Pensare Globale e Agire Locale

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sabato 22 settembre 2012

ARGENTINA - Kirchner, l'Argentina piange

Monta la protesta contro la Presidenta.

Avrebbe voluto festeggiare il primo anniversario della sua elezione plebiscitaria in grande stile, e invece Cristina Kirchner si è trovata davanti la più grande manifestazione di protesta da quando è stata confermata alla Casa Rosada nell’ottobre del 2011.
Nella seconda settimana di settembre per due volte il cacerolazo, la rumorosa marcia scandita dalla percussione di pentole e coperchi, ha riempito le strade delle principali città argentine, da Buenos Aires a Mar del Plata fino a Mendoza e Córdoba.
Almeno 400 mila persone sono scese in piazza in tutto il Paese per chiedere interventi contro la crescente criminalità che rende sempre più insicuri i centri urbani e per protestare contro le restrizioni sull’acquisto di dollari.
I cartelli dei manifestanti denunciavano anche la corruzione diffusa e la riforma costituzionale che la vedova di Nestor Kirchner vuole fare approvare per concorrere alle elezioni del 2015 e garantirsi così un terzo mandato.

«I contestatori? Ricchi e potenti, che disprezzano le regole»


. Il governo ha liquidato i manifestanti definendoli «ricchi dei quartieri nobili» e «ben vestiti esponenti della classe medio alta». Curiosa definizione per chi scende in strada, ma non qui: per dirla con le parole dei fedelissimi della Presidenta, i contestatori sarebbero solo potenti desiderosi di tornare al liberismo più sfrenato.
LA PROTESTA UNISCE BORGHESIA E CETI POPOLARI. Eppure le manifestazioni che stanno accendendo il Paese non hanno il sostegno di partiti o lobby di alcun tipo. Piuttosto, sembra che il malcontento per le misure adottate nell’ultimo anno dal governo abbiano prodotto reazioni simili in categorie di cittadini molto diverse, dalla borghesia a quei ceti popolari che anche grazie ai sussidi economici sono stati tra i più convinti sostenitori dell’esecutivo Kirchner.
AZZERATA LA CAPACITÀ DI RISPARMIO DEI CITTADINI. Le dure limitazioni alla conversione del peso (la moneta locale) in dollari, introdotte dal governo per limitare la fuga verso la preziosa valuta straniera, hanno reso più difficile la vita quotidiana degli argentini, annullando quasi la loro capacità di risparmiare.

L'INFLAZIONE GALOPPA: È FRA IL 20 E IL 30%. Nonostante l’ottimismo diffuso dall’Indec (l’istituto nazionale di statistica, il cui operato è controllato e talvolta corretto dal governo) il peso argentino è una moneta molto volatile, con un'inflazione reale stimata dagli economisti tra il 20% e il 30% annuo. L’aumento costante dei prezzi dei beni, inclusi quelli di prima necessità come gli alimentari, ha colpito duramente le famiglie.

«Senza il dollaro Usa il potere di acquisto crolla»


«Quando arrivava lo stipendio, eravamo abituati a cambiarlo subito in dollari, perché essendo il dollaro una moneta stabile, ti permetteva di mettere qualcosa da parte per risparmiare», racconta l'italiana Ilaria, impiegata come ingegnere in un’azienda di Buenos Aires, che ha chiesto di non veder pubblicato il suo cognome.
«Prima del blocco lo facevano tutti: ora non si può più. E se ti restano dei peso in mano sai che il prossimo mese potrai comprare molto meno».
TASSA DEL 15% SUGLI ACQUISTI ALL'ESTERO. Il potere d’acquisto in calo si somma poi a un problematico sistema di controlli che complicano la vita e il lavoro. «Se voglio partire e ho bisogno di dollari», spiega Ilaria, «devo fare una richiesta all’Afip (Agencia federal de ingresos publicos, l’agenzia delle entrate, ndr) dicendo quanto, dove e con quanti soldi intendo viaggiare; e l’Afip può autorizzarne o meno l'acquisto. Anche lo shopping all’estero con carte di credito, che fino a poco tempo fa era libero, è stato tassato: una nuova legge prevede un’imposta preventiva del 15% su tutte le transazioni. E la tassa è rimborsabile solo presentando la dichiarazione dei redditi, previa valutazione da parte dell'Afip delle ricevute di spesa», commenta l'ingegnere.
FRA DITTATURA TRIBUTARIA E CRIMINALITÀ DIFFUSA. C’è insomma chi inizia a parlare di una dittatura tributaria. E a questo problema si aggiunge quello della criminalità che negli ultimi due anni è cresciuta innescando una diffusa inquietudine tra i cittadini: secondo la società di ricerca Latinbarometro, in Argentina ci sono 28 omicidi e 41 fra aggressioni e rapine ogni 1.000 abitanti.
Nelle città sono cresciuti gli assalti sui mezzi pubblici e la circolazione di armi è preoccupante. In più, i numerosi casi di corruzione tra le forze dell’ordine non aiutano a ristabilire la fiducia dei cittadini.

Il bluff della nazionalizzazione di Repsol-Ypf


Perfino con la nazionalizzazione della compagnia petrolifera statale Ypf  il governo ha finito per tirarsi la zappa sui piedi. Sventolando la bandiera del nazionalismo e dell’uso esclusivo delle sue risorse lo Stato si è ritrovato alla guida di un’azienda,Ypf appunto, che non è in grado di finanziare; e per farlo ha dovuto attingere ai fondi pensione.
I DISCORSI DI KIRCHNER TRASMESSI A RETI UNIFICATE. Come se non bastasse, la Casa Rosada si è presa anche l'accusa di dispotismo da parte di professori e studenti quando ha obbligato i rettori delle università a firmare la piena adesione alla nazionalizzazione di Ypf. La presidentessa ha anche imposto la trasmissione obbligatoria a reti unificate dei suoi discorsi e degli atti di governo, nonché i corsi di peronismo nelle scuole.
«Il governo Kirchner sta assumendo dei tratti autoritari preoccupanti e in Europa non si è percepita la gravità della situazione», spiega Loris Zanatta, che insegna Storia delle Americhe all’università di Bologna e studia da anni le vicende argentine.
«UN'EMULAZIONE DELLE POLITICHE DI HUGO CHAVEZ». «Siamo davanti a un governo che spinge sulla polarizzazione, abituato a usare le istituzioni come qualcosa di proprio. Un esecutivo populista, che continua a mostrarsi portavoce dei più deboli solo per ottenere i consensi che ha, in parte, già perduto».
Impossibile non vederci un’emulazione delle politiche del presidente venezuelano Hugo Chavez, fa notare lo storico, che proprio il 7 ottobre conta di farsi riconfermare per la quarta volta alla guida del suo Paese.
«D’altronde, non dimentichiamo che l’Argentina è indebitata fino al collo con il Venezuela e che Kirchner deve molti dei suoi successi all’amicizia con l’ex colonnello», è l'opinione di Zanatta. (
Marco Todarello)

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