Mircea
Vasilescu 5 luglio 2012 ADEVARUL
Bucarest
Non vi sarà un’altra
dittatura. La situazione è simile al periodo in cui il potere era nelle mani
della destra e si parlava di una “dittatura Băsescu” [presidente della Romania
dal 2004].
I tempi in cui si
comprava il cibo con le tessera di razionamento [sotto Nicolae Ceauşescu] non
torneranno più. Lo stesso discorso vale per l’epoca in cui non si osava dire
quello che si pensava, per paura di essere denunciato al partito e alla
Securitate. Ma la situazione non è comunque delle migliori.
Non vi sarà un’altra
dittatura. Traian Băsescu ha voluto essere un “presidente giocatore” ma ha
giocato male. Ha parlato molto senza dire nulla e ha creato molti conflitti.
Oggi il suo “stile” conflittuale si ritorce contro se stesso. L’Usl [Unione
social-liberale] e il suo governo [diretto da Victor Ponta] hanno avviato
un’offensiva per ottenere le dimissioni del presidente – a quanto pare il loro
unico vero progetto. E per realizzarlo stanno calpestando le regole
democratiche e le istituzioni dello stato di diritto. Possono farlo e quindi lo
fanno.
Se riusciranno a far
dimettere Băsescu [un voto è previsto al parlamento il 6 luglio], cambieranno
molto probabilmente anche la costituzione, che per loro significa esattamente
quello che significava la proprietà privata per Ion Iliescu [ex presidente di
sinistra negli anni Novanta], un “capriccio”. E la cambieranno come vuole Crin
Antonescu [eletto presidente del senato il 3 luglio], eliminando completamente
le prerogative del presidente o passando a una repubblica parlamentare, così da
permettere al futuro presidente Crin Antonescu di dormire tranquillamente a
Cotroceni [il palazzo presidenziale] in un tripudio di autocompiacimento. I
suoi stessi colleghi si rendono conto che sarebbe inopportuno affidargli un
qualche compito ufficiale e meno che mai mandarlo al Consiglio europeo, almeno
fino a quando non sarà in grado di sostenere una conversazione in una lingua
straniera.
Nel frattempo Ponta
non sembra molto interessato alla propria carriera politica, che sembra
rovinare ogni giorno di più. Dopo essere entrato nella storia come il “più
giovane primo ministro” [ha 39 anni] ed essersi fatto fotografare al Consiglio
europeo [vi si è recato il 28 giugno al posto del presidente Băsescu e contro
la volontà di quest’ultimo] sembra avere esaurito tutti i suoi obiettivi
politici. Di fatto non potrà diventare un vero dittatore, perché manca di
carattere autoritario.
L’accusa di plagio
[per la sua tesi di dottorato in diritto] lo accompagnerà per tutta la sua
carriera. Indipendentemente dalla conclusione ufficiale della commissione
etica, Ponta è ormai finito da un punto di vista morale, e nell’Unione europea
la morale in politica ha il suo peso. E Ponta lo sa bene. Di conseguenza
continua a giocare nel paese il suo ruolo di piccolo dittatore di transizione,
spinto a prendere alcune decisioni dal sistema di partiti che è dietro di lui.
The Economist aveva ragione: Ponta finirà nel dimenticatoio o su un binario
morto della politica. E anche questo il primo ministro lo sa bene e di
conseguenza non sarà contento di cedere il suo posto a qualcun altro, che
sappia veramente approfittare del sistema partito-stato autoritario che si sta
costruendo in questo momento.
Nel frattempo però
l’immagine della Romania ha già cominciato a degradarsi sul lungo periodo. Il
rating del paese continua a scendere, il programma di misure economiche decise
con l’Fmi e la Commissione europea si è bloccato, e questo significa la fine
degli aiuti internazionali. Il debito estero è già molto elevato e i nostri
figli dovranno pagarne le conseguenze. È possibile anche che una parte dei
fondi che abbiamo ottenuto (molto pochi visto che siamo incapaci ad attirarne
di più) venga sospesa.
L’ambasciatore
americano ha apertamente espresso la sua preoccupazione: “La stabilità delle
istituzioni dello stato è fondamentale per la Romania e per il suo futuro”. Ben
presto gli investitori cominceranno a ritirarsi e altri rinunceranno a venire
in un paese instabile, dove il governo non risolve i veri problemi ma si ostina
a fare la guerra al presidente. E dove la giustizia è calpestata dal primo
ministro e dalla maggioranza parlamentare.
No, non vi sarà una
dittatura perché c’è un parlamento. Certo l’opposizione parlamentare potrebbe
essere ridotta all’1 per cento, come vorrebbe Antonescu, ma continueremmo ad
avere delle elezioni “democratiche”. Probabilmente sul modello della
Bielorussia o della Serbia di Milosevic. Chi potrebbe opporsi a questa situazione?
In ogni modo la stampa non ha più l’influenza che aveva negli anni Novanta e
potrebbe anche essere imbavagliata da una legge sulla stampa. La società civile
e i cittadini devono risvegliarsi adesso per difendere lo Stato di diritto e la
democrazia. E se ci troveremo di nuovo a dover comprare del cibo con la tessera
di razionamento, allora sarà troppo tardi. (Traduzione
di Andrea De Ritis)
Contrappunto
Un colpo di Stato?
Il 6 luglio il
parlamento rumeno si appresta a votare la sospensione del presidente Traian
Băsescu, una misura che per essere definitiva dovrebbe comunque essere
confermata da un referendum. Un colpo di stato non violento? No, risponde l’editorialista Victor Ciatacu sul Jurnalul Naţional:
La propaganda in
favore di Băsescu sembra sempre più forte e determinata che mai a sostenere che
in Romania si sta assistendo a un colpo di stato. [...] Ma a parte la rapidità,
quale altro elemento in grado di definire un colpo di stato si può ritrovare in
questo caso? Nessuno! Dove in questo pianeta e nelle zone limitrofe si è visto
un colpo di stato parlamentare, dibattuto in commissione e messo ai voti? E
dove la vittima del presunto colpo di stato [il presidente Băsescu] appare in
televisione e minaccia chi avrebbe l’intenzione di usurparlo della sua
funzione? Chissà, forse nella costellazione dei Giganti. [...] Anche se la
costanza non è la caratteristica principale dell'azione politica in Romania,
fare un po’ di attenzione ai dettagli non farebbe male di certo.
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