Situazione molto difficile, tra i giovani
neri molta rabbia
Johannesburg - Sono
passati 20 anni dalle storiche e memorabili giornate che segnarono la fine
dell'Apartheid in Sudafrica, in concomitanza con l'elezione di Nelson Mandela a
presidente della Repubblica.
Due decenni nei quali il
Paese ha fatto molti passi avanti, ma anche ha dovuto scontrarsi con le
persistenti disuguaglianze sociali, che oggi alimentano la rabbia e le proteste
dei giovani neri delle township.
"Dobbiamo farlo -
spiega un ragazzo - non abbiamo scelta. Se il governo non è pronto ad
ascoltarci, allora magari la violenza li obbligherà a farlo".
Per molti neri la vita
negli slum suburbani è una scelta obbligata, perché sono semplicemente troppo
poveri per poter andare altrove, e le città dove vive la minoranza bianca
sembrano un miraggio. "Qui - spiega un abitante di Soweto, township di
Johannesburg - non conosciamo la libertà. Le nostre vite non sono cambiate. Non
abbiamo bagni e acqua corrente, usiamo ancora la paraffina per cucinare e le
candele per farci luce".
Il quadro, insomma,
resta preoccupante e in costante fibrillazione.
Ma tra la popolazione
più anziana c'è chi ricorda periodi anche peggiori. "La nostra gente
scappava nella notte - ricorda una signora - e i bianchi gli sparavano. Un uomo
è morto nel mio giardino. Adesso però tutto va bene, perché queste cose non
accadono più. Qui a Soweto adesso va al 100 per cento meglio".
I dati economici
sembrerebbero confermare questo generale miglioramento delle condizioni di
vita, ma, contemporaneamente, mettono chiaramente in luce le profondissime
disuguaglianze. Che rendono ancora non realizzato il sogno della Nazione
arcobaleno.
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