Pensare Globale e Agire Locale

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martedì 15 aprile 2014

ITALIA - Nomine delle aziende di Stato, Renzi: «Forti pressioni ma ho scelto in autonomia»


Le scelte dopo gli incontri con Napolitano, Padoan e Alfano. Il premier: «Ho lasciato i partiti fuori dalla porta».

Una decisione presa in quasi totale solitudine da Matteo Renzi. Quella delle nomine alle aziende a partecipazione statale è una rivoluzione voluta dal premier.
Tre donne nel ruolo di presidente e gli amministratori delegati, dal nuovo capo dell’Enel, Francesco Starace (che lavora per l’azienda elettrica da 15 anni) all'ingegnere Claudio Descalzi (che cerca giacimenti di gas e petrolio per conto dell’Eni da più di 30 anni) scelti con criteri di merito, competenza industriale e soprattutto conoscenza interna dell'azienda.
IL PREMIER: «PRESSIONI FORTI, MA HO FATTO DI TESTA MIA». Come raccontano La Stampa e il Corriere della Sera Renzi ha ascoltato, registrato, valutato e poi deciso di testa sua, dopo aver consultato Padoan e il capo dello Stato. Il primo lo ha visto per quattro ore subito dopo pranzo, ed è stata la stretta finale; Giorgio Napolitano a fine mattina, per un consulto preventivo su tutti i ruoli più delicati, comprese le scelte che ricadono su figure femminili, da Emma Marcegaglia a Patrizia Grieco, «una rivoluzione culturale» per il premier.
«È stata dura, ho ricevuto pressioni molto forti ma me lo aspettavo. Sapevo di essere misurato su questo, sono convinto di aver fatto il miglior lavoro possibile», avrebbe confidato il premier a Palazzo Chigi dopo alcuni momenti di tensione con il Tesoro e con il comitato nomine costretto a riunirsi a più riprese, dopo un giro di telefonate dovute a tutti i manager che lasciano.
I PARTITI FUORI DALLA PORTA. Negli ultimi giorni il totonomine ha alimentato ogni tipo di ricostruzione su dove e come pendessero gli equilibri di potere. Se a favore dei dalemiani, dei lettiani, dei massoni o delle cordate interne a questa o quell’azienda. Descalzi era il prescelto di Scaroni, ma è pur vero che quest'ultimo ha lottato fino all’ultimo per restare presidente. Stessa cosa è accaduta con Conti, che è uscito di scena assistendo alla nomina a numero uno di un dirigente che non ha mai amato, il capo di Enel Green Power Francesco Starace, suggerito a Renzi dall'amico Marco Carrai. «Ho cambiato un gruppo dirigente che governava le rispettive aziende da almeno un decennio. Ho lasciato i partiti fuori dalla porta, e non ho fatto scelte di parte», è la posizione del premier.
Renzi ha rivendicato il merito di aver deciso in piena autonomia: «Durante le ore decisive non ho voluto vedere nessuno che potesse condizionarmi. Spero venga apprezzato il fatto che ho incontrato Berlusconi solo dopo l'uscita del comunicato ufficiale».
TRACCE DELLE PRESSIONI DELLE LOBBY. Sfogliando le liste dei consiglieri di amministrazione qualche traccia delle pressioni e delle lobby comunque, come ha segnalato La Stampa, si scorge: nel consiglio di amministrazione di Poste c'è l’ex braccio destro di Casini Roberto Rao e nella lista di Eni, il capo del fondo Equinox Salvatore Mancuso. Il premier è riuscito a eliminare le stellette dal consiglio di Finmeccanica ma ora è previsto che ci siedano il capo degli avvocati italiani Guido Alpa e l'ex viceministro degli Esteri Marta Dassù. Ma scorrendo le liste dei prescelti si notano altrettante scelte sulle quali Renzi ha messo la faccia. Dall’indicazione di Luigi Zingales per il consiglio di amministrazione dell'Eni - l'economista che si è fatto valere come consigliere indipendente in Telecom - a quella dell’uomo di televisione Antonio Campo dall'Orto per Poste. Il confronto più animato è stato per la presidenza di Finmeccanica: Renzi avrebbe voluto sostituire con una donna anche quella casella, ma ha dovuto mediare col presidente della Repubblica, che gli ha chiesto la riconferma di De Gennaro.

Le critiche: dall'esclusione del privatizzatore Sarmi alla scelta di Descalzi per Eni


Non solo nei Palazzi romani ma anche fra manager e addetti ai lavori ha sorpreso l'esclusione di Sarmi: «Si fa fuori il privatizzatore qualche mese prima della privatizzazione, una cosa che non ha senso», è il leit motiv in cima alle critiche alle scelte di Renzi. Al suo posto va Francesco Caio, un passato fra Avio, Omnitel, banche d'affari e l’incarico gratuito come mister Agenda digitale con Enrico Letta.
Altre interpretazioni si raccolgono sulla scelta di Descalzi per la guida dell'Eni, l'altra nomina «pesante», insieme a Starace e Moretti. Non pochi smentiscono il rinnovamento, la continuità sarebbe assoluta, «rapporto fiduciario massimo con Scaroni», una sorta di «delfino», secondo fonti interne. Che aggiungono però la stima che il nuovo amministratore delegato si è guadagnato presso tutte le aziende operative della galassia del Cane a sei zampe. Fioccano anche le interpretazioni postume, e politiche.
GRILLO: «NOMINE? UNA DELLE RAGIONI PER CUI RENZI HA TRADITO LETTA». Per Grillo le nomine sono «una delle ragioni per cui lui Renzi ha tradito Letta, gli ad Eni e Terna valgono come quattro ministeri».
Di sicuro alla guida di colossi industriali come Eni ed Enel vengono promossi manager interni. In apparenza i partiti restano alla finestra, si nota uno zampino nella scelta di alcuni consiglieri. Anni fa le nomine erano contrattate, oggetto di incastri fra candidati e desideri di Palazzo. Questa volta, ha sostenuto Renzi, «c'è la mia firma».

Aziende di Stato, chi sono le 11 donne nominate
Da Marcegaglia a Todini, fino a Bastioli. I profili delle signore delle controllate.

Non solo presidenti (Emma Marcegaglia a Eni, Luisa Todini a Poste, Patrizia Grieco a Enel e Catia Bastili a Terna). La valanga rosa delle nomine delle aziende di Stato si nota anche nei consigli di amministrazione.
Sono ben 11 le signore che siedono nei board delle grandi società partecipate del Tesoro. È la «carica delle donne», la promessa di «quote rosa» del governo per questa tornata di nomine nelle cinque 'big' italiane. Che però non sono arrivate a occupare il ruolo di amministratore delegato.
Nelle liste indicate da Palazzo Chigi figurano quattro donne presidenti e sei donne come membri dei consigli di amministrazione.
Ecco di seguito chi sono e i profili delle quattro iron lady proposte per i vertici di Eni, Enel, Poste e Terna.

Enel: Patrizia Grieco e Paola Giardinio


La neopresidente di Eni, Patrizia Grieco è dal 2013 presidente esecutivo di Olivetti, dove è arrivata nel 2008 prima come amministratore delegato, poi diventando anche presidente e mantenendo entrambe le cariche fino al marzo 2013. Milanese, classe 1952, laureata in legge alla Statale, Grieco ha iniziato la carriera nel 1977 presso la direzione legale e affari generali di Italtel, diventandone responsabile nel 1994. Nel 1999 è diventata diretore generale di Italtel con il compito di riorganizzare e riposizionare l'azienda, di cui diventa ad nel 2002. Da settembre 2003 a gennaio 2006 è stata numero uno di Siemens Informatica. Da febbraio 2006 è diventata partner di Value Partners e ad del Gruppo Value Team. Siede nei consigli di amministrazione di Fiat Industrial e Italgas, ma anche dell'associazione umanitaria Save the Children.

Eni: Emma Marcegaglia, Diva Moriani, Paola Camagni e Stefania Bettoni


Emma Marcegaglia è stata la prima presidente donna di Confindustria. Nata Mantova nel 1965, è secondogenita Steno Marcegaglia, fondatore dell'azienda Marcegaglia, società attiva nella lavorazione dell'acciaio. Nell'azienda di famiglia ricopre la carica di consigliere e ad insieme con il fratello Antonio.
In Confindustria è stata prima vicepresidente con delega per l'Europa; dal 1996 al 2000 presidente dei giovani imprenditori; dal 2000 al 2002 vicepresidente sotto la presidenza di Antonio D'Amato, dal 2004 vicepresidente con Luca Cordero di Montezemolo; presidente dal 2008 al 2012.
Presidente dell'università Luiss per il triennio 2010-2013, dal 2013 è presidente di BusinessEurope, associazione delle Confindustrie europee.

Poste: Luisa Todini ed Elisabetta Fabbri


Luisa Todini, membro del consiglio di amministrazione Rai (dal 2012, eletta in quota Lega-Pdl), è un'imprenditrice impegnata nel settore agricolo e immobiliare, è presidente della Todini Costruzioni Generali e di Todini Finanziaria e consigliere di amministrazione della Salini Costruttori.
Nata a Perugia nel 1966, laurea in Giurisprudenza, è stata eletta deputata europea nel 1994 per Forza Italia a soli 28 anni. È stata presidente della Federazione industria europea delle costruzioni dal 2010 al 2012, del Comitato Leonardo dal 2009, del Foro di Dialogo italo-russo dal 2004. È membro della Fondazione Italia Usa e consigliere di amministrazione della Fondazione Child.

Terna: Catia Bastioli verso la presidenza


Catia Bastioli è amministratore delegato di Novamont, azienda novarese leader nella produzione di chimica e plastica 'verde', dove è entrata nel 1993. Nata a Foligno nel 1957, Bastioli può dirsi una scienziata a tutti gli effetti, autrice di diverse invenzioni nel campo delle bioplastiche.
Nel 2007 è stata insignita del premio Inventore europeo dell'anno per il suo brevetto per i sacchetti di origine vegetale Mater-Bi.

Finmeccanica: Marta Dassù e Marina Calderone nel cda


Alla presidenza di Finmeccanica è stato riconfermato Gianni De Gennaro, che lavorerà in tandem con Mauro Moretti. La presenza rosa nel gruppo di piazza Monte Grappa si limita al consiglio di amministrazione con Marta Dassù e Marina Calderone.

Aziende di Stato, fiorentini nei board
In 5 vengono dal capoluogo toscano.

Quote rosa nei consigli di amministrazione partecipate pubbliche, ma anche quote «gigliate»: con le nuove nomine effettuate dal governo di Matteo Renzi debuttano nelle controllate del ministero del Tesoro manager fiorentini di nascita o di adozione.
DA FABRI A MORIANI. È nata in riva all'Arno Elisabetta Fabri, new entry nel board di Poste Italiane, presidente e amministratore delegato della catena Starhotels fondata dal padre Ferruccio; Diva Moriani, aretina di nascita, dalla vicepresidenza del gruppo fiorentino del rame Kme arriva invece nel consiglio di amministrazione di Eni. L'avvocato Alberto Bianchi, nuovo consigliere Enel, pistoiese di nascita ma fiorentino d'adozione, è il presidente della Fondazione Open, la ex Fondazione Big Bang nata a sostegno di Renzi: nel suo direttivo siedono anche Maria Elena Boschi, Marco Carrai e Luca Lotti.
LANDI IL FINANZIATORE. Marco Seracini, fiorentino nominato nel collegio dei sindaci di Eni, è stato tra i fondatori dell'associazione vicina a Renzi Noilink ed è il presidente di Montedomini, l'azienda partecipata dal Comune per l'assistenza pubblica di servizi alla persona. Semplice finanziatore (con 10 mila euro) della campagna elettorale dell'attuale premier alle primarie 2012 è stato Fabrizio Landi, senese di nascita, già numero uno di Esaote, azienda leader del biomedicale con sede a Firenze ed ora nel board di Finmeccanica

PARACADUTE DORATO
Aziende di Stato: a Scaroni, Conti e Cattaneo buonuscite milionarie

Tfr e clausole di non concorrenza. Le liquidazioni dei tre manager di Eni, Enel e Terna costano 16 mln.

Non si può dire che quello di Paolo Scaroni, Fulvio Conti e Flavio Cattaneo sia un addio a mani vuote.
Nel caso di una (ormai probabile) mancata riconferma, in seguito al cambio ai vertici delle delle società controllate dal Tesoro messo in moto dal governo, le guide di Eni, Enel e Terna possono infatti consolarsi con la prospettiva di una ricchissima buonuscita: oltre 16 milioni complessivi, in aggiunta agli oltre 70 milioni accumulati in nove anni alla guida dei tre colossi dell’energia.
Un conto salato per la rivoluzione voluta da Renzi anche se le ricche “liquidazioni” dei tre manager non è previsto che pesino (direttamente) sui conti del governo, ma sui bilanci delle singole società.
L'ESCAMOTAGE DI SOMMARE LE CARICHE. Anche se non è previsto che prendano tutti la stessa cifra, l'escamotage messo a punto dai tre manager per confezionarsi l'ampio paracadute, come ha spiegato La Repubblica, è identico.
In pratica, hanno aggiunto all’incarico di amministratore delegato, che è stato rinnovato per tre anni (due volte dai governo Berlusconi e una volta dal governo Prodi) quello di direttore generale. Per il primo si prende un compenso stabilito per il lavoro svolto, più eventuali bonus. Ma senza ulteriori tutele. L’incarico di direttore generale, invece, è legato al contratto nazionale dei dirigenti e prevede pertanto una buonuscita, a compensare il fatto che i manager possono essere licenziati. Una pratica che un tempo era seguita per dare ai manager la possibilità di incidere il più efficacemente possibile in azienda; ma che non tutti applicano nel privato. Per esempio, si tende a preferire l’assegnazione di stock option , per legare la prestazione dei manager a quelli della società.
A SCARONI 8,3 MLN. Secondo quanto recentemente ricostruito dal settimanale L’Espresso, l'esborso maggiore è quello destinato a pesare sulle casse di Eni, visto che a Scaroni dovrebbe percepire circa 8,3 milioni di euro.
Alla voce legata alla risoluzione del rapporto di lavoro dirigenziale - 3,2 milioni - si aggiunge la cosiddetta clausola di non compete agreement, che vale altri 2,2 milioni, con la quale Scaroni si impegna per alcuni anni a non lavorare per i concorrenti di Eni.
A queste si aggiunge una parte variabile di buonuscita legata ai risultati dell’ultimo triennio, calcolati in circa altri 2,1 milioni; nonché 800 mila euro di tfr e contributi previdenziali garantiti ai dirigenti Eni. Un conto a cui vanno aggiunti gli stipendi percepiti dal 2005 al 2012, pari a 29 milioni.
PER CONTI UN ADDIO DA 6,3 MLN. Più o meno lo stesso discorso vale per Fulvio Conti. Enel è chiamata a versare al suo amministratore delegato 2,8 milioni per la buonuscita da direttore generale e 3,5 milioni per la clausola di non concorrenza. Nei suoi tre mandati alla guida dell’ex monopolista elettrico, Conti ha guadagnato - tra compensi e bonus - una cifra che si aggira sui 25 milioni.
2,4 MLN A CATTANEO. Infine, c'è il caso di Flavio Cattaneo di Terna. Nel caso di mancata riconferma la sua buouscita vale due annualità della parte fissa della retribuzione pari a 2,4 milioni.
Al momento della sua nomina nel 2005, lo stipendio era di 250 mila euro. Mano a mano che la società si è quotata in Borsa e ha cominciato a crescere di capitalizzazione, è salito fino a 2,4 milioni, bonus compresi, come da bilancio 2012. In totale, nei suoi tre mandati Cattaneo ha guadagnato poco più di 11 milioni.

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