Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


lunedì 23 luglio 2012

SPAGNA - «Crisi, Madrid non è Atene»

Pampillón: in Spagna i soldi ci sono.
Lunedì, 23 Luglio 2012 - Ha le sembianze di un vicolo cieco, quello in cui sembra essesrsi cacciata la Spagna, dove a misure economiche sempre più radicali - la manovra correttiva appena varata prevede un nuovo taglio alla spesa pubblica di 65 miliardi nei prossimi due anni - corrispondono le crescenti tensioni sociali con una popolazione sempre più stanca e preoccupata.  

Il quadro generale è critico: Il Fondo monetario internazionale ha calcolato che nel 2012 la recessione sarà di -1,5%, ma peggiorerà nel 2013 (con un ulteriore -0,6%), facendo della Spagna l’unica grande economia europea che resterà in recessione anche il prossimo anno.
SITUAZIONE GRAVE, MA NIENTE FALLIMENTO. «Una situazione grave», spiega Rafael Pampillón, economista e direttore del dipartimento di Analisi economica alla IE business school di Madrid, «conseguenza della caduta della domanda provocata dall’alto tasso di disoccupazione, dalle difficoltà di accesso al credito e da una buona dose di incertezza».
Tuttavia Pampillón, che ha studiato a lungo le dinamiche economiche del suo Paese e le relazioni di queste con il sistema europeo, non vuole sentir parlare di «fracaso» (fallimento) e invita a diffidare di chi vede la Spagna sulla via della Grecia: «La strada è lunga, ma usciremo dalla crisi. Però bisogna ripensare il nostro modello economico, a cominciare dalla rivalutazione delle esportazioni».

DOMANDA. La stabilità finanziaria della Spagna non è dunque a rischio?
RISPOSTA. Dobbiamo stare attenti, non c’è dubbio, ma la cosa che più mi preoccupa è l’incertezza: né il governo, né l’opposizione, né i cittadini hanno chiaro il quadro della situazione.
D. Il ministro delle Finanze Cristobal Montoro ha detto che lo Stato non ha più soldi per pagare i servizi pubblici. Non è grave?
R. Per me quelle parole sono state male interpretate. Montoro si stava rivolgendo ai deputati socialisti, in forma colloquiale, nel tentativo di convincerli a votare la manovra correttiva. Era come dire: «Se non agiamo ora, e in modo drastico, resteremo senza soldi».
D. Quindi le casse non sono vuote.
R. Al momento no, la pressione fiscale vicina al 40% garantisce una buona raccolta che serve a evitare pericoli. E l’aumento dell’Iva, dal 1 settembre, sarà un’altra garanzia, almeno nel breve termine.
D. Non si rischia, con tutte queste nuove tasse, di asfissiare l’economia?
R. Il consumo si riduce molto, non solo per le tasse, ma anche per i tagli agli stipendi. La gente non rischia e limita le spese ai beni primari. È una fase acuta di crisi, ma dalla quale, come sempre accade, alla fine si uscirà.
D. Come?
R. Per esempio con le esportazioni, che oggi crescono velocemente e sono l’unico motore della nostra economia. Il lavoro manca, consumi e investimenti crollano, la spesa pubblica va ridotta e l’unica soluzione è l’aumento della domanda esterna.
D. Quali sono le eccellenze della produttività spagnola?
R. Soprattutto i beni strumentali, che rappresentano il 18,9% del totale delle vendite locali all’estero; ma anche i prodotti agroalimentari, che vendiamo a tutti i Paesi del Mediterraneo. Va benissimo anche il mercato dei brevetti, e non dimentichiamo che siamo il terzo Paese europeo per export di automobili.
D. Però le esportazioni non bastano alla ripresa di un Paese, e la Spagna importa molti beni prioritari come l’energia.
R. Questa è una fase di passaggio, poi è chiaro che bisognerà ripensare totalmente il nostro modello economico. L’era del mattone è definitivamente tramontata, bisogna costruire un nuovo modello produttivo basato sulle esportazioni e sulle nuove tecnologie.
D. Il modello che ha in mente potrà assorbire 5 milioni di disoccupati?
R. No, o almeno non subito, è per questo che io dico ai giovani di emigrare. A breve termine non vedo altra soluzione: bisogna andare via, per poi tornare con un nuovo bagaglio di esperienze.
D. E per chi resta?
R. Inventarsi un lavoro o riconvertirsi, anche se dopo una certa età è molto difficile formare milioni di persone che per decenni hanno fatto altro. Comporta tempi lunghi e costi che lo Stato ora non può sostenere.
D. Trova utile la riforma del lavoro approvata a marzo?
R. È una riforma monca. Rendendo più economici i licenziamenti, favorisce le assunzioni e la mobilità dei lavoratori, ma non interviene su contratti atipici e lavoro nero, che sono gli aspetti più critici del nostro sistema.
D. Le forti proteste degli ultimi giorni danno l’idea di un governo con le spalle al muro.
R. Rajoy e i suoi hanno fatto delle scelte radicali, alcune discutibili, ma molte altre necessarie. Pagano un alto prezzo per non essere riusciti a spiegare ai cittadini qual è la posta in gioco di questa durissima operazione.
D. E infatti la gente non ce la fa più e la piazza esplode.
R. Credo che il governo avrebbe ottenuto molto di più se avesse applicato per sé e per i poteri pubblici la stessa drastica politica di tagli cui ha costretto la popolazione. E invece ministri, deputati, consiglieri, sindaci e funzionari sono stati solo sfiorati dalle misure di austerità.
D. Il prestito fino a 100 miliardi approvato dall’Unione europea per il salvataggio del sistema bancario potrebbe essere solo l’inizio, dicono i più pessimisti.
R. È facile che molto presto venga annunciato un nuovo intervento radicale in favore della Spagna, perché non possiamo sopportare a lungo questo tasso d’interesse (7% per i Bonos decennali, ndr) che pesa irrimediabilmente sulle casse spagnole.
D. Il vostro futuro si sta scrivendo più a Bruxelles che a Madrid. Vi sentite al sicuro?
R. Credo che la Spagna abbia un serio problema di relazione politica con la Banca centrale europea. Con uno spread tra i Btp italiani e i Bund che avesse superato i 600 punti, per esempio (com’è successo il 20 luglio in Spagna con i Bonos decennali, ndr) Francoforte sicuramente avrebbe acquistato debito pubblico italiano. Noi non siamo stati in grado di instaurare un buon rapporto con Mario Draghi.
D. Crede che la Bce favorisca l’Italia perché è guidata da un italiano?
R. Non è una cosa così palese, ma non si può negare che quello sia un fatto importante. E poi non c’è mai stata una buona chimica tra Draghi e il governo spagnolo.
D. In che senso?
R. Lui ha proposto un consigliere per la Banca di Spagna e non è stato ascoltato, così come a noi è stato rifiutato un nostro consigliere nella Bce.
D. Perché?
R. La politica non è qualcosa di asettico, né tantomeno di obiettivo, perché è fatta di uomini. Draghi e Mario Monti sono amici, e conoscono i problemi del loro Paese. Se la Bce interviene per il salvataggio della Spagna, non ci sarebbero altri soldi per l’Italia. Dunque l’unico modo per risolvere il problema italiano è che Francoforte compri parte dell’enorme debito pubblico di Roma e così impedisca l’aumento del tasso d’interesse.
D. Crede che questi squilibri all'interno dell'Ue danneggino la Spagna?
R. Certo. Non ha senso che un’impresa in salute, come può essere Telefónica, per il solo fatto di essere spagnola sia costretta a finanziarsi con un tasso d’interesse molto più alto di un’impresa di telecomunicazioni francese o italiana.
D. Nell’incertezza generale, vorreste che vi fossero riconosciuti gli sforzi.
R. E i meriti, anche, per quanto piccoli. Sappiamo di essere in recessione, che lo saremo fino al 2014, ma i sacrifici che si stanno facendo sono sotto gli occhi di tutti. La Spagna non può collassare. Facciamo parte dell’Europa e vogliamo continuare a fidarci dei nostri alleati.

di Marco Todarello

Nessun commento:

Posta un commento