Spero lo
sappiate: molti dei nostri parlamentari che votano contro i diritti alle coppie
di fatto sono essi stessi conviventi fuori del matrimonio, ma, non si sa
perché, godono di un trattamento legislativo di favore, che si sono fatti ad
hoc, per cui i loro conviventi sono trattati con gli stessi diritti che
avrebbero dentro un matrimonio regolare: assistenza sanitaria, quota
contributiva doppia, reversibilità della pensione…
È dal 1990
che i parlamentari si sono fatti una legge apposita, per cui basta che il partner dichiari di convivere more
uxorio da almeno tre anni e la legge lo tratta come uno sposo legittimo (Regolamento
di assistenza sanitaria integrativa dei deputati, art. 2, lettera d). Il
25% dei parlamentari e del personale della Camera usufruisce di questi
trattamenti di favore. La differenza tra gli eletti e gli impiegati di
Montecitorio sta nel fatto che per i primi il diritto può estendersi anche
oltre il convivente (ad esempio ai figli, anche quelli nati «fuori dal
matrimonio», ma fino al raggiungimento della maggiore età), mentre per i
secondi ci si limita al partner.
Ultimamente
ai partner di fatto è stato riconosciuto anche il vitalizio. Ma non basta: il diritto al vitalizio è riconosciuto
anche al partner di fatto dei consiglieri regionali! Ecco dove arriva
l’ipocrisia di costoro: negare agli altri quello che si è votato allegramente
per se stessi da vent’anni! E poi non dovremmo chiamarli una Casta?
Tullio
Marra
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