Pensare Globale e Agire Locale

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lunedì 16 luglio 2012

ITALIA – Assemblea nazionale del PD

Gay e primarie, alta tensione nel Pd
Bersani: «Basta con le nostre beghe».

Sabato, 14 Luglio 2012 - Finale con rissa all’assemblea del Partito democratico, il 14 luglio all’Eur di Roma.. A scatenare la tensione non solo le primarie, ma anche i diritti per i gay.
Incredibile che, in un partito progressista a vocazione europea, non si riesca a trovare accordo su una visione univoca, che guardi davvero avanti, sul tema dei diritti per gli omosessuali.
Eppure tant'è, arrivati a discutere documenti e ordini del giorno sul riconoscimento di coppie omosessuali e matrimoni civili, tutte le divergenze sono venute al pettine.
I testi all'analisi erano due: il primo, del Comitato per i diritti, è passato con 38 voti contrari. Il secondo, che conteneva un'esplicita apertura alle nozze gay, non è stato neanche messo in votazione dalla presidente Rosy Bindi. Ed è esplosa la bagarre.
FUSCO: «FINI PIÙ AVANTI DI NOI». A votare no al documento di compromesso sono stati, tra gli altri, Ignazio Marino, Ivan Scalfarotto, Sandro Gozi e Paola Concia, firmatari della seconda proposta. «È passato un testo antico, arcaico, offensivo della dignità delle persone. È vergognoso», ha chiosato l'esponente del Pd e attivista gay barese Enrico Fusco, «persino Fini è più avanti di noi».
Il gruppo aveva chiesto di inserire, nel programma elettorale per le primarie, l'estensione dell'istituto del matrimonio civile, con «piena equiparazione giuridica tra coppie omosessuali e coppie eterosessuali» e «pari riconoscimento dei diritti e dei doveri», sul modello della Francia di François Hollande.
BERSANI: «BASTA BEGHE INTERNE». Il parapiglia è poi continuato anche su un altro ordine del giorno di Gozi, in contrasto con i documenti già approvati, su data e regole per le primarie aperte.
Pier Luigi Bersani ha richiamato tutti all'ordine, precisando che «sulle unioni gay, il Pd per la prima volta ha assunto un impegno a una regolamentazione giuridica».
Poi, scoperchiando un vaso di Pandora, il segretario del Pd ha ammonito: «Attenzione. Siamo il primo partito del Paese, dobbiamo dire con precisione all'Italia che cosa vogliamo, il Paese non è fatto delle nostre beghe».
Bersani: «Ricreare la fiducia con la base».

Pensare che la mattina, l'assemblea si era aperta in un clima disteso e conviviale.
Il monologo di Bersani contro il ritorno di Silvio Berlusconi come sempre aveva messo tutti d'accordo. Persino il rottamatore Matteo Renzi, pur con qualche frecciata, guardava ottimista al «bicchiere mezzo pieno».
“Nei prossimi mesi dovremo risvegliare in Italia una ragionevole fiducia. Quale risparmiatore, infatti, dovrebbe mai credere nell'Italia davanti a liste di fantasia, partiti per procura, leadership invisibili senza controllo o agghiaccianti ritorni?”, aveva attaccato Bersani,  scaldando la platea.
«L'INCENDIARIO NON SI LAMENTI». L'affondo era poi continuato con una metafora in difesa del premier Mario Monti: «Il pompiere può anche fare degli errori, ma non ha appiccato il fuoco. Sarebbe curioso che colui che ha appiccato il fuoco si permettesse ora di fare le pulci al pompiere».
Bersani aveva anche precisato che il Pd è «leale» con il governo del Professore, che «sta facendo uno sforzo enorme per tenerci fuori dal precipizio», ma «appoggiamo il governo tecnico con la nostra identità e la nostra personalità».
«NO AL CONGRESSO DI PARTITO». Per il dopo-Monti, il leader del Pd ha aggiunto che «con noi, l'Italia potrà contare su stabilità e coesione». «Dire che ci tocca non è una pretesa, ma un'assunzione di responsabilità. Dobbiamo investire la nostra forza nel governare questa lunga crisi, migliorando il rapporto tra politica e società. È evidente che, con un generale discredito della politica, sarebbe impossibile farlo», ha commentato Bersani.
Le primarie, comunque, «non saranno il congresso del Pd». «Si parlerà d'Italia e di governo del Paese. Siamo per una composizione del governo snella, rinnovata, competente e credibile internazionalmente», ha detto Bersani, ammiccando a sfidanti interni per la premiership come Renzi.

Correggere la spending review e affossare il Porcellum: gli obiettivi del Pd


Stavolta il sindaco di Firenze non era in vena di critiche. «Il segretario ha dato una cornice condivisibile, dicendo cose sacrosante, come il fatto che non siamo il partito delle tasse», ha dichiarato Renzi. Che ha però avvisato Pdl e vecchia guardia del Pd: «I nostri giovani non faranno la fine di Alfano».
Nel suo lungo intervento, Bersani ha anche accennato alla legge elettorale.  

IL PD PER IL BIPOLARISMO. La riforma è stata «intralciata dalla beffa costituzionale di Pdl e Lega. Ma noi non ci arrendiamo al Porcellum», ha dichiarato il segretario. Il Pd è disponibile al compromesso, ma, ha precisato Bersani, «non rinuncia a un credibile premio di governabilità per chi arriva primo, sia nelle liste singole sia in quelle collegate».
«L'Italia», ha rilanciato Bersani, «ha il diritto di costruire un bipolarismo saldamente costituzionale, temperato, flessibile, che metta a confronto progetti alternativi per il Paese. Con le prossime elezioni, o ci sarà una scelta tra progetti alternativi, o l'alternativa si rischia di farla tra populismi e resto del mondo».
VERSO UNA COSTITUENTE EUROPEA. Il leader del Pd si è infine soffermato sulla spending review del governo, con «contenuti che condividiamo. Altri però sono da correggere, per non aggravare una situazione già deteriorata su servizi, sanità e cultura», è stato il distinguo di Bersani.
Che ha rivolto un appello ai progressisti europei e italiani che per unirsi in una grande «Costituente europea». Bagarre a parte, la relazione di Bersani è stata approvata dall'Assemblea con cinque astenuti e un voto contrario, dall'ala vicina a Giuseppe Civati.

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