Enric Juliana 2 luglio 2012 LA VANGUARDIA Barcellona
La settimana scorsa abbiamo
utilizzato lo splendido episodio della battaglia di Waterloo contenuto ne La
Certosa di Parma, secondo grande romanzo di Standhal, per descrivere una
sensazione sempre più diffusa nella vertiginosa spirale della crisi: ci
sentiamo immersi in un caos terrificante e per quanto analizziamo le opinioni
degli specialisti non riusciamo ad afferrare il senso di ciò che accade davanti
ai nostri occhi. Non abbiamo un canale di comunicazione diretto con lo stato
maggiore e in fondo abbiamo il sospetto che nemmeno i vertici abbiano una
visione chiara della situazione. Un caos digitalizzato, insomma. Siamo tutti
Fabrizio del Dongo, il giovane italiano che partecipa alla battaglia di
Waterloo senza sapere che sta andando a Waterloo.
Questa settimana si annuncia invece
più luminosa. Le notizie
arrivate venerdì da Bruxelles hanno in parte diradato la nebbia che
avvolgeva l’Europa dopo le drammatiche elezioni greche (che tra l’altro abbiamo
già dimenticato, perché la memoria mediatica è come quella dei rettili). Italia
e Spagna si sono messe di traverso ai piani tedeschi e hanno forzato l’adozione
di tre misure chiave, che in linea di principio potrebbero alleviare il
calvario della loro popolazione. I due paesi hanno stretto un’inedita alleanza
dell’ultim’ora per evitare una umiliazione dalle conseguenze gravissime per la
loro politica interna. In sostanza hanno scoperto che insieme possono avere un
peso in Europa.
Un ulteriore declassamento del
debito pubblico avrebbe spinto il governo di Mario Monti verso un amaro
fallimento (c’è chi sostiene che il primo ministro italiano abbia addirittura
minacciato di dimettersi durante il vertice di Bruxelles), rafforzando lo
scenario di elezioni anticipate in autunno. Nonostante l’elegante facciata
messa in piedi da Monti e dai suoi ministri tecnici, in Italia il momento è
delicatissimo. Il sistema politico si sta disintegrando: il centrodestra deve
reinventarsi dopo la debacle berlusconiana; il centrosinistra (Partito
democratico) è in testa nei sondaggi ma gli mancano coerenza e slancio; il
comico Beppe Grillo, fondatore di un movimento antipolitico chiamato Cinque
stelle, raggiunge il 20 per cento in alcuni sondaggi; Berlusconi – molto
interessato dal fenomeno Grillo – ha tirato fuori dalla cantina la bandiera del
ritorno alla lira; il Vaticano, infine, non attraversa uno dei suoi momenti
migliori e non è in grado di triangolare alleanze in mezzo a questa tormenta
barocca dove l’unica figura di riferimento è quella del presidente della
repubblica Giorgio Napolitano.
I servizi segreti federali tedeschi,
controllati direttamente dalla cancelleria, avranno sicuramente informato
Angela Merkel dei rischi legati al caos politico italiano. Aggiungiamoci i
calcoli sui costi reali di un eventuale scioglimento dell’euro ed ecco che
possiamo capire come mai venerdì mattina a Bruxelles la cancelliera avesse
un’espressione così rabbuiata. Merkel ha tirato la corda, ma alla fine ha
dovuto cedere quando si è ritrovata davanti all’abisso.
“Ci siamo allontanati dall’orlo del
precipizio ma il cratere si sta allargando e ci sta rincorrendo”. Questa frase
pronunciata da Mario Monti venti giorni fa, alla vigilia delle cruciali
elezioni in Grecia, ci offre una chiave per interpretare ciò che sta accadendo
a Bruxelles. Cos’è che ha allargato il cratere? Di sicuro un impatto di rilievo
lo hanno avuto i problemi legati alla capitalizzazione della banca spagnola
Bankia.
Il sospetto generalizzato – e non
ancora fugato – è che la situazione spagnola sia molto peggiore di quanto non
abbiano ammesso i due governi che hanno guidato il paese negli ultimi sette
mesi. Ne sono convinti in molti, soprattutto in determinati circuiti della City
di Londra. A differenza dell’Italia, però, la Spagna non ha problemi di
instabilità parlamentare. L’attuale governo può contare su una maggioranza
assoluta di 186 seggi e su un mandato solido per i prossimi 4 anni che
rappresenta il vantaggio principale di Mariano Rajoy.
Il premier spagnolo non ha una
posizione precaria come quella di Monti, ma un intervento formale di Ue e Fmi
nell’economia del paese potrebbe esercitare una fortissima erosione [politica]
sul suo governo. A Bruxelles Monti si giocava la sopravvivenza, Rajoy invece le
sue prospettive. L’alleanza tra i due, insomma, era l’unica soluzione. Nelle 48
ore che hanno preceduto il vertice di Bruxelles, Monti e Rajoy si sono parlati
per ben tre volte.
Westfalia
2.0
Restano da definire i dettagli.
Delle tre misure stabilite a Bruxelles, la più tangibile riguarda
l’annullamento della priorità concessa ai creditori e la conseguente
penalizzazione per chi ha investito nel debito pubblico spagnolo. Teoricamente
è stato tagliato il filo rosso che collegava il timer del prestito con la
carica esplosiva dello spread. Diversamente dal primo, gli altri due
provvedimenti richiederanno più tempo prima di dare i loro frutti. La
ricapitalizzazione del sistema bancario senza impatto sul debito pubblico
dipende dalla rapidità con cui la Banca centrale europea assumerà il ruolo di
supervisore del sistema bancario dell’Unione.
Si tratta di un grande cambiamento:
Francoforte controllerà in sostanza l’intero sistema bancario europeo (Regno
Unito escluso, naturalmente). Questa monumentale cessione di sovranità, come
prevedibile, sta scatenando il terrore a Londra. Il terzo provvedimento,
l’acquisto di titoli di debito da parte dei fondi di salvataggio europei, sarà
regolata da alcuni memorandum. Non ci saranno uomini in nero a curiosare nei
ministeri di Madrid e Roma, ma verranno comunque stabilite clausole di
controllo, che la Germania e i suoi alleati utilizzeranno come risarcimento del
colpo di scena di Bruxelles. A tal proposito bisogna tenere presente che tra un
anno in Germania si terranno le elezioni politiche.
Gli avvenimenti dell’ultima
settimana rendono un po’ meno confusa la Waterloo di Standhal. Questa maggiore
chiarezza ci riporta a un altro fatto storico precedente alla battaglia che
sancì la fine di Napoleone, ma non meno significativo. Si tratta della Pace di
Westfalia (1648), i cui trattati scardinarono lentamente il vecchio scenario
imperiale europeo costruito attorno a Roma: il mosaico tedesco del Sacro romano
impero, il Papa e il potente (ma indebitato) impero coloniale spagnolo. La Pace
di Westfalia aprì le porte alla nuova sovranità nazionale, incarnata dalla
Francia del cardinale Mazarino, e segnò la nascita dell’Europa degli stati
nazione, rafforzata dalla Rivoluzione francese.
Forse siamo tornati alla Pace di
Westfalia senza renderci conto di essere in Westfalia. Le pale del mulino della
sovranità nazionale hanno cominciato a girare al contrario e oggi per salvare
l’euro bisogna cedere competenze al centro imperiale. È in atto una sorta di
Westfalia 2.0, insomma, e gli spagnoli e gli italiani non potranno far altro
che accettarlo. L’interrogativo principale a questo punto riguarda la Francia,
quintessenza dello stato nazionale. Il fantasma del cardinale Mazarino presto
farà muovere i mobili nelle stanze dell’Eliseo. Senza dimenticare che la Pace
di Westfalia avviò un processo che durò oltre trent’anni.
Nessun commento:
Posta un commento