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mercoledì 30 aprile 2014

EGITTO – Repressione, condanna a morte per 683 pro Morsi


Processo contro oltre 1.200 sostenitori della Confraternita. Pena capitale anche per la guida spirituale Badei. La Casa Bianca chiede l'annullamento: «Profonda preoccupazione». Scontri all'Università di al Azhar al Cairo.
28 Aprile 2014 - Il tribunale di Minya in Alto Egitto ha condannato a morte 683 pro-Morsi, tra cui la guida spirituale Badei, e ha deferito il caso al Gran mufti d'Egitto, nell'ambito del processo contro oltre 1.200 sostenitori della Confraternita.
La stessa corte ha commutato in ergastolo la pena capitale a 492 pro Morsi dei 529 condannati a marzo 2014. Per 37 di questi ultimi è stata invece confermata la pena capitale. Ora possono ricorrere in Cassazione. La maggior parte degli accusati per violenze e scontri avvenuti a Minya il 14 agosto sono contumaci.
USA: «PROFONDAMENTI PREOCCUPATI». Gli Stati Uniti, che hanno chiesto l'annullamento della pena tramite un comunicato della Casa Bianca, si sono detti «profondamente preoccupati per il continuo ricorso in Egitto di processi e sentenze di massa».
SCONTRI A IL CAIRO. Intanto nel Paese la tensione è alle stelle. Soprattutto all'Università di al Azhar al Cairo dove si sono registrati violenti scontri fra forze dell'ordine e studenti pro-Morsi in corteo. Secondo testimoni due poliziotti sono rimasti feriti, mentre una vettura di un professore dell'Ateneo è stata data alle fiamme. I dimostranti sarebbero centinaia. Le forze della sicurezza stanno usando gas lacrimogeni per disperderli.
Il processo nei confronti degli oltre 1.200 pro Morsi era iniziato il 22 marzo e due giorni dopo il giudice aveva deciso di condannare a morte una prima tranche dei condannati, (529) e aveva sottoposto il caso a Gran mufti. Il caso aveva sollevato proteste a livello internazionale.
LEADER MOVIMENTO 6 APRILE IN CARCERE. In Egitto però la situazione si sta facendo sempre più incandescente. Il tribunale degli Affari urgenti del Cairo ha dichiarato fuorilegge il Movimento 6 Aprile, il più importante della rivolta contro l'ex presidente Hosni Mubarak.
Il tribunale ha chiesto al presidente ad interim egiziano Adly Mansour, al premier Ibrahim Mahlab, al ministro dell'Interno Mohamed Ibrahim, al titolare della Difesa, il generale Sedki Sobhi e al procuratore generale Hisham Barakat, di vietare tutte le attività politiche del Movimento del 6 Aprile, la chiusura dei suoi uffici e l'organizzazione di dibattiti e manifestazioni.
SPIONAGGIO E DANNO DI IMMAGINE. Il movimento è accusato di spionaggio e di avere commesso atti che hanno danneggiato l'immagine dello Stato egiziano. I leader del gruppo, in carcere dal dicembre 2013, sono stati condannati in appello a tre anni di prigione, con l'accusa di disordini e incitamento alla violenza, e per aver violato la legge sulle dimostrazioni.

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