Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


lunedì 10 settembre 2012

SANTIAGO DEL CHILE: 11 SETTEMBRE

11 settembre: mi ricordo gli aerei che si precipitavano contro un palazzo, gli scoppi, le fiamme, la gente coperta di polvere bianca e di caliggine nera che scappava per le strade, mi ricordo la rabbia che provavo nel vedere quelle scene trasmesse con ritardo dalle TV, e il dolore dell’impotenza verso tanta vigliaccheria. Mi ricordo l’11 settembre a Santiago del Chile in quel non così lontano 1973.

 Sono passati 39 anni dal colpo di Stato che ha deposto il governo legittimo di Salvador Allende ed il ricordo di questa infamia che ha drammaticamente segnato la vita non solo dei cileni, ma di tutto il continente, fatica a trovare spazio sui mezzi di informazione, saturati dalle foto e dai ricordi di un altro drammatico episodio, quello dell’attentato alle Torri Gemelle di New York.

Quello di Santiago del Cile fu un  11 settembre ben più grave nel numero di vittime fra morti,torturati,esliati ed un intero popolo per quasi ventanni sotto il tallone della dittatura, e ciò accadde non per colpa di un gruppo terrorista ma per la deteminante partecipazione dei"democratici Stati Uniti"

Quell’11 settembre, sotto le bombe dei cacciabombardieri di fabbricazione inglese Hawker Hunter e sotto i missili americani Sidewinder sganciati sulla Moneda ( il palazzo presidenziale) non finì solo il governo operaio e contadino di Unità Popular del Cile , ma nacque anche la stagione dei golpe , dei dittatori in tutta l’America Latina: Argentina, Brasile, Venezuela e così via .

Martedì 11 settembre 1973 a Santiago del Cile, i corpi speciali dell'esercito cileno, comandati dal generale Augusto Pinochet, destituirono con la forza il governo democraticamente eletto di Unidad popular, uccidendo migliaia di militanti del movimento operaio, tra cui il presidente Salvador Allende. E' l'inizio di 17 anni di dittatura militare. 17 anni di terrore in cui uccisioni di massa, torture e deportazioni saranno all'ordine del giorno.

Martedì 11 settembre 1973 a Santiago del Cile i carri armati e l'aviazione attaccano il palazzo presidenziale della Moneda, in cui è asserragliato Allende. Il presidente prova inutilmente a collegarsi con Pinochet, senza sapere che il generale è a capo dei golpisti. Gli viene data la possibilità di arrendersi, ma rifiuta. Alla fine, vistosi perduto, si uccide con un colpo di pistola.

Prima di morire Allende pronuncia, tramite i microfoni di Radio Magallanes, il suo ultimo discorso dal Palazzo della Moneda:

"Certamente Radio Magallanes sarà messa a tacere e il timbro tranquillo della mia voce non vi giungerà. Non importa. Continuerete a sentirlo. Sarà sempre accanto a voi. Almeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno, che fu leale alla lealtà dei lavoratori...
Hanno la forza, potranno soggiogarvi, ma non si arrestano i processi sociali né col delitto né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli...
Lavoratori della mia terra: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Resistete sapendo che presto si apriranno le grandi strade da cui passerà l'uomo libero per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!"

(Salvador Allende - martedì 11 settembre 1973 - ultimo discorso dal Palazzo della Moneda)

Santiago Del Chile 11 settembre 1973: il golpe di Richard Nixon

Quando il golpe di Augusto Pinochet, in quell’11 settembre dimenticato, in Cile uccise Salvador Allende e la democrazia, si realizzò la desiderata di Richard Nixon, presidente USA che nel settembre del 1970 sbottò con  “Liberiamo il Cile da quel figlio di puttana!” appena Allende fu eletto presidente della repubblica, seguito a ruota dal premio Nobel per la pace Henry Kissinger: “Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell’irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli.”  E misero in ballo 10 milioni di dollari dei cittadini statunitensi per raggiungere il loro scopo
Pietro Nenni temeva il putsch militare già nell’ottobre del 1970. Accadde 3 anni dopo

Pietro Nenni fu preveggente. Nel suo diario, alla data 27 ottobre 1970, parlava del Cile e di Salvador Allende Gossens, eletto presidente della Repubblica il 5 settembre, poco più di un mese prima. “Il Partito socialista cileno e il neoeletto presidente della Repubblica Salvador Allende -scriveva- mi hanno invitato a partecipare l’1 novembre a Santiago alla cerimonia della investitura del neopresidente”.
Il leader storico del Psi era preoccupato e già vedeva foschi presagi all’orizzonte. “La miseria -notava- è tanta che si è temuto e di teme un golpe”.
E il colpo di Stato arrivò tre anni dopo, confermando l’allarme di Nenni. Avvenne l’11 settembre del 1973..

Il golpe in Cile fu realizzato dalle forze armate guidate dal generale Augusto Pinochet Duarte, fu sostenuto dalla destra reazionaria e appoggiato dagli Stati Uniti d’America.
Richard Nixon dichiarò subito guerra ad Allende. Il presidente Usa tenne una riunione di fuoco già il 15 settembre 1970 alla Casa Bianca con i suoi più stretti collaboratori e con Richard Helms, allora direttore della Cia. “Una possibilità su dieci -raccontò successivamente Helms- ma liberiamo il Cile da quel figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno -aggiunse Nixon- per i nostri agenti migliori. Una strategia: strozzare l’economia; 48 ore per pianificare l’azione”. Li incitò: “Fate tutto il necessario per danneggiarlo e farlo cadere”. Frasi confermate da successive commissioni d’inchiesta statunitensi, una disposta da Bill Cliton, successore di Nixon alla Casa Bianca.

Da quel momento per il governo Allende cominciarono tre anni d’inferno, fino al sanguinoso pronunciamento militare dell’11 settembre 1973. Allende, marxista, sostenuto da una coalizione di socialisti, comunisti, radicali e cattolici di sinistra, era stato eletto con appena il 36,3% dei voti.
Aveva un programma ambizioso di “socialismo nella libertà”. Il programma di riforme era vasto e incisivo: la nazionalizzazione delle banche, la riforma agraria, l’espropriazione del capitale straniero proprietario delle miniere, in particolare quelle di rame, le più grandi del mondo. Il primo presidente socialista del Cile voleva nazionalizzare il rame (“Riprendiamoci le nostre miniere”), sino a quel momento controllato dalle multinazionali statunitensi (in particolare la Kennecotte e l’Anaconda).

Gli americani avevano un doppio problema: uno politico e uno economico. Non volevano la perdita di “una colonia” in America latina e difesero gli interessi delle multinazionali statunitensi. Così strozzarono l’economia, provocando un crollo dei prezzi del rame, il taglio dei crediti da parte del Fondo monetario internazionale e la fuga dei capitali dal paese sud americano. Finanziarono la destra, la stampa conservatrice e gli scioperi contro il governo Allende, in particolare quello degli autotrasportatori, che paralizzò il paese (il Cile è uno stato lungo oltre 4 mila chilometri e largo al massimo 200). Alla vigilia del colpo di Stato di Pinochet il paese era piegato dalla crisi economica, dall’inflazione e dagli attacchi mortali dei terroristi di destra e di sinistra.

L’11 settembre 1973, 36 anni fa, scattò il putsch. Allende provò a mettersi in contatto con Pinochet. Il capo di stato maggiore della difesa al quale aveva dato piena fiducia non risposte. Il presidente commentò: “Avranno già arrestato Augusto”. Invece il generale Pinochet aveva tradito il giuramento di fedeltà alla Costituzione e al governo ed era alla testa del golpe. Allende si trincerò con un gruppo di fedelissimi della polizia nel palazzo presidenziale della Moneda. La Moneda fu circondata dall’esercito e dai carri armati. Allende rifiutò di arrendersi. Lui medico, pacifista, fece uscire dal palazzo i suoi e continuò a sparare con il mitra che gli aveva regalato Fidel Castro. Dichiarò: “Restare qui a la Moneda ha un significato politico molto preciso. Sarebbe terribile se, dopo tutto quelle che è successo, il presidente del Cile finisse per scappare come un topo”. Per il suo medico personale si suicidò, per altri morì sotto le bombe lanciate contro la Moneda dagli aerei ribelli dell’aeronautica militare cilena. Morì a 65 anni di età.

Quell’11 settembre del 1973 l’addetto navale dell’ambasciata americana in Cile, membro della marina Usa, si affrettò ad informare il Pentagono: “Il nostro D-day è stato pressoché perfetto”.
Il potere fu assunto da una giunta militare di governo presieduta da Pinochet. Seguirono lunghi e feroci anni di dittatura. Furono soppressi i partiti politici, i sindacati, il Parlamento, la libertà di stampa. I dissidenti furono uccisi, incarcerati, torturati o fatti sparire nel nulla. Due commissioni governative istituite all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, quando era tornata la democrazia, hanno ufficialmente documentato 3.197 casi di vittime di “sparizioni”. La dittatura, secondo alcune fonti, ha provocato ben 60 mila vittime.

RICARDO LAGOS : GRAZIE A CRAXI E AD AGLI ITALIANI PER LA RITROVATA LIBERTA’  IN CILE
Socialisti e comunisti italiani furono traumatizzati dal golpe. Quando Ricardo Lagos, socialista e già stretto collaboratore di Allende, s’insedio come presidente della Repubblica l’11 marzo del 2000, centinaia di giornalisti si riversarono a Santiago da tutto il mondo. C’era anche un piccolo gruppo di cronisti italiani. “Esplodeva un grande entusiasmo. Lagos -racconta un inviato che era là in quell’occasione- fece sapere che voleva incontrare i giornalisti italiani. Ci fece andare in un palazzo alla periferia di Santiago e ci disse: ‘Voglio ringraziare gli italiani e, in particolare, i socialisti che ci hanno sostenuto durante la dittatura. Il compagno Craxi ci aiutò e ci diede i fondi per comprare questo palazzo nel quale riprendemmo l’attività politica’”. In quegli stessi anni il Psi sostenne anche tutti gli altri partiti socialisti sotto il tallone delle dittature di destra (spagnoli, portoghesi e greci) e i dissidenti nell’Unione sovietica e nei paesi dell’est europeo dominati dai regimi comunisti.
(Beppe Vijno)

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