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mercoledì 1 agosto 2012

Europa - La fine dell’euro è vicina

Per quanto Draghi, Merkel, Hollande o Juncker si impegnino a mostrare la loro unità per salvare l’euro, la moneta unica non ha più senso, osserva Die Welt am Sonntag. Perché i paesi membri sono troppo diversi per poter utilizzare una moneta comune.

Michael Fabricius 30 luglio 2012 DIE WELT Berlino

L’Europa politica è sempre più in crisi. E per chi non lo avesse ancora capito, la prova è arrivata la settimana scorsa. La dichiarazione comune del presidente francese François Hollande e della cancelliera tedesca Angela Merkel di “fare di tutto per proteggere [la zona euro]” è stato il classico gesto di disperazione.

Infatti già dalla terza frase della dichiarazione, era evidente che i paesi membri della zona euro, comprese Francia e Germania, non avevano più la stessa visione della crisi. Gli stati, “ognuno secondo le proprie prerogative, dovranno adempiere ai propri obblighi”. Una frase che può essere interpretata come una capitolazione: che ognuno se la sbrighi da solo.

Assistiamo agli ultimi sussulti della diplomazia comune nella zona euro. Il consenso è solo di facciata, in profondità sono all’opera forze centrifughe che stanno diventando sempre più forti. Qualche giorno fa il responsabile della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, ha lasciato intravedere nuovi aiuti in favore degli stati in crisi; il giorno dopo è stato smentito dal ministro delle finanze [tedesco] Wolfgang Schäuble. Nel frattempo la Grecia chiede altro tempo, mentre giorno dopo giorno ci arrivano nuovi comunicati sulle mancanze del governo di Atene e diversi responsabili politici tedeschi chiedono apertamente l’allontanamento del paese dalla zona euro.

Invece di parlare dei problemi del suo paese, il ministro degli affari europei spagnolo preferisce chiedere un rafforzamento degli aiuti provenienti dalla Germania. Per quanto riguarda invece le soluzioni da adottare – acquisto diretto o indiretto di obbligazioni, salvataggio delle banche, programmi di rigore – nessuno è d’accordo.

In fin dei conti il governo tedesco è in posizione di minoranza solo nel Consiglio della Bce. Ma se si includono gli stati membri dell’Europa orientale, la situazione è già diversa. Un profondo divario separa il nord dal sud. E prima o poi saremo costretti a guardarci negli occhi e a confessare che le cose non vanno.

In undici anni di esistenza dell’euro le zone economiche dell’Europa del nord e del sud invece di avvicinarsi si sono allontanate. In queste condizioni una moneta comune non ha senso.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

 Da Varsavia

“Lo scenario peggiore si sta realizzando”


“Siamo già alla fine dell’eurozona?”, si domanda Rzeczpospolita dopo che il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha rifiutato l’idea di un bailout da 300 miliardi per Madrid da parte di Berlino. Il quotidiano conservatore sottolinea che “l’eurozona non ha soldi da parte per salvare la Spagna”, e comunque il costo dell’operazione supererebbe i 300 miliardi. Secondo gli esperti del think tank londinese Open Europa, la cifra finale si aggirerebbe infatti tra i 450 e i 650 miliardi.

Secondo Rzeczpospolita “l’Ue non può permettersi di salvare la Spagna. Diversamente da Grecia, Portogallo o Irlanda, la Spagna è semplicemente troppo grande”. Dunque l’unica speranza è che

il piano di Madrid per un bailout da 300 miliardi sia solo una posizione da negoziato, e gli spagnoli si accontentino dei 100 miliardi [già stanziati per salvare le banche del paese]. Se invece la situazione della Spagna si dimostrerà davvero così grave, l’esistenza stessa dell’eurozona potrebbe essere a rischio.

Secondo il quotidiano l’attuale crisi mostra quanto “fosse utopica l’idea di una confederazione di stati con una moneta comune ma diversi sistemi politici, sociali ed economici”. E aggiunge: “stiamo osservando l’inizio della fine dell’attuale modello di unione monetaria”. Allo stato attuale il problema del bailout spagnolo sarà probabilmente risolto

con l’emissione moneta vuota da parte della Bce. Ma questo non metterà fine alla farsa […]

Presto o tardi qualche [paese] collasserà e la piramide di mutui prestiti crollerà. Dunque a meno che l’eurozona cambi radicalmente non c’è motivo di continuare a spendere denaro per rinviare la sua morte.

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