Nella pericolosa incertezza del momento, Bersani ha proposto un “Patto dei democratici e dei progressisti” e primarie aperte tra coloro che condivideranno quel patto.
Qualcosa di più delle primarie del PD e qualcosa di meno delle primarie di coalizione.
D’altra parte stabilire coalizioni senza ancora conoscere la legge
elettorale non è facile, ma fermi non si può stare.
Con ciò ha spiazzato gli
alleati e le sue correnti interne. E pur ammettendo che ci sono ancora “molte
contraddizioni” ha deciso di dettare i tempi. Una sorta di guerra preventiva,
obbligando coloro che vorranno correre contro di lui a tirare fuori le carte.
Non a caso, la vera notizia non è stata “il PD fa le primarie”, ma “Bersani si
candida”, “per mettere in movimento la forza dei progressisti e non lasciarla
spettatrice di acrobazie altrui”.
Il patto verrà proposto ai “Partiti di un centrosinistra di Governo”, ma anche ad associazioni, liste civiche, sindaci e amministratori, eccetera.
Il patto verrà proposto ai “Partiti di un centrosinistra di Governo”, ma anche ad associazioni, liste civiche, sindaci e amministratori, eccetera.
Un modo per
presentare da subito un profilo chiaro e di governo, e obbligare gli altri a
fare chiarezza. Il PD, che ha dato prova di responsabilità dando il via libera
al governo Monti, sa di non poter tornare indietro, ma deve fare chiarezza a
sinistra. Soprattutto con IDV e SEL che, pur per calcoli politici diversi, sono
all’opposizione del governo, ma con un piede mezzo dentro ed uno mezzo fuori
dalla coalizione. Altro che foto di Vasto.
Il PSI invece la fiducia al governo
l’ha votata e sta nel centrosinistra con cultura di governo da sempre.
Il documento di Covatta e Nencini, in occasione del 120° anniversario della
Fondazione del PSI, fa giustizia di alcune nostre incertezze. In sintesi. Nel
contesto della crisi economica internazionale riprende il suo ruolo il
socialismo europeo, il secolo socialdemocratico non è morto. Occasione buona
per superare l’anomalia italiana rispetto alla dialettica politica europea,
superando quel bipolarismo agonistico tra una destra e una sinistra
immaginarie, incarnate da soggetti dall’identità confusa. La profondità della
crisi, dopo decenni di assoluta distanza, riavvicina, anzi fa coincidere
l’identità socialista con la necessità di politiche socialdemocratiche. Quindi
l’appello: “In questa prospettiva è decisivo che le forze della sinistra
democratica e riformista si uniscano fra loro e si riconoscano finalmente nel
Partito del socialismo europeo senza ulteriori ambiguità”. Non è un ultimatum,
ma un giusto e adeguato appello politico.Che implica alcune cose. Prendere atto oggi, con maggiore forza di ieri, che se
abbiamo difeso il socialismo, in tutti questi anni, non lo abbiamo fatto per
nostalgia del nostro passato, ma perché crediamo nella sua capacità di
rinnovarsi e rispondere concretamente agli obbiettivi di giustizia sociale e
libertà che sono parte della sua storia e quindi del suo presente.
Negli ultimi
decenni in Italia, ma anche nel resto del mondo, il socialismo è stato spesso
dipinto come un “relitto inutilizzabile del passato”. E la nostra voce
“pregiudizialmente irrilevante”, come dice Alberto Benzoni in una lettera
aperta pubblicata su queste pagine domenica scorsa. Insomma raffigurati o come
i ladri di tangentopoli o come vecchi statalisti socialdemocratici contro il
mercato e contro la modernità.
Un modo sbrigativo finora, per rendere la parola prima odiata e poi superata.Ma non è così nel giudizio generale dell’opinione pubblica. I maggiori sondaggisti confermano che la rilevanza politica di un partito è data dalla originalità (distintività) delle sue proposte politiche concrete e dalla forza (visibilità) con la quale queste proposte sono sostenute dal suo gruppo dirigente. Come dire, per quanto ci riguarda, non è la parola socialista che non tira, ma la difficoltà di associare la parola, quindi il PSI, a precise proposte politiche, esclusive, ritenute interessanti per almeno una parte dell’elettorato. Cosa non semplice, certamente, fuori dal parlamento, ma è questa una valutazione che ci consente comunque qualche passo avanti e, anche per l’immediato, qualche semplice considerazione.
Un modo sbrigativo finora, per rendere la parola prima odiata e poi superata.Ma non è così nel giudizio generale dell’opinione pubblica. I maggiori sondaggisti confermano che la rilevanza politica di un partito è data dalla originalità (distintività) delle sue proposte politiche concrete e dalla forza (visibilità) con la quale queste proposte sono sostenute dal suo gruppo dirigente. Come dire, per quanto ci riguarda, non è la parola socialista che non tira, ma la difficoltà di associare la parola, quindi il PSI, a precise proposte politiche, esclusive, ritenute interessanti per almeno una parte dell’elettorato. Cosa non semplice, certamente, fuori dal parlamento, ma è questa una valutazione che ci consente comunque qualche passo avanti e, anche per l’immediato, qualche semplice considerazione.
Non si può avere la tessera in tasca del PSI e non far valere la nostra
soggettività e la necessità di più socialismo per la società. D’altra parte non
possiamo chiedere consensi per il solo fatto di essere socialisti (questo vale
sia a livello nazionale che a livello locale), se non caratterizziamo la nostra
azione intorno a poche proposte, riconoscibili e ricevibili.
Il collegamento ai programmi concreti dei socialisti europei per superare la crisi rappresenta il nostro vero valore aggiunto. Un valore politico molto maggiore del nostro peso elettorale, assolutamente utile a quel che resta della coalizione e anche al PD.
Il collegamento ai programmi concreti dei socialisti europei per superare la crisi rappresenta il nostro vero valore aggiunto. Un valore politico molto maggiore del nostro peso elettorale, assolutamente utile a quel che resta della coalizione e anche al PD.
Nelle prossime settimane il partito deciderà se presentare un proprio esponente
politico, il segretario nazionale, alle primarie aperte. Qualunque scelta si
farà, sarà politica e motivata. Ma una cosa è certa, qualunque sia la
decisione, dovremo mettere in campo il nostro essere socialisti, il socialismo
europeo e le nostre proposte socialiste. Da questo campo non potremo muoverci.
Sia nel caso si decidesse di presentare le nostre proposte come “alternative” a
quelle di Bersani, sia nel caso si decidesse di schierarci con lui, sostenendo
la sua leadership di governo come quella più credibile per costruire una
sinistra democratica nella prospettiva del socialismo europeo.
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