Eric Jozsef 4 luglio 2012 INTERNAZIONALE
Roma
Per più di mezzo
secolo l’Europa ha garantito agli stati e ai popoli che la formano la pace, la
democrazia, la prosperità economica, il rispetto delle minoranze e un benessere
sociale senza paragoni nel mondo. Oggi questo patrimonio rischia di esplodere.
Per la prima volta
dopo cinquant’anni si mettono in moto dei meccanismi che fanno intravedere ai
cittadini una catena di reazioni, paure, nazionalismi, simile a quella che i
paesi europei avevano conosciuto negli anni trenta. La storia non accade due
volte nello stesso modo. È però utile ricordare che è proprio per scongiurare
questi fantasmi, per superare i nazionalismi e i totalitarismi, che si era
costruito uno spazio europeo democratico basato su un’economia sociale di
mercato.
Di fronte alla
globalizzazione, alla corsa frenetica della finanza, alla trasformazione del
mondo, l’Europa, pur essendo la maggiore economia mondiale, non ha saputo fare
un passo ulteriore verso l’integrazione per difendere questo patrimonio,
superare la crisi e affrontare da subito il caso greco. Sull’orlo del
precipizio, la cancelliera tedesca Angela Merkel, ha finalmente proposto
qualche settimana fa di fare questo passo e avanzare verso l’unione politica,
senza tuttavia spiegare in dettaglio la sua iniziativa (che però sembra
limitata a un controllo europeo sui bilanci, le banche e le finanze dei singoli
paesi dell’Unione).
Occorre ricordare che
i padri dell’Europa non avevano come solo orizzonte l’integrazione economica.
Questo aspetto era solo un mezzo per raggiungere il fine di un’Europa politica
unita. Con le ferite della guerra ancora aperte non era possibile fare
diversamente. La cooperazione economica avrebbe dovuto avvicinare i popoli e
ridurre il rischio di nuovi conflitti.
“L’Europa avanza
mascherata” disse un giorno l’allora presidente della Commissione europea
Jacques Delors. Per decenni questa strategia ha funzionato. Ma oggi, in pieno
caos economico e monetario, questo atteggiamento elitario, che non coinvolge i
cittadini nei processi decisionali, mostra tutti i suoi limiti. A tal punto che
molti elettori danno la colpa della crisi a un eccesso di Europa e non ai pochi
strumenti delle istituzioni dell’Unione. E con l’avanzare dei movimenti
estremisti contrari all’Europa, il rischio di una disintegrazione sembra
concreto.
Siamo dunque a un
bivio essenziale. Per dimensione, nessun paese europeo da solo è in grado di
contare davvero nella sfida globale. Neanche la Germania. L’Europa è dunque la
condizione della politica, intesa come capacità di scegliere il proprio
destino. Però non si può rafforzare l’Europa contro la volontà dei popoli o di
nascosto dai popoli. L’unica via praticabile è il trasferimento di sovranità
verso un potere europeo legittimato democraticamente. Ecco perché i tanti
vertici europei a cui assistiamo da mesi possono essere solo, nel migliore dei
casi, una soluzione provvisoria.
Da questo punto di
vista, la gestione della questione greca è emblematica. È ormai chiaro che
Atene non potrà rimborsare il suo debito, nonostante i suoi enormi sacrifici.
La strada possibile è la cancellazione o la mutualizazzione del debito greco in
cambio di un controllo serrato sulla gestione futura dei conti pubblici di
Atene. E solo l’Unione europea può fare una cosa del genere. Ma allo stesso
tempo il popolo greco, come gli altri cittadini dell’Unione, non potrà
accettare la perdita di sovranità (in realtà già molto indebolita dai mercati)
senza una maggiore legittimazione democratica dell’autorità europea incaricata
di controllare i suoi conti pubblici. Per questo bisogna riaprire subito il
cantiere istituzionale e trasformare l’Unione in uno spazio di democrazia
diretta.
Alcuni sostengono che
bisogna prima risolvere i problemi economici, bancari, finanziari dell’Unione e
poi aprire il cantiere istituzionale. In realtà vogliono impedire il
trasferimento di fette importanti di sovranità con la scusa che i cittadini non
sono pronti al grande salto. Tocca dunque ai cittadini europei rivendicare un
spazio politico comune e federale. E tocca ai politici dimostrare che sono
davvero disposti a far nascere un’Europa forte, sovrana, unita e democratica.
Ecco alcune proposte
non esaustive per fondare questa unione politica, su cui i leader politici e
anche i cittadini dovrebbero esprimersi in modo chiaro:
1) elezione diretta
del presidente dell’Unione europea a suffragio universale.
2) Un solo
rappresentante dell’Unione attraverso la fusione delle funzioni di presidente
dell’Ue e di presidente della Commissione europea.
3) Decisioni prese in
Europa a doppia maggioranza semplice: 51 per cento dei 27 stati, attraverso il
voto dei ministri, e 51 per cento della popolazione, attraverso la
rappresentanza al parlamento europeo.
4) Liste europee per
le elezioni al parlamento di Strasburgo (con una quota sostanziale di candidati
europei ma non nazionali).
5) Istituzione del
referendum d’iniziativa popolare al livello europeo.
Con la crisi, ormai
l’Europa deve scegliere: il coraggio o il declino.
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