Tempi e contenuti dell’iniziativa riformatrice
solennemente annunciata dal premier sono frenati da ostacoli politici e
corporativi difficili da superare. Ecco il divario (su scuola, lavoro, bonus e
riforme istituzionali) tra proclami e fatti
Matteo Renzi aveva messo a punto
un calendario ambizioso di interventi radicali in tutti i gangli vitali della
vita pubblica. Il ritmo arrembante con cui era stato preannunciato un programma
rigoroso e vincolante di grandi riforme ogni mese sembrava aver conquistato cittadini,
mass media, osservatori scettici. Tuttavia la realtà odierna sconfessa, o
quanto meno ridimensiona, la forza dirompente delle solenni promesse del
premier. Mentre la minoranza del Pd si organizza esibendosi al Teatro Eliseo.
RIFORME ISTITUZIONALI
NELLA PALUDE
Preannunciata tra la
fine di febbraio e le Idi di marzo, la nuova legge elettorale, approvata in
modo rutilante dalla Camera dei deputati, è arenata tra le mura di Palazzo
Madama. Complice il timore diun inusitato ballottaggio per il governo tra
Partito democratico e Movimento Cinque Stelle e lo stallo sulla revisione del
Senato, il meccanismo di voto vedrà la luce – salvo colpi di scena – prima
della pausa estiva.
CERCASI JOBS ACT
Marzo avrebbe dovuto
rappresentare uno spartiacque storico per le regole sul lavoro, le relazioni
industriali, l’innovazione degli ammortizzatori sociali. Nulla di tutto ciò è
stato previsto nell’unico provvedimento messo in cantiere dall’esecutivo
e dal responsabile del Welfare Giuliano Poletti. La portata
del decreto legge che porta il suo nome, frutto di un logorante braccio di
ferro tra Nuovo Centro-destra, Scelta Civica, riformisti del PD da una parte e
sinistra del Nazareno e CGIL dall’altra, è limitata a modifiche dei contratti a
termine, delle regole sull’apprendistato e sulla formazione pubblica.
Il cuore della
riforma è rinviato a un disegno di legge delega i cui tempi appaiono incerti. A
quel punto si conosceranno i pilastri del Job Act che avrebbe dovuto
rivoluzionare e rilanciare il tessuto produttivo-occupazionale del nostro
paese. Per ora restano evanescenti i confini del nuovo Codice del lavoro, del contratto unico flessibile e indeterminato con
garanzie crescenti nel tempo, di una rete moderna di ammortizzatori
sociali orientati al Welfare to work.
TEMPI QUASI SCADUTI
PER LA NUOVA BUROCRAZIA
Un architrave del
programma annunciato dal Presidente del Consiglio prevedeva il rinnovamento
strutturale entro aprile della Pubblica amministrazione. Il calendario potrebbe
venire rispettato in “zona Cesarini”, visto che in settimana il governo
approverà il testo base di riforma messo a
punto dal ministro competente Marianna Madia.
L’obiettivo di
conferire efficienza alla macchina statale passa per una strategia di tagli e
assunzioni mirate. Una mescolanza di mobilità obbligatoria e sblocco del turn
over che dovrebbe tradursi in una nuova entrata per ogni cinque uscite dal
servizio. Permettendo così una riduzione non traumatica di 85mila dipendenti
pubblici prevista dal progetto di spending review redatto da Carlo
Cottarelli.
L’ALLENTAMENTO BLANDO
DEL PATTO DI STABILITA’ INTERNO
Sempre sul piano
locale emerge una clamorosa contraddizione tra
impegni assunti dal premier e concrete realizzazioni. Un punto che
riguarda l’allentamento del Patto di stabilità interno, cavallo di battaglia
dell’ex primo cittadino di Firenze. Perché, come rivela il Sole 24 Ore, nel provvedimento fiscale
promosso da Palazzo Chigi i progetti di riqualificazione, ammodernamento,
messa in sicurezza degli edifici scolastici potranno beneficiare di 544 milioni
di euro.
NUMERI IN
CONTRADDIZIONE
Cifra ben diversa dai
3,5 miliardi “pronti per essere impiegati in
tempi brevi”, preannunciati da Renzi nel corso della sua prima
conferenza stampa da capo dell’esecutivo. Il testo del decreto legge
governativo in materia tributaria è molto chiaro. All’articolo 48, riferendosi
agli investimenti realizzati dalle amministrazioni comunali per l’edilizia
educativa, il provvedimento prevede un’esclusione dai vincoli di bilancio di
244 milioni di euro per gli anni 2014 e 2015. A tali risorse vanno aggiunti 300
milioni destinati allo stesso scopo dal Fondo comunitario per lo sviluppo e la
coesione relativo al periodo 2014-2020.
A QUANTO AMMONTANO LE
RISORSE PER LA SCUOLA?
Ma le somme stanziate
dai programmi dell’Unione Europea per la ristrutturazione delle scuola non
erano pari a 3 miliardi? Guardando a questa cifra il premier aveva promesso la
creazione di una “cabina di regia” per velocizzare le pratiche edilizie e
consentire a sindaci e presidenti di provincia di “intervenire sui luoghi ove
vivono e studiano i nostri figli”.
CHI BENEFICIA DEL
BONUS FISCALE
Altro tema cruciale
relativo al provvedimento tributario concerne le fasce economico-sociali che
riceveranno il bonus fiscale sui redditi IRPEF. La platea per ora coinvolge
esclusivamente le retribuzioni da lavoro dipendente medio-basso. Ripetere, come
fa Renzi da giorni, che il beneficio verrà allargato a pensionati, persone
prive di stipendio, e partite IVA, richiede un’accurata analisi sulle coperture
di bilancio. E un necessario confronto con il capo del Tesoro. L’unica certezza
su una misura di significativa portata finanziaria è il rinvio alla legge di
stabilità di fine anno.
LE RAGIONI DEL
DIVARIO TRA PAROLE E ATTI
Una spiegazione
plausibile della notevole differenza, in taluni casi del fossato, tra impegni
assunti dal premier e realizzazioni dell’esecutivo viene offerta da Oscar Giannino.
A giudizio dell’analista economico, Renzi è chiamato a concretizzare oggi tutti
gli interventi riformatori che il ceto politico italiano degli ultimi venti e
trent’anni ha preferito rinviare, abbandonare, annacquare. Una responsabilità
storica che ha provocato un ritardo enorme per l’Italia rispetto alle
democrazie industriali avanzate. E che l’attuale capo del governo è costretto a
colmare, in una fase di recessione economica, in modo frettoloso e
superficiale.
Ulteriore
motivazione, scrive l’editorialista del Messaggero, va ricercata nella
mancanza di un genuino e convinto supporto del Partito democratico verso gli
obiettivi prospettati dal suo segretario. La cui leadership non è mai
stata accettata dal “ventre profondo” del Nazareno, bensì digerita
temporaneamente per opportunismo.
È una parte rilevante
di quell’universo, ancorata alla conservazione dello status quo, che il premier
dovrà sfidare a viso aperto per tenere fede all’originario e ambizioso
calendario di riforme. Soltanto così potrà ambire, come Tony Blair e Gerard
Schroeder, a imprimere una traccia profonda nella politica e nella sinistra
italiana. (EdoardoPetti)
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