Pensare Globale e Agire Locale

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domenica 8 luglio 2012

ITALIA: Ciccarelli Rocco, disperso in Russia.

Alla fine, nonostante molte domande, rimangono ignoti una quantità di dettagli. Nessuno dei presenti conosce per davvero tutta la storia. Ma qualche anno fa, da qualche parte della steppa russa, è stata ritrovata una fossa comune risalente alla Seconda guerra mondiale. C’era, dentro, quel che rimaneva di un numero imprecisato di soldati dell’Asse. Si è ritrovata la piastrina di un militare italiano. Un numero di matricola. E un nome, Ciccarelli Rocco, classe 1921, disperso dal 1943. Domenica 4 settembre nel suo paese di origine, Falvaterra (Fr), si festeggiava il Santo protettore, Sozio.
Prima della messa, è tradizionale il raduno degli ex combattenti della Seconda guerra mondiale. Un gruppo che si assottiglia sempre più. Fino a due anni fa, partecipava anche un ex marinaio imbarcato sui Mas, mio suocero. Negli anni passati, talvolta io e i miei amici abbiamo sorvolato la piazza con i nostri aeroplani, i fumogeni accesi e puzzo in cabina di olio bruciato.

Questa volta, arrivo a cerimonia iniziata. Ci sono i gonfaloni di diversi Comuni vicini. Ex alpini. Ex bersaglieri. Ex carabinieri. Poca gente: il paese ha meno di 400 residenti. Un gruppetto sparuto di giovani. Una banda di ragazzi volenterosi e seri, venuti da un qualche paese vicino, è schierata nella piccola piazza.

Ciccarelli Rocco passerà oggi dalla condizione di disperso in Russia a morto in Russia. Sulla breve stele che ricorda i caduti nell’ultima guerra verrà inciso il suo nome, dice il sindaco. Sul palco salgono due nipoti, immagino i figli di uno o più fratelli o sorelle, che a vederli da qui, dove mi sono fermato, devono essere oltre la settantina. La donna è piccolina, forse neppure un metro e cinquanta, veste di nero e inizia un discorso, ma s’interrompe subito. Seguono lacrime silenziose. Un timido, e quasi altrettanto silenzioso applauso, viene dai presenti.

Il nipote legge qualche parola. Un mazzo di fiori viene consegnato alla donna. Il sindaco legge una poesia di un soldato italiano morto in Russia, che comincia con le parole “Io rimango qui, nel gelo” e finisce con “la primavera tornerà”. C’è il saluto del presidente della Provincia, portato da un consigliere, che ricorda senza troppa originalità, ma con molta retorica, del come i giovani di oggi abbiano smarrito i “valori”, forse aiutati in questo “da noi genitori”.

E poi di nuovo il sindaco, che deve essere un parente di Ciccarelli Rocco. Ha scovato una vecchia foto, l’unica che rimane di quel giovane di 22 anni morto chissà come, chissà dove, pensando chissà cosa, soffrendo chissà quanto. Una vecchia foto brunastra, la cui riproduzione dona alla nipote.

Poi tutti si dirigono al monumento dei caduti. Sento suonare Il Silenzio. Seguono le note della Canzone del Piave. La piccola folla si disperde, c’è la messa e la processione che attende tutti. Qualcuno è commosso.

Dalla piazzetta del monumento ai caduti si gode una splendida visione della piana sottostante. Vedo il Sacco: inquinato così scientificamente per bene che c’è il divieto di coltivare i campi che distano meno di 150 metri dalle sue rive. E’ accompagnato, tale divieto, dalla proibizione assoluta di utilizzarne l’acqua per irrigazione. Scorgo un Eurostar che sfreccia sulla Tav Roma-Napoli, il cui costo medio è stato di sei volte virgola due il costo medio di una pari costruzione in Francia o Spagna. Tra l’altro, si è riusciti nell’impresa di impiegare una quindicina d’anni a completarla (190 Km appena). Più un là ci sono le fabbriche aperte con finanziamenti pubblici, quando si pretendeva, come oggi, di industrializzare il Mezzogiorno. Sono quasi tutte chiuse, gli operai in Cig, da una vita ritornati ai campi, ed i capitali fuggiti, da una vita, insieme alla proprietà.

Per la verità, una di queste fabbriche funziona ancora. E’ una fonderia che ha accumulato sul piazzale molte decine di migliaia di metri cubi di terre da fonderia usate, invece di smaltirle secondo la legge. Metalli pesanti che colano nel terreno da sempre, e che da sempre finiscono nel fiume, distante trenta metri.

Ciccarelli Rocco, se fosse vivo, oggi avrebbe 90 anni. Domani uno scalpellino inciderà sul travertino della stele il suo nome. Poi passerà una vernice nera sulle lettere. Il passato lo ha restituito ai suoi e a noi pochi, in una giornata torrida di inizio settembre: un barlume di memoria pervenuto da un’età remota. Altri tempi, altri uomini, altra cultura. Altra Storia. Domani, tornerà di nuovo disperso, nell’oblio perenne di una nazione che alla memoria del proprio passato non è mai stata e mai sarà interessata, perché non sa cosa farsene.

Mario Giardini

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