre da parte di un governo di centro destra del quale la Lega faceva parte. Ed il condannato ? Beh questa volta l'ex cavaliere è stritolato fra i due contendenti principali, abbandonato dalle sue colonne storiche, si divincola cercando di farsi notare con qualche sparata delle sue che risultano però dei colpi a salve rispetto alle bordate del leader del M5S.

In mezzo a questo caos totale nel quale non si parla affatto di europa, a meno che non si vogliano prendere seriamente le sparate dei leghisti, e le elezioni europee sono trattate come una elezione politica che potrebbero avere ripercussioni sul governo Renzi. Il presidente del consiglio vuole conenso per ricevere una specie di investitura popolare alla sua politica, Grillo vuole conenso per poi chiedere addirittura le dimissioni di Giorgio Napolitano, in mezzo al solito i cittadini che si dividono fra chi non andrà a votare e chi si fa imbambolare dagli urlatori di questa scellerata campagna elettorale.

mercoledì 14 maggio 2014

ITALIA - Al Nord si ruba .... al Sud si muore ... al Centro si specula .... Italia un paese da commissariare


Il bollettino di guerra odierno è diversificato da Nord a Sud con eventi di natura diversa ma ugualmente deprecabili, mentre in mezzo invece si utilizzano tali eventi per scopi puramente opportunistici.

Al Nord ci si confronta con l'ennesimo episodio di corruzione che questa volta coinvolge un evento a carattere planetario come l'Expo 2015, al Sud si verifica l'ennesimo naufragio di un barcone della speranza che trasportava 400 disperati verso la speranza. In mezzo oltre alla follia degli ultras del calcio, c'è l'opportunismo di politici o presunti tali e di giornalisti legati a questi politici.

L'evento più tragico è quello avvenuto al largo di Lampedusa perché ancora una volta decine di disperati perdono la vita per fuggire dai paesi nei quali la vita non è più possibile. Persone disperate lasciate in mano a malviventi senza scrupoli che li trasportano su barconi fatiscenti verso una speranza che spesso di traduce in morte. L'Italia da sola non può fare più di tanto e se tutta la comunità internazionale, Europa in prima linea, non affronterà seriamente il problema ancora molte vite umane saranno stroncate su quel mare.

Le prossime elezioni europee non promettono niente di buono in tal senso considerati i sondaggi che danno molte formazioni politiche di destra antieuropeiste, xenofobe a percentuali vicine alla doppia cifra. L'Italia poi ha molto altri problemi interni da affrontare, primo fra tutti la corruzione dilagante ancora una volta esplosa in occasione della preparazione di un grande evento come l'esposizione internazionale.

La politica sembra incapace di prendere realmente le distanze da episodi di questo genere che si verificano con regolarità impressionante nonostante la tangentopoli degli anni 90. Non sarà facile debellare questo malcostume favorito per esempio da una legge elettorale che impedisce ai cittadini di eleggere direttamente i propri rappresentanti da una parte, e dall'ostracismo ed ipocrisia della politica dall'altro.

Oggi i fatti dell'expo sono sfruttati cinicamente da una parte della politica per sporchi scopi elettorali.

Il partito del condannato, appoggiato dai suoi giornalisti, minimizza e non potrebbe fare altrimenti in quanto, anche se non esplicitamente rivelato, c'è il forte rischio che quel partito sia invischiato nello scandalo.

Il comico vestito da politico sfrutta lo scandalo per dare fiato alle sue trombe starnazzanti e domani andrà a Milano a provocare per chiedere la sospensione dell'Expo e quindi darla vinta ai delinquenti ed ai corrotti.

In mezzo a questi eventi un'altra domenica calcistica dove i tifosi si sono esibiti con striscioni inneggianti a personaggi come l'ultras romanista che sabato scorso ha preso a colpi di pistola i tifosi napoletani.

Insomma leggendo qualsiasi giornale on line di queste ore, lo spettacolo è quello di un paese al quale non saranno sufficiente gli 80 euro o qualsiasi altra riforma per uscire dalla melma nella quale è caduto, travolgendo forse anche i cittadini onesti che sembrano essere ormai la minoranza.

ANTIPOLITICO

ITALIA - Jobs act. Il lavoro senza qualità


Assunzioni a termine senza freni. Formazione professionale senza formazione. Un contratto unico che è l’ennesima forma di impiego atipico. Con il decreto Poletti, il capo del governo Renzi ha fatto il contrario di quanto diceva da segretario del Pd

Ci risiamo. La politica dell’occupazione viene ricondotta, come accade da un ventennio, a misure lavoristiche. La presunta rigidità del mercato del lavoro è ancora vista come causa della disoccupazione. Intendiamoci, nei provvedimenti sul lavoro del “piè veloce” Renzi ci sono cose utili e sacrosante: le riduzioni Irpef per i dipendenti, che dovrebbero portare in busta paga le famose 80 euro al mese, le misure per garantire alle donne il diritto alla maternità qualunque lavoro svolgano, l’impegno a misure per incentivare la conciliazione fra tempi di lavoro e di vita, e tanto altro. Ma è la logica complessiva e soprattutto il contenuto delle prime poste in essere – quelle del decreto Poletti – che va da tutt’altra parte. E non coglie l’obiettivo fondamentale: creare lavoro nuovo e di buona qualità.

Perché le due cose – bisognerebbe convincersene dopo anni nei quali il lavoro è divenuto più precario e la disoccupazione è aumentata – vanno insieme. Ce lo ha detto, da ultimo, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco: «Il miglioramento della competitività delle imprese passa dalla valorizzazione del capitale umano di cui dispongono, anche in collaborazione con il sistema di istruzione e di ricerca. Studi della Banca d’Italia mostrano come rapporti di lavoro più stabili possano stimolare l’accumulazione di capitale umano, incentivando i lavoratori ad acquisire competenze specifiche all’attività dell’impresa. Si rafforzerebbero l’intensità dell’attività innovativa e, in ultima istanza, la dinamica della produttività».

Se il problema del nostro sistema industriale è la scarsa produttività e propensione all’innovazione, se sono queste le cause di fondo che frenano lo sviluppo e la crescita dell’occupazione, allora continuare a rendere più facile e conveniente il ricorso a forme di lavoro precario è un freno allo sviluppo. Ed è anche un segnale sbagliato mandato alle imprese: continuate pure a sacrificare lo sviluppo futuro per ottenere risparmi di brevissimo periodo. Perché la capacità di innovazione produttiva e organizzativa richiede stabilità e investimenti di lunga lena sulle capacità e le competenze delle persone. La cosa che sembra non importare affatto al governo, visto che nelle misure non c’è nessun segnale di rafforzamento della formazione permanente, nonostante l’avviso che l’Ocse ci ha mandato con la ricerca Piaac. Uno studio molto chiaro: tra i 24 Paesi indagati i lavoratori italiani hanno il più basso livello di competenze; e ben il 70 per cento di loro, per capacità di leggere, scrivere e far di conto, è al di sotto del livello 3, che per l’Ocse è il livello minimo per vivere e lavorare dignitosamente.

Non sembra essersene accorto il ministro Giuliano Poletti, il quale con tutta tranquillità voleva addirittura far fuori la formazione dall’apprendistato professionalizzante. Se non ci riuscirà è perché si è insinuato il timore che quell’apprendistato non sarebbe stato considerato dall’Ue coerente coi fini della “Garanzia Giovani”, dal momento che si sarebbe caratterizzato come un puro aiuto di Stato alle imprese e non uno strumento di rafforzamento delle competenze dei lavoratori. La “Garanzia Giovani”, un provvedimento europeo, già cofinanziata e impostata dal governo Letta, è allo stato dei fatti l’unica misura attuabile utile ai giovani disoccupati. Il combinato disposto dei primi provvedimenti del governo Renzi va in direzione esattamente contraria a quella annunciata dal Renzi segretario del Pd. Annunciando il Jobs act alla direzione del Pd, il segretario disse che la priorità era far crescere la produttività e l’innovazione delle nostre imprese, per portarle a competere sulle produzioni di maggior qualità e a maggior valore aggiunto. Il suo primo decreto da capo del governo è invece funzionale all’esatto opposto: lasciare le nostre imprese nella fascia bassa della produzione di merci e servizi, quella appunto che compete quasi esclusivamente sulle dinamiche di costo e sulla riduzione delle tutele dei lavoratori. I contratti temporanei “liberalizzati” non creano più occasioni di lavoro. Lavoce.info ha pubblicato una ricerca relativa alla Spagna, in cui l’aumento esponenziale dei contratti temporanei ha prodotto meno giornate di lavoro e salari più bassi. La stessa Spagna – oggi in piena deflazione e con la disoccupazione giovanile in crescita – che qualcuno continua ad additare come esempio “riformatore”.

E se i contratti temporanei vengono “liberalizzati”, il famoso contratto di inserimento a tutele crescenti, salutato con favore anche in ambienti “liberal”, perde la qualifica di “unico”, la sola che poteva giustificare il superamento della giusta causa sui licenziamenti nel periodo di ingresso. E diventa un contratto tra i tanti: non una misura per ridurre la frammentazione del mercato del lavoro, ma per rendere più flessibile i tempi indeterminati residui.

Intanto incombe la cosiddetta spending review, che “revisiona” poco, ma taglia molto. Anche questa un’occasione persa, perché il nodo che dovremmo affrontare per ridare fiato all’occupazione è un altro: come ridare efficienza, efficacia, qualità ai servizi, a partire dalla Pubblica amministrazione. Che è il settore dove il lavoro potrebbe crescere, dando risposta al bisogno di salute e istruzione, ai desideri di cultura, città vivibili e paesaggi restituiti alla loro bellezza. Su questi terreni l’Italia ha un numero di occupati in rapporto ai cittadini molto inferiore rispetto a tutti gli altri Paesi europei. Combattere gli sprechi ha senso se in questi settori si reinveste e si crea nuovo lavoro.  Insomma, la questione dell’occupazione non può più essere affidata esclusivamente al mercato. Meno che mai al mercato del lavoro. La durezza della crisi ci ha fatto dimenticare che la crisi è venuta dopo anni di crescita senza occupazione. Porsi sul serio il problema del lavoro vuol dire affrontare i nodi di fondo che hanno frenato lo sviluppo del sistema produttivo. Per immaginare un ciclo virtuoso, che metta in sintonia il lavoro col desiderio delle persone di vivere in un mondo più pulito, più giusto, più sano.