Pensare Globale e Agire Locale

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martedì 19 giugno 2012

ITALIA - Monti, la sinistra, la responsabilità e l’ipocrisia

Sembra passato un secolo ma in realtà è trascorso molto meno di una anno da quando oltre i due terzi del Parlamento, Pd in testa, salutava la nascita del Governo Monti come la panacea dei mali italiani. Il Partito Socialista propose al Premier incaricato tre proposte “di sinistra”: un prestito forzoso in titoli di stato in modo da abbassare lo spread e “nazionalizzare” buona parte del nostro debito pubblico, una patrimoniale dell’1% su patrimoni, con esclusione della prima casa e l’innalzamento delle aliquote maggiori per i redditi sopra i 150mila euro. Come noto il governo decise in tutt’altra maniera, il Ps, con il solo Vizzini votò la fiducia per “senso di responsabilità innanzi all’appello del capo dello Stato” e per non apparire deboli dinanzi l’accusa di populismo e demagogia, per molti versi fondata, delle forze più radicali presenti in Parlamento.

In questi mesi i socialisti sono rimasti coerenti con quella impostazione arrivando a formalizzare, nelle scorse settimane, un sostegno “limitato”, scegliendo di volta in volta in base alle proprie convinzioni il voto favorevole o contrario. Nel frattempo, prima sottovoce poi più esplicitamente, si è aperto un dibattito anche nel Partito Democratico, con Fassina che suggerisce di “verificare rapidamente se esiste la possibilità di riformare la legge elettorale e, se questa non c’è, considerare la possibilità di anticipare la legge finanziaria per il 2013 e votare in autunno” poiché “in questo contesto politico e con questo Parlamento, Monti non ha la forza di portare avanti altre riforme”.

Una considerazione quasi disarmante nella sua semplicità che ha avuto il merito di aprire uno squarcio in quel velo di ipocrisia che accompagna il Governo sin dalla sua nascita. Un Governo di cui nessuno, tranne il solo Casini, rivendica la paternità, che pure in questi mesi ha adottato provvedimenti molto lontani dalle proposte della sinistra e dei riformisti. La previsione di una IMU pesantissima anche sulla prima casa, l’innalzamento dell’Iva al 21 e poi al 23%, la compressione dei diritti dei lavoratori in materia di licenziamenti, l’assenza di qualunque iniziativa per tassare i grandi patrimoni hanno culturalmente allontanato il Governo dalle forze più progressiste e (sicuri sia un caso?) anche dal consenso popolare, pressoché dimezzato nel giro di sei mesi.

Era dunque naturale che con l’avvicinarsi della scadenza elettorale i partiti della sinistra, seguendo anziché anticipando gli umori dei cittadini elettori, cominciassero ad interrogarsi fino a che punto è sostenibile un Governo di banchieri, accademici, qualche furbetto e tanto ben visto Oltretevere e quanto ne siano condivisibili le scelte economiche e sociali. Il rischio Borse e Spread non può rappresentare un alibi per nessuno: se dopo i fallimenti berlusconiani e le controriforme montiane il Pd e la coalizione che si candida a governare il paese non pensa di poter fare di meglio allora forse è davvero giusto che questa classe politica vada a casa e ci si affidi per i prossimi lustri ai tecnici. Ma non è questo il bene per l’Italia.

Marco Di Lello

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