Pensare Globale e Agire Locale

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venerdì 20 luglio 2012

ITALIA - Riforme: asse Pdl-Lega, Pd e Idv sull'Aventino

Il Centrosinistra ha lasciato l'Aula, ma il centrodestra ha votato.
Giovedì, 19 Luglio 2012 - Bilancio ancora decisamente in rosso per riforme e legge elettorale.
Sul ddl costituzionale, i senatori di Partito democratico e Italia dei valori hanno messo in pratica l’Aventino  minacciato il 18 luglio e hanno abbandonato l'Aula di Palazzo Madama per protestare contro la decisione di Popolo della libertà e Lega di andare comunque avanti con le votazioni su presidenzialismo e Senato federale.
E questo nonostante i senatori Luigi Compagna e Franca Chiaromonte avessero deciso di ritirare l'emendamento della 'discordia': quello che punta a rafforzare l'immunità parlamentare.
FERMATO IL COMITATO RISTRETTO. Il Comitato ristretto, quello che secondo la Conferenza dei capigruppo avrebbe dovuto mettere a punto un testo da proporre all'Assemblea entro 14 giorni, ha fatto sapere di non poter presentare un testo base neanche la settimana del 23 luglio.
«Mercoledì faremo una relazione sulle diverse posizioni, ma per il testo si dovrà ancora attendere», ha detto il relatore Enzo Bianco (Pd).
La Lega, invece, ha presentato un suo progetto di legge che, a detta di Maroni, «è senz'altro il più condivisibile» tra quelli ora sul tavolo perché introduce la preferenze, lo sbarramento tra il 4% e il 6% e il premio di governabilità del 10%: con il 45% si ottiene il 55%.
Ma per ora il coro di critiche è esteso: Pd e Idv lo hanno bollanto come 'il Porcellum 2'.
Mentre Berlusconi, ha assicurato sempre Maroni, ha espresso una qualche apertura, ma nel Pdl, come si sa, le sensibilità sono varie e distanti.
E un sì unanime non sembra così scontato. Così, in attesa che tra Abc si arrivi all'intesa che sblocchi lo stallo «infinito», come lo ha definito l'Idv, si muovono le pedine, ma il gioco non cambia.
LEGA E PDL CONTINUANO. In più, dopo che Pd e Idv sono usciti dall'Aula, mentre il Terzo Polo è rimasto, Lega e Pdl hanno approvato da sole un emendamento di Roberto Calderoli e Sergio Divina che di fatto ha fatto saltare il principio di «unità giuridica o economica della Repubblica» nell'ambito dell'attività legislativa del Parlamento: atto che il vicepresidente dei senatori Pd Luigi Zanda ha definito «politicamente molto grave» e sintomo «della spinta secessionista» che continua ad animare il Carroccio.
Il comma che è saltato dell'art. 7 del ddl è quello che stabilisce come la funzione legislativa debba venire esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando, per «garantire l'unità giuridica o economica della Repubblica», il governo presenti al Parlamento un disegno di legge che, «nel rispetto dei principi di leale collaborazione e di sussidiarietà», intervenga nelle materie attribuite alla potestà legislativa regionale.
Impedendo così al governo di intervenire sulle questioni regionali con un voto che passi da entrambe le Camere.
ATTACCHI INCROCIATI TRA I PARTITI. Intanto tra i partiti continua il 'tutto contro tutti'. Lega e Pdl hanno criticato i Democratici per l'abbandono dell'Aula.
«Noi non abbiamo paura del voto del popolo sovrano», ha detto Maroni a proposito del presidenzialismo. Loro «evidentemente sì».
Bersani ha ribattuto che è «indecoroso» l'atteggiamento di Pdl e Lega e che il testo sulle riforme così come modificato è «una bufala pazzesca».
Vogliono sventolare la bandiera elettorale del presidenzialismo e del Senato federale, ha incalzato Rutelli (Alleanza per l'Italia), ma non si accorgono che ormai «la bandiera è diventata piccola come quella sopra le olive».
Il Pd ha lasciato l'Aula perché «teme di votare il presidenzialismo», ha attaccato il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri.
Non abbiamo paura, gli ha replicato il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro, ma «rispettiamo le istituzioni».
Il «teatrino delle riforme», come lo ha chiamato l'Idv, è slittato così di una settimana. Resta da votare il ddl: dall' articolo 7 al 13.
E c'è una nuova riunione del Comitato ristretto. L'Idv ha fatto sapere che intende tornare in Aula perché la protesta era diretta soprattutto al contingentamento dei tempi «imposto da Schifani», come ha ribadito Pancho Pardi. Mentre per il Pd è suspance: ancora non ha deciso.

Anna Laura Bussa

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