Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


mercoledì 16 aprile 2014

ITALIA - Aziende di Stato, le nomine dei liberisti doc


Da Marcegaglia a Zingales. Chi criticava l'intervento pubblico nell'economia. Ed è stato cooptato nel cda di una controllata.

Son tutti belli i liberisti del mondo, ma quelli italiani lo sono di più. Anni di editoriali, studi, convegni, ospitate in tivù e interviste sui giornali per spiegarci che no, l'intervento dello Stato nell'economia non s'ha da fare, le imprese pubbliche vanno privatizzate, la politica buttata fuori da governance e consigli di amministrazione.
LA CARICA DEI LIBERISTI. E poi, voilà. Basta un giro di nomine nelle società controllate dal Tesoro per ritrovarsi alle presidenze e nei consigli di amministrazione un bel manipolo di strenui difensori del libero Stato in libero mercato.
Industriali, avvocati d'affari, professori devoti del liberismo seduti accanto a ex portavoce di politici e lottizzati di varia provenienza. Lottizzati anch'essi.

Quando per Marcegaglia l'eccessiva presenza dello Stato era «patologica»


Prendiamo l'imprenditrice Emma Marcegaglia, neo presidente Eni. L'ex capo degli industriali italiani che, a parole, ha sempre professato l'indipendenza delle imprese dalla politica, chiedendo più volte che lo Stato mollasse la presa sull'economia, ha testè accettato una nomina che più politica non si può. E per giunta in un'azienda pubblica.
«PIÙ SPAZIO AI PRIVATI». E pensare che solo qualche anno fa, maggio 2011, Emma la liberista arringava così gli industriali: «Occorre ridurre ciò che lo Stato fa oggi, lasciando più spazio ai privati e al mercato. La presenza pubblica diretta dell'economia si è estesa in questi anni in ambiti sempre più impropri, con vere derive patologiche».
«Non credo», andava ripetendo l'allora presidente di Confindustria, «a uno Stato che decide quali sono i settori strategici, che investe e protegge le aziende». Era preoccupata, Emma, per «l'ondata di intervento dello Stato in economia che ha fatto danni enormi nel passato. Vogliamo meno Stato per avere più crescita e più Pil».
Dev'essere stata la voglia di contribuire alla riduzione dell'intervento statale nell'economia ad averla spinta ad accettare la presidenza di un'azienda controllata dallo Stato.
In buona compagnia, per carità.
ANCHE TODINI CAMBIA IDEA. Luisa Todini, anche lei imprenditrice, s'è beccata la presidenza di Poste. Addio all'azienda di famiglia, venduta due anni fa, l'ospite fissa di Ballarò si è data all'impresa pubblica, prima facendosi nominare in quota Pdl-Lega nel board della Rai e ora alle Poste, in quota Berlusconi. Capitalism italien.

La svolta di Zingales, dal merito alla cooptazione


Sempre, s'immagina, per limitare l'ingerenza della politica negli affari dello Stato anche Luigi Zingales, economista liberale - e fondatore, insieme con Oscar Giannino, del movimento liberista Fare per fermare il declino, dal quale entrambi sono poi fuoriusciti per una poco edificante vicenda di laurea farlocche e denunce a mezzo Facebook - ha accettato di farsi cooptare nel consiglio di amministrazione di Eni.
È quasi superfluo ricordare qui le decine di interventi con cui il prof, nel corso degli anni, ci ha spiegato quanto fosse giusto, utile e urgente liberarsi delle aziende pubbliche, privatizzare l'Eni, sottrarre il colosso petrolifero allo sciagurato controllo della politica e dello Stato. Ora Zingales ha deciso di affrontarlo a viso aperto, il Leviatano.
IL PROF PER LA PRIVATIZZAZIONE. «Da privato cittadino, io rimango a favore delle privatizzazioni delle imprese statali, a partire dall’Eni», ha scritto su Facebook spiegando perché ha accettato la nomina nel board di San Donato. «Ma questa è una decisione politica che spetta al ministro e al governo, non ai consiglieri di amministrazione. Che sia in procinto di essere privatizzata o no, qualsiasi impresa statale deve essere gestita bene. E il mio compito, come consigliere, è proprio quello di assicurare che la gestione della società sia volta a creare il massimo valore possibile».
DALLA TELEFONIA AL PETROLIO. Zingales viene dal consiglio di amministrazione Telecom, di petrolio non sa nulla. Ma, dice, ha competenze comunque di amministrazione aziendale. «Scegliendo me, come indipendente nominato dalla lista di maggioranza, penso che il governo voglia dare un segnale chiaro di come intende gestire l’Eni: in modo trasparente e senza interferenze politiche».
Di trasparenza però per ora se n'è vista ben poca. Come sono stati selezionati Zingales e gli altri consiglieri Eni? E i presidenti? E gli amministratori delegati? Chissà.
CANDIDATI E CRITERI SEGRETI. Le liste che i due cacciatori di teste avevano preparato per il ministero del Tesoro, all'interno delle quali il governo avrebbe poi scelto i nomi per le candidature, non sono mai state rese pubbliche, e non si sa neppure quanti nomi contenessero. Quali siano stati poi i criteri di scelta del governo non è dato sapere, né si conoscono gli obiettivi industriali che l'azionista di controllo ha indicato ai nuovi manager e sui quali misurerà le loro performance.
Eppure, solo poche settimane fa, proprio Zingales aveva messo in guardia dai rischi di una scarsa trasparenza nella scelta delle nuove governance.
QUELL'APPELLO ALLA MERITOCRAZIA. Leggiamo dal Sole24Ore del 3 marzo 2014: «Un cambiamento radicale non solo nelle persone, ma nel metodo, un'affermazione del principio della meritocrazia - sconosciuto in Italia - potrebbe avere un enorme effetto positivo non solo sul morale degli italiani, ma anche sulla nostra economia».
Ma coma dare inizio a questa rivoluzione meritorcratica? «Non basta neppure la foglia di fico della società di head hunting, usata dal governo Letta», scriveva il professore. «Queste società adempiono un mandato. Se il mandato (esplicito o implicito) è quello di trovare il meno peggio (o il più ammanicato) tra gli amici di chi sta al potere, la maggior parte delle società di revisione si adegua (anche se per fortuna ci sono delle nobili eccezioni)».
IL METODO INFALLIBILE. È necessario allora «ridurre al minimo la discrezionalità del governo nella scelta della persona». Seguendo un metodo preciso: «Il governo annuncia dei criteri oggettivi di performance e numero di mandati sulla base dei quali decide se confermare la persona esistente al suo posto. Se la persona va sostituita il governo dichiara pubblicamente le caratteristiche della persona che vorrebbe in quella posizione e gli obiettivi che dovrebbe conseguire. Sulla base di questa indicazione si chiede alle prime cinque società di cacciatori di teste sul territorio nazionale di presentare un nome ciascuna. Dalla rosa di cinque nomi il governo elimina i due che considera meno adatti e poi sorteggia (in modo pubblico) il nominato tra i tre rimanenti».
Nulla di tutto ciò è avvenuto e anzi, come Zingales immaginiamo sappia, la selezione anche questa volta è stata fatta senza alcuna trasparenza, né nella valutazione dei curricula, né nell'indicazione degli obiettivi di governance da raggiungere.

De Nicola e Pera, liberi consulenti in libero Stato


L'altro paladino del libero mercato e delle privatizzazioni cooptato nel gran ballo delle partecipazioni statali è Alessandro De Nicola, editorialista di Repubblica, avvocato d'affari socio dello studio Orrick, ora nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica, l'azienda affidata nelle mani di Mauro Moretti, che per anni ha diretto Trenitalia in regime di monopolio.
LA BATTAGLIA CONTRO IL LEVIATANO. «Uno dei maggiori ostacoli alla liberalizzazione è la pervicace presenza del Leviatano all’interno dell’economia», scriveva De Nicola nel novembre del 2013, «in un intreccio fatto di proprietà azionaria, golden share, concessioni, autorizzazioni, regolamentazione minuziosa, influenze politiche e sindacali che spaziano dalla concessione di crediti al salvataggio delle aziende decotte».
«NO ALLO STATO-IMPRENDITORE». E ancora: «È la stessa natura dello Stato-imprenditore che provoca guai, soprattutto nei settori dove le sue aziende godono di protezioni normative, nonostante, come è ovvio, non tutte le società pubbliche siano malgestite. La vicinanza con il regolatore, le influenze del potere politico, il ripianamento delle perdite a pié di lista, l'occhio di riguardo del sistema bancario, le assunzioni legate all'appartenenza partitica sono fattori che generano distorsioni della concorrenza, inefficienza e al peggio corruzione».
L'ALLERGIA AL CENCELLI. Qualche anno prima, l'avvocato aveva già affrontato il tema quotate sul Sole24Ore: «L'affetto per il manuale Cencelli in Italia è così radicato che raramente si discute di sostanza e molto spesso di nomi e caselle anche quando parliamo di società quotate».
Non dubitiamo che De Nicola userà il nuovo incarico nel consiglio di Finmeccanica per difendere i principi della concorrenza, delle liberalizzazioni, delle privatizzazioni, della trasparenza.
IL PROGETTO DI ALI. Magari coordinandosi con un altro liberista cooptato nei vertici Enel, l'avvocato d'affari Alberto Pera, animatore insieme con De Nicola dell'Alleanza liberaldemocratica per l'Italia (Ali) una sorta di unione delle formazioni liberali italiane all'interno dell'europea Alde.
L'EX ANTITRUST E CONSULENTE. Pera, ex segretario dell'Antitrust, è un noto esperto di privatizzazioni e concorrenza, settori per i quali, si legge nel suo curriculum, «è stato più volte nominato consulente da diversi ministri italiani e organismi internazionali». È sempre utile farsi pagare dal pubblico per spiegare al pubblico come farsi privato.
Dal 2011 Pera è anche socio dello Studio di avvocati d'affari Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners (Gop), molto noto dalle parti di via XX Settembre e della controllata Cassa depositi e prestiti, come ha ricordato Stefano Sansonetti su La Notizia Giornale.
Negli anni infatti lo studio ha avuto decine di consulenze dal ministero dell'Economia, che è l'azionista di controllo di Enel, nel cui cda ora è sbarcato Pera.
Di recente lo studio Gop ha ottenuto dal Tesoro la consulenza per la dimissione di una quota di Poste e prima aveva assistito la Cassa depositi e prestiti «in un’emissione obbligazionaria da 750 milioni di euro», ha scritto Sansonetti.
Liberisti di tutto il mondo unitevi.

(Gabriella Colarusso)

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