12 luglio 2012 LE MONDE
Parigi
Prima
della crisi economica Olafur Hauksson era commissario di polizia ad Akanes,
piccolo porto di 6.500 abitanti all’estremità di una penisola ghiacciata a una
cinquantina di chilometri da Reykjavik. Dal gennaio 2009 cerca di portare
davanti alla giustizia chi ha contribuito al crollo economico del paese nel
2008.
Alla
fine dell’estate del 2008 la bolla islandese è esplosa in seguito alla crisi
americana dei subprimes. Due settimane dopo la caduta vertiginosa di Lehman
Brothers, le tre principali banche del paese, il cui valore rappresentava il
923 per cento del pil, è crollato. La piccola isola è stata spazzata via dalla
crisi, la corona islandese è colata a picco senza che nessun intervento potesse
cambiare la situazione. Il 6 ottobre 2008, in diretta televisiva nazionale, il
primo ministro dell’epoca ha pronunciato un discorso in cui chiedeva a dio di
“salvare l’Islanda”.
Dopo
quella data fatidica, l’Islanda ha conosciuto giorni difficili: nel 2009 gli
islandesi, peraltro poco abituati alle dimostrazioni sociali, hanno gridato la
loro rabbia contro i politici e i “neovichinghi” della finanza che li avevano
ingannati. La “rivoluzione delle pentole” ha portato alle dimissioni del
parlamento e del governo conservatore. Fra le rivendicazioni di allora vi era
anche il processo di chi aveva approfittato della situazione economica e di chi
aveva spinto l’Islanda nel baratro economico. Le elezioni politiche anticipate
hanno portato la sinistra al potere. Il nuovo primo ministro, Johanna
Sigurdardottir, ha voluto nominare rapidamente un procuratore speciale per
indagare sulle cause della crisi. Ma pochi si sono fatti avanti per questo
posto.
[…]
Hauksson, isolato nel suo piccolo commissariato di provincia, ha il merito di
non avere alcun rapporto con l’élite accusata di aver portato l’isola al
fallimento. Nonostante la sua completa inesperienza in materia di giustizia
economica, è stato l’unico a proporsi per l’incarico. […] Più di tre anni dopo
la sua nomina, lo stesso Hauksson riconosce di “aver cominciato solo da poco a
sentirsi bene nella sua nuova funzione”. Inizialmente a capo di una squadra di
cinque persone, adesso dirige più di cento collaboratori.
Il
loro compito è duplice: “Da un lato si tratta di indagare su tutti i sospetti
di frode e di reati compiuti prima del 2009; dall’altro siamo noi stessi a
istruire il processo contro i presunti colpevoli”. Un metodo “del tutto nuovo”,
che permette agli inquirenti di “seguire i casi” e alla giustizia di “conoscere
a menadito le varie procedure”. Una condizione indispensabile “per poter
competere con avvocati della difesa molto preparati”.
Per
facilitare la missione del procuratore, il governo ha proceduto a delle
modifiche legislative sul segreto bancario. “Oggi abbiamo accesso a tutte le
informazioni, senza alcuna possibile obiezione”, afferma Hauksson. Sospetti di
frodi bancarie, reati di insider trading, truffe, furto d’identità professionale,
distrazione di fondi, le inchieste condotte sono diverse e i tre – ben presto
quattro – uffici dove si svolgono gli interrogatori sono sempre pieni. Oggi il
procuratore afferma di lavorare su “un centinaio di casi”.
La
maggior parte delle persone prese di mira sono ex responsabili del settore
finanziario, membri dei consigli di amministrazione delle banche prima della
crisi. Si tratta di islandesi che hanno spesso scelto di esiliarsi in paesi
stranieri – in particolare in Lussemburgo – per continuare la loro carriera.
Una dispersione che complica il compito della squadra del procuratore Hauksson.
Ma l’équipe moltiplica le perquisizioni e continua le inchieste nelle filiali
straniere delle banche islandesi, coinvolgendo anche dei cittadini stranieri.
“A livello internazionale abbiamo piena cooperazione”, assicura Hauksson.
Attualmente
alcune condanne sono state già pronunciate. Due ex dirigenti della banca Byr, i
primi a essere giudicati, scontano una pena di quattro anni e mezzo di carcere.
L’ex direttore del gabinetto del ministro delle finanze nel momento della
crisi, Baldur Gudlaugsson, è stato condannato per insider trading a due anni.
Più di recente è stata la volta di Sigurdur Einarsson, ex presidente della
banca Kaupthing, condannato a rimborsare alla banca 500 milioni di corone
islandesi – 3,2 milioni di euro – e al blocco di tutti i suoi beni.
Altri
casi attendono di essere giudicati. Jon Thorsteinn Oddleifsson, l’ex tesoriere
della banca Landsbanki, dovrebbe ben presto conoscere la sua sorte, così come
Làrus Welding, l’ex direttore generale della banca Glitnir.
Imparare dal passato
Il
lavoro di Hauksson suscita aspre critiche nella popolazione. “Sappiamo che
tutti gli occhi sono puntati su di noi e che non possiamo fallire”, sottolinea
il procuratore, ma “accelerare le cose significherebbe compiere degli errori e
nel contesto attuale, con una tale sfiducia da parte degli islandesi nei
confronti delle istituzioni, dobbiamo essere irreprensibili”.
Ma
è difficile essere “irreprensibili” in una società in cui le procedure ai
limiti della legalità sono state per molto tempo la prassi. A maggio due membri
dell’équipe del procuratore hanno venduto delle informazioni riservate per 30
milioni di corone (191mila euro) a un misterioso destinatario. Questi due ex
poliziotti indagavano sul caso Sjovar/Milestone, una compagnia di assicurazione
nella quale la Banca centrale islandese aveva investito prima di cedere di
nuovo le sue quote per una somma minore. Accusati di aver violato la
confidenzialità della loro funzione, i due uomini sono stati sospesi e
costretti a mettersi in pensione.
La
“purga” del sistema finanziario islandese, come piace dire a Hauksson, non sarà
immediata. Anche se conta di finire la sua missione entro il 2015, il
procuratore spera soprattutto che l’Islanda, la cui economia si è
progressivamente ripresa, potrà un giorno “guardare dietro di sé ed essere
orgogliosa di aver saputo far tesoro dell’esperienza del passato”.
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