Carissimi compagni e carissime compagne,
l'occasione che viene proposta dal gruppo di
Volpedo e dai circoli socialisti che hanno organizzato questa giornata di
studi, è quantomai preziosa. Difficilmente, senza il vostro impegno, a partire
da quello instancabile di Felice Besostri che mi ha così cortesemente invitato,
avremmo potuto avere una sede collettiva di discussione su una data tanto
gravida di conseguenze come quella della fondazione del 120˚ anniversario della
fondazione del Partito dei lavoratori, che poi diede origine al Psi. Una
discussione che, vista la qualificazione delle presenze sia nazionali che
internazionali, ragiona in maniera non scontata sull'evoluzione di un pensiero
e di una pratica politica ancora valida per i giorni nostri, non lasciando a
sterili commemorazioni il compito di “imbalsamare” la storia, rendendola
infeconda.
La riflessione sulle comuni origini della
sinistra europea, sulle sue divisioni, debbono farci prendere parte nella
elaborazione di un pensiero politico all'altezza delle sfide proposte
dall'attuale fase politica e sociale nel nostro paese ed in Europa.
Siamo all'indomani di un vertice europeo che
veniva atteso con speranze eccessive e che, sul piano delle risposte da dare a
questa crisi, non costituisce la necessaria discontinuità rispetto alla
disastrosa situazione economica e politica attuale. Ritengo insensate le
politiche che hanno puntato sull'imposizione di un rigore di bilancio che ha
generato l'austerity, con un aumento della pressione fiscale e un taglio
consistente della spesa sociale. Per questo mi sto impegnando, tanto in Italia
quanto in Europa, per far sentire la voce di quei cittadini che sono stritolati
dai meccanismi creati al solo scopo di garantire le attuali rendite di
posizione dei mercati finanziari. L'Europa è in crisi innanzitutto poiché non
ha affrontato la crisi attuale dal punto di vista di chi stava subendo gli
effetti della crisi stessa, ma adottando le priorità di chi quella crisi
l'aveva generata. Penso che la crisi dell'Europa, del suo progetto originario e
delle speranze che aveva acceso in tanti cittadini europei, va a braccetto con
quella della sinistra.
Ci sono tre domande alle quali, ritengo,
dobbiamo saper rispondere collettivamente.
“La casa brucia” si ripete da molti mesi e
così appare una crisi finanziaria ed economica nel nostro paese. Noi, che siamo
stati educati a fronteggiare le fiamme per salvare chi abita dentro la casa,
pensiamo davvero che per spegnere l'incendio si debba seppellire di sabbia ogni
cosa? Siamo sicuri che per spegnere l'incendio, attraverso l'austerity, in
realtà non stiamo soffocando l'intero sistema paese, portando le politiche
deflattive ad avere degli effetti recessivi se non depressivi? Penso che
risalire alle origini di questa crisi, che è una crisi generata non da una
“finanza impazzita”, ma da una finanza utilizzata per generare il massimo grado
di disuguaglianza sociale, sia fondamentale per fare le scelte necessarie. Se
la casa brucia, non si può avere il solo debito sovrano, che va ridotto, come
variabile indipendente. Va piuttosto rilanciata l'economia e l'occupazione, ambientalmente
sostenibile, per far crescere la ricchezza prodotta. Ma vanno anche prese
misure immediate per tagliare le unghie alla speculazione finanziaria.
La seconda domanda riguarda la questione che è
alla base dei sistemi di convivenza umana: chi decide? Qual è il ruolo della
democrazia nel fronteggiare la crisi? Alcuni segnali, dalla cancellazione del
referendum che avrebbe voluto fare Papandreu all'imposizione di un governo
tecnico in Italia, fanno sempre più pensare che la gestione della crisi sia tendenzialmente
a democratica. Basti pensare alla silenziosa modifica dell'articolo 81 della
nostra Costituzione, introducendo il pareggio di bilancio, che determinerà le
scelte fondamentali di politica economica del nostro paese. Siamo in un regime
di cessione di sovranità “inconsapevole”, ovvero non controllabile dai
cittadini. Penso che l'unica strada per non alimentare le pulsioni nazionaliste
ed antieuropeiste, che pure stanno crescendo, sia quello di rilanciare il
processo di costruzione degli Stati Uniti d'Europa. Si tratta di un impegno che
non può essere preso genericamente, ma esso deve essere preceduto dalle scelte
che, fin dalla prossima tornata delle elezioni europee, possano far eleggere
direttamente il Presidente della Commissione ed che possano introdurre
strumenti adeguati per dare un governo politico europeo che sappia guidare le
politiche fiscali ed economiche per armonizzarle, a partire dal ruolo nuovo che
dovrà assumere la Bce. Si tratterebbe di una cessione di sovranità
“consapevole”, affidata al consenso ed alla partecipazione dei cittadini.
La terza domanda mette in campo noi. Quale
sinistra di fronte alla crisi? È evidente che il cimento dei padri fondatori di
120 anni fa rende tutti noi nani sulle spalle di giganti. Eppure, il nostro
posto nella storia non dovrà essere quello di chi abbia abbandonato ogni
ambizione di cambiamento reale dell'esistente. La sinistra in Europa, in primo
luogo, deve essere pienamente libera dai condizionamenti, dalle divisioni, dai
nazionalismi e dagli egoismi. Siamo di fronte alla nostra sfida più impegnativa
e per affrontarla abbiamo bisogno dell'impegno di ciascuno a lavorare insieme,
non a misurare il proprio grado di consenso per tutelare solo se stessi.
Il campo socialista europeo è per noi il principale
riferimento sulla scena politica continentale.Vogliamo contribuire ad un
dibattito che ha il compito di mettere radicalmente in discussione ciò che è
stato il quindicennio disastroso della terza via blairista. Ipnotizzate
dall'ambizione di governo le classi dirigenti che hanno diretto la maggior
parte dei governi negli anni '90 hanno aperto la strada alla riscossa delle
destre e alla disastrosa crisi attuale. Va riscoperte l'orgoglio di dirsi
socialista, ambientalista, libertario e non liberista. Va fatto con una
passione civile e politica che non sopporta il piccolo cabotaggio e che mette
al centro la dimensione europea, sempre più necessaria. Se un tempo era il
movimento operaio ad essere internazionale ed il capitale ad essere nazionale
(o peggio patriottico), oggi sono le forze che rappresentano il lavoro (tanto
partitiche che sindacali) che sono strette nella ridotta nazionale, mentre il
capitale è globalizzato. Solo la sinistra, per la sua storia e per la fedeltà
ai propri principi, dunque, può far rinascere una dimensione europeista e di
sinistra.
Sta a noi raccogliere la sfida!
Evviva il socialismo! Evviva la libertà!
Genova, 30 giugno 2012
Nichi Vendola
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