Pensare Globale e Agire Locale

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martedì 26 giugno 2012

Eurozona - Monti, l’ultima speranza dell’Europa

Soltanto un’unione politica può salvare l’euro e l’Ue e soltanto il primo ministro italiano può dirlo a chiare lettere e persuadere la Germania: lo sostiene alla vigilia del summit di questa settimana il columnist Wolfgang Münchau. Che poi si chiede: ma Monti lo farà?
Wolfgang Munnchau 25 giugno 2012 FINANCIAL TIMES Londra

Provate a immaginare che sia già giovedì prossimo. È sera e al vertice dei capi di stato del Consiglio europeo il primo ministro italiano si alza in piedi e si rivolge ai presenti in questi termini: “Signor presidente, cari colleghi, ci troviamo davanti a una scelta facile. Oggi possiamo salvare l’euro e gettare le fondamenta per una futura unione politica, oppure possiamo bocciare tutto e fallire. Noi tutti sappiamo bene quello che bisogna fare per salvare l’euro: ci occorre assolutamente un’unione bancaria per la Spagna, un’unione fiscale per l’Italia e un’unione politica per la Germania.

Naturalmente potremo dissentire sui dettagli, ma questo fine settimana dovremo comunque metterci d’accordo su alcune divergenze e prendere una decisione sui provvedimenti da intraprendere adesso. Le politiche che abbiamo varato per risolvere la crisi sono fallite, più e più volte. Adesso abbiamo bisogno di qualcosa che funzioni. E subito. Se non ci riusciremo, vi garantisco che non potrò più far parte di questo consesso e che il mio paese uscirà da questo progetto”.

Lasciate che premetta, innanzi tutto, che non mi aspetto che Mario Monti dirà veramente queste cose, neppure in una versione più criptica. Monti è a capo di un governo tecnico e il suo compito consiste nel mettere a posto le cose. Tener testa alla cancelliera tedesca – oltretutto mettendosi in mostra, come direbbero alcuni – e ancora meno scommettere sul futuro dell’Italia, non rientra tra le sue responsabilità. I partiti politici italiani lo hanno designato perché avevano bisogno che al playboy subentrasse un idraulico, non un giocatore d’azzardo. E l’ultima cosa al mondo che desideravano era un leader.

Credo che vi siano i presupposti per una scommessa calcolata, ma se ne devono comprendere fino in fondo rischi e benefici. Il punto non sta tanto nel costringere Angela Merkel a venire allo scoperto con le proprie carte, come pretendono alcuni dei miei amici italiani e spagnoli. Angela Merkel non sta bleffando, anche se una disgregazione della zona euro sarebbe evidentemente disastrosa per la Germania. Joschka Fischer, ex ministro degli esteri, ha detto di recente che consentendo alla zona euro di disgregarsi la Germania infliggerebbe per la terza volta in un secolo una devastazione spaventosa all’Europa e a se stessa.

Chi cerca di scoprire il gioco della Germania spesso immagina un livello di razionalità del tutto inesistente. I tedeschi hanno sviluppato una concezione alquanto strana della crisi: seguendo il dibattito in corso in Germania – come io faccio sistematicamente – se ne ricava l’impressione di un universo parallelo. Per esempio, lì si nega categoricamente che le eccedenze delle partite correnti possano esserne – seppur in modo remoto – una causa. Nell’interpretazione tedesca dei fatti, l’economia è equiparabile a una partita di calcio, che la Germania sta vincendo. E compito della cancelliera è sostenere una squadra contro un’altra, come ha fatto a Danzica venerdì scorso, quando la nazionale tedesca ha sconfitto la Grecia. La Germania, al pari della signora Merkel, sembra inarrestabile.

L’esiguo numero di dirigenti capaci e l’élite economica capiscono qual è la posta in gioco, ma sono disposti a correre il rischio di un incidente. La salvezza dell’euro non è il loro obiettivo primario.

Quando Otmar Issing, ex capo economista della Banca centrale europea, respinge categoricamente qualsiasi forma di rateizzazione del debito, come ha fatto in un recente articolo sulla stampa, omette di riportare ciò che accadrebbe se il governo dovesse seguirne i consigli: la zona euro si dissolverebbe.

Quando arriveranno pressioni in questo senso, arriveranno dall’Italia. La settimana scorsa Silvio Berlusconi ha detto in modo alquanto inquietante che un’uscita dall’euro non sarebbe da considerarsi “blasfema”. Ha prospettato una scelta molto semplice: o l’Italia riceve aiuti in extremis con il bailout e la Germania esce dalla zona euro, oppure esce l’Italia. A me sembra quasi che Berlusconi stia preparando il suo partito a far campagna in vista delle prossime elezioni a colpi di euroscetticismo, per respingere la sfida proveniente dal Movimento Cinque Stelle e dal suo leader Beppe Grillo. Si dice che Berlusconi abbia studiato i suoi discorsi e i suoi interventi scritti nei minimi dettagli. In pratica, stiamo assistendo al processo in virtù del quale una posizione anti-euro può diventare dominante.

La giusta posizione

Quando ciò accadrà, potrebbe essere troppo tardi per salvare l’euro. I leader della zona euro hanno avuto oltre tre anni per agire, ma li hanno sprecati. A livello individuale saranno anche persone intelligenti, ma in gruppo hanno evidenziato un livello incredibile di incompetenza economica e finanziaria. Ricordate il concetto di contrazione fiscale espansionistica? Oppure la balzana idea di speculare sul Fondo salva-stati? O ancora quella di salvare in extremis gli investitori privati su base volontaria? Crediamo davvero che siano queste le persone in grado di fare in un solo giorno ogni cosa in modo giusto, quando per tre anni di fila non ne hanno imbroccata una?

L’unica speranza è che qualcuno dall’interno se la senta di sfidare Angela Merkel. Questo sfidante dovrebbe porre il veto a qualsiasi fandonia dell’ultima ora che verosimilmente sarà proposta giovedì. Come può essere plausibile un’unione politica in futuro se oggi non riusciamo a salvare l’euro? Siamo arrivati al nostro mezzogiorno di fuoco.

Nessuno più del premier italiano è nella giusta posizione per contrastare Angela Merkel. È Monti l’ultimo insider europeo. È intelligente ed eloquente. Nella lista dei paesi attaccati dai mercati, il suo è il prossimo. E l’Unione europea non ha un piano “B”.

Una minaccia di dimissioni sarebbe plausibile e spaventerebbe molte persone. In ogni caso, che cosa avrebbe da perdere? Il consenso di cui gode nei sondaggi è sceso e sta perdendo anche parte dell’appoggio all’interno della sua coalizione. Soltanto dicendo la verità al potere, Monti potrà salvare il proprio paese, e l’euro.


Consiglio europeo - Preparativi frenetici per il “vertice dell’ultima spiaggia

A tre giorni dal Consiglio europeo di Bruxelles del 28 e 29 giugno, definito dagli osservatori “decisivo” per il futuro dell’euro, proseguono i preparativi e si intensificano gli incontri tra i protagonisti. Dopo aver partecipato il 22 giugno al “mini vertice” di Roma tra Italia, Germania, Spagna e Francia, il 25 giugno François Hollande si è incontrato a Parigi con Mario Draghi. Il presidente della Banca centrale europea cercherà di convincere Hollande della necessità di un’unione bancaria e di una maggiore integrazione politica. La missione di Draghi si annuncia difficile, perché come spiega La Stampa:

se gli altri [leader] non riusciranno a prendere decisioni efficaci [durante il vertice del 28 e 29 giugno], i cocci li dovrà rimettere insieme lui.

Anche se i mercati sembrano convinti che Draghi troverà una soluzione

dentro la Bce diventa sempre più difficile compiere nuove mosse senza che i tedeschi della Bundesbank – ripetutamente rimasti in minoranza negli ultimi mesi – facciano conoscere all’esterno il proprio dissenso, con perdita di prestigio per tutti.

Mercoledì 27 Hollande riceverà a Parigi Angela Merkel. Con la cancelliera tedesca “le divergenze sono ancora forti”, sottolinea Les Echos.

Il quotidiano francese ricorda che “è sul terreno della solidarietà che Hollande cercherà di ottenere concessioni da Angela Merkel”, che resta “ostile all’idea di un grande balzo in avanti istituzionale”.

Il presidente francese ha rinunciato a mettere sul tavolo del negoziato gli eurobond, ma conta di convincere la cancelliera ad accettare altre forme di mutualizzazione del debito, che si tratti di eurobills [obbligazioni a breve scadenza], di un fondo di ammonizzazione del debito o della possibilità di consentire al fondo di salvataggio europeo di acquistare titoli di debito di paesi in difficoltà per contrastare il rialzo dei tassi.

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