Prima della messa, è
tradizionale il raduno degli ex combattenti della Seconda guerra mondiale. Un
gruppo che si assottiglia sempre più. Fino a due anni fa, partecipava anche un
ex marinaio imbarcato sui Mas, mio suocero. Negli anni passati, talvolta io e i
miei amici abbiamo sorvolato la piazza con i nostri aeroplani, i fumogeni
accesi e puzzo in cabina di olio bruciato.
Questa volta, arrivo
a cerimonia iniziata. Ci sono i gonfaloni di diversi Comuni vicini. Ex alpini.
Ex bersaglieri. Ex carabinieri. Poca gente: il paese ha meno di 400 residenti.
Un gruppetto sparuto di giovani. Una banda di ragazzi volenterosi e seri,
venuti da un qualche paese vicino, è schierata nella piccola piazza.
Ciccarelli Rocco
passerà oggi dalla condizione di disperso in Russia a morto in Russia. Sulla
breve stele che ricorda i caduti nell’ultima guerra verrà inciso il suo nome,
dice il sindaco. Sul palco salgono due nipoti, immagino i figli di uno o più
fratelli o sorelle, che a vederli da qui, dove mi sono fermato, devono essere
oltre la settantina. La donna è piccolina, forse neppure un metro e cinquanta,
veste di nero e inizia un discorso, ma s’interrompe subito. Seguono lacrime
silenziose. Un timido, e quasi altrettanto silenzioso applauso, viene dai
presenti.
Il nipote legge
qualche parola. Un mazzo di fiori viene consegnato alla donna. Il sindaco legge
una poesia di un soldato italiano morto in Russia, che comincia con le parole
“Io rimango qui, nel gelo” e finisce con “la primavera tornerà”. C’è il saluto
del presidente della Provincia, portato da un consigliere, che ricorda senza
troppa originalità, ma con molta retorica, del come i giovani di oggi abbiano
smarrito i “valori”, forse aiutati in questo “da noi genitori”.
E poi di nuovo il
sindaco, che deve essere un parente di Ciccarelli Rocco. Ha scovato una vecchia
foto, l’unica che rimane di quel giovane di 22 anni morto chissà come, chissà
dove, pensando chissà cosa, soffrendo chissà quanto. Una vecchia foto
brunastra, la cui riproduzione dona alla nipote.
Poi tutti si dirigono
al monumento dei caduti. Sento suonare Il
Silenzio. Seguono le note della Canzone
del Piave. La piccola folla si disperde, c’è la messa e la
processione che attende tutti. Qualcuno è commosso.
Dalla piazzetta del
monumento ai caduti si gode una splendida visione della piana sottostante. Vedo
il Sacco: inquinato così scientificamente per bene che c’è il divieto di
coltivare i campi che distano meno di 150 metri dalle sue rive. E’
accompagnato, tale divieto, dalla proibizione assoluta di utilizzarne l’acqua
per irrigazione. Scorgo un Eurostar che sfreccia sulla Tav Roma-Napoli, il cui
costo medio è stato di sei volte virgola due il costo medio di una pari
costruzione in Francia o Spagna. Tra l’altro, si è riusciti nell’impresa di
impiegare una quindicina d’anni a completarla (190 Km appena). Più un là ci
sono le fabbriche aperte con finanziamenti pubblici, quando si pretendeva, come
oggi, di industrializzare il Mezzogiorno. Sono quasi tutte chiuse, gli operai
in Cig, da una vita ritornati ai campi, ed i capitali fuggiti, da una vita,
insieme alla proprietà.
Per la verità, una di
queste fabbriche funziona ancora. E’ una fonderia che ha accumulato sul
piazzale molte decine di migliaia di metri cubi di terre da fonderia usate,
invece di smaltirle secondo la legge. Metalli pesanti che colano nel terreno da
sempre, e che da sempre finiscono nel fiume, distante trenta metri.
Ciccarelli Rocco, se
fosse vivo, oggi avrebbe 90 anni. Domani uno scalpellino inciderà sul
travertino della stele il suo nome. Poi passerà una vernice nera sulle lettere.
Il passato lo ha restituito ai suoi e a noi pochi, in una giornata torrida di
inizio settembre: un barlume di memoria pervenuto da un’età remota. Altri
tempi, altri uomini, altra cultura. Altra Storia. Domani, tornerà di nuovo
disperso, nell’oblio perenne di una nazione che alla memoria del proprio
passato non è mai stata e mai sarà interessata, perché non sa cosa farsene.
Mario Giardini
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