Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


sabato 18 agosto 2012

ITALIA - Il PSI morirà (forse) ma il socialismo vivrà ancora.

Prendo spunto da un “botta e risposta” tra Mauro del Bue e Franco Bartolomei, ambedue membri della segreteria nazionale del PSI. Mauro Del Bue, in una sua nota in cui commentava l’accordo Bersani-Nencini sulla “Dichiarazione d’Intenti dei Democratici e dei Progressisti “, ha commentato: “Se oggi Bersani invita il Psi al tavolo, e gli attribuisce una funzione politica, è perché noi abbiamo dimostrato di poter bilanciare il rapporto tra Pd e Sel, che finiva per spiazzare gli stessi democratici in un’intesa esclusiva con la sua sinistra.” E ancora: ”il Pd sa di poter interloquire con un partito che a sua volta ha stabilito un rapporto col centro di Casini, cementato da comuni appartenenze politiche e di governo, ma anche da tanti punti d’incontro sul fallimento del vecchio bipolarismo e sul riconoscimento del governo Monti “. Bartolomei, riprendendo il discorso di Mauro Del Bue, precisa che proprio su questi punti vi è frattura all’interno del partito.

L’esponente della sinistra socialista, infatti, dichiara che “Il nostro consenso alla “Carta d’intenti” di Bersani , con la nostra disponibilità ad essere parte di primarie congegnate sullo schema di un neo-ulivo troncato a sinistra ed aperto al centro, segna, di fatto, la fine di ogni possibilità di ricostruire la sinistra italiana attorno alla riaffermazione di una sua nuova, e finalmente maggioritaria , identità socialista, e sancisce l’esaurimento di ogni nostra autonoma proposta di programma finalizzata a ricostruire, anche in un quadro di alleanze a sinistra, una soggettività politica socialista.”

A mio avviso quello con il PD è un abbraccio mortale, nel quale, complice la futura legge elettorale che andrà a semplificare il quadro politico a favore dei grandi partiti, cancellando le cenerentole, porterà di certo alla dissoluzione del PSI o, ancora peggio, ad un suo depotenziamento ideologico, politico e, ovviamente, a livello di rappresentanza. Se qualche socialista sopravvivrà e avrà una sedia sotto al sedere lo dovrà, esclusivamente, alla bontà del padrone democratico e di sinistra.

Aggiungerei che il PD è stato congegnato (ed anche bene) per gestire una società opulenta, in cui il livello di tensione sociale è bassissimo ed il dissenso residuo può essere tranquillamente espulso nell’area della non rappresentanza. Il PD, però, non è adatto all’età della crisi. Rischia, non di cedere, ma di perdere pezzi troppo importanti che lo priverebbero della sua centralità. Ed il PD ò è centrale o è marginale e la marginalità lo ucciderebbe. Andare con il PD nell’età della crisi è un suicidio; vuol dire imbarcarsi in una nave di certo lussuosa destinata ad incagliarsi sui fondali bassi. Questa azione, da parte del PSI, è giustificabile solo in due modi: da un lato si crede che questa crisi sia “passeggera”, e che di qui a breve si tornerà nel meraviglioso mondo in cui noi tutti siamo consumatori con il portafogli gonfio e la carta di credito pronta all’uso, mondo che l’occidente colloca già in un mitico passato. Cosa, questa, semplicemente ridicola. Dall’altro lato, probabilmente, il destino del socialismo non è tra le preoccupazioni della direzione del PSI. Probabilmente il cancro dell’amministrazione ha intaccato la capacità di fare politica: l’essere in parlamento (del tutto ipotetico, poiché la legge elettorale potrebbe essere ancora più maligna delle nostre peggiori previsioni), supera, in importanza, i motivi per cui i socialisti dovrebbero essere alla camera ed al senato. Un mix di infantilismo nell’analisi, di moderatismo (malattia senile del socialismo) per non parlare di altre, meno nominabili pulsioni, rischiano di portare alla tomba il PSI.

Quello che mi sostiene, eticamente e moralmente, in questa fase, è che il socialismo, come concetto e come pratica politica, non coincide con un partito, anche se nel nome “socialista”; più o meno come la bottiglia del latte non è il latte. Da un lato un’appartenenza storica, un insieme di ideali, di pratiche, di aspirazioni, di giuste richieste di libertà e giustizia sociale, dall’altra un semplice contenitore.

Anche se ci sarebbe da sottolineare che le scelte politiche del PSI vengono fatte da un gruppo dirigente privo di “copertura congressuale” (quest’anno, infatti, si sarebbe già dovuto svolgere il congresso per il rinnovo delle cariche statutarie, sulla cui reale data di svolgimento grava un penoso, imbarazzante, silenzio) e che quindi il consenso generale da parte degli iscritti sulla linea politica è decisamente presunto, ma non verificato, va bene anche così.

Il socialismo sopravvivrà anche alla fine del PSI. Ne sono convinto. L’importante è che dopo che la nave del PD si sarà incagliata, ed i tender di D’Alema & C. li lasceranno in acqua, nessuno chieda di essere salvato. Non ci saranno altri salvagenti, né altre scialuppe di salvataggio.

Mario Michele Pascale

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