Claudi Pèrez
27 giugno 2012 El Paìs Madrid
La crisi europea si protrae ormai da
parecchi anni e finora, quando se ne è occupata, la Germania ha dato prova di
una leadership meschina, svilita da calcoli politici, dogmatismo e rifiuti a
ripetizione. La recessione è in corso da tempo nel Sud, e per due motivi
principali: la crescita incontrollata di questi ultimi anni – della quale oggi
paghiamo il prezzo – e quei bailout che altro non sono che bruscolini di
solidarietà, accompagnati da misure di austerity molto inflessibili
(pericolosamente inflessibili), volute da Berlino.
Questo maleficio dell’austerity, che
permette di sviluppare politiche di crescita, avrebbe dovuto restituire fiducia
alla zona euro, mentre non ha fatto altro che far precipitare la moneta unica
in una crisi esistenziale. Malgrado tutto, la situazione è in evoluzione.
La cancelliera Angela Merkel, il suo
ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble e il presidente della Banca centrale
tedesca Jens Weidmann, hanno elaborato in questi ultimi giorni una proposta che
con vecchi ingredienti vorrebbe sfornare qualcosa di nuovo: mai, nel corso
degli ultimi vent’anni, Berlino si era espressa a voce così alta e così chiara
a proposito di un’unione politica. Bruxelles ha raccolto il guanto della sfida
il 26 giugno con un documento ambizioso che mira a ricostruire l’edificio europeo,
lanciando una proposta che mette a dura prova i limiti dell’Ue, nella misura in
cui la paralisi ha indebolito terribilmente l’euro.
A condizione dunque che i paesi
membri si impegnino attivamente e con determinazione in questo iter finalizzato
all’unione politica, l’Ue accetta di togliere alcuni ostacoli affinché la
Germania faccia concessioni in certi ambiti. Tuttavia, sussistono parecchie
incognite, come accade quasi sempre allorché si ha a che fare con l’Europa.
Di incognite ne vedo due, perlopiù.
La prima riguarda il ruolo che vorrebbe rivestire la Francia di Hollande.
Parigi di sicuro non si accontenterà di fare da accompagnamento al primo
violino tedesco, ma al contempo deve lottare contro una deriva
intergovernativa, contro la sua allergia al modello federale. In secondo luogo,
ci si potrebbe chiedere come si possa gestire l’enorme crisi dell’euro sul
breve periodo per evitare un’implosione.
Queste due domande rimangono in
sostanza del tutto aperte nella proposta che hanno messo a punto i quattro
presidenti, per la precisione quello del Consiglio europeo Herman Van Rompuy;
quello della Commissione José Manuel Barroso; il presidente della BCE Mario
Draghi; e quello dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Bruxelles inizierà a
riflettere e a lavorare su questi dossier a partire dal 28 giugno, in occasione
del summit dei capi di stato e di governo.
Le aspettative sono all’altezza dei fallimenti
precedenti. I dirigenti decideranno se questo documento deve essere adottato
oppure se limitarsi a fare bei discorsi e andare avanti senza un calendario
preciso. Sono tuttavia costretti a trovare una soluzione in tempi più che
rapidi per i paesi che sono sul punto di affogare.
Seguendo gli auspici della Germania,
la versione 2.0 dell’Ue intende porre vincoli molto rigidi a ogni paese.
Secondo la bozza, che fissa come termine ultimo il mese di dicembre, Bruxelles
non si accontenterebbe di fissare un tetto massimo per le spese e il debito
pubblico: se uno stato membro volesse emettere più debito di quello che è
autorizzato a fare, dovrebbe giustificarlo e ricevere in via preventiva
l’autorizzazione delle istituzioni europee.
Questa decisione equivarrebbe de
facto a consegnare la chiave della cassaforte a una sorta di superministro
delle finanze, e in definitiva a creare un Tesoro pubblico europeo. Questo
coronerebbe il sogno di Berlino, che auspicava di fare quanti più possibili
passi avanti verso l’unione di budget. In cambio di ciò, la Germania dovrebbe
accettare una cosa che considera ancora oggi tabù: un certo livello di
rateizzazione del debito.
Palla a
Hollande
Certo, tutto ciò avverrebbe per
tappe, cercando il compromesso come si è sempre fatto in Europa. “In una
prospettiva di medio termine, si potrebbe valutare l'emissione di debito comune
come elemento di tale unione di bilancio subordinato ai progressi
nell'integrazione di bilancio”, si legge nel documento, con una formula che
allude in modo appena velato agli eurobond.
Oltretutto, si procede ancor più
verso un’unione bancaria, un supervisore comune – la Bce – con un fondo di
garanzia comune e un fondo di ricapitalizzazione delle banche. In linea
generale, sono i mercati a tradurre al meglio l’incomprensibile linguaggio
europeo. “Si tratta di una prima tappa verso un’unione politica e di budget,
indispensabile se si vuole che Angela Merkel accetti qualcosa di vagamente
simile agli eurobond” spiegano alcune fonti finanziarie.
Queste stesse fonti puntano inoltre
il dito contro le lacune delle quali potranno approfittare gli investitori per
continuare a scommettere contro l’euro: “Un calendario preciso non esiste. La
proposta stessa non è sufficientemente chiara, e questo lascia pensare che sussistano
profonde divergenze di opinione. La buona notizia è che l’Europa fa passi
avanti. Quella cattiva è che continua a procrastinare sempre tutto:
nell’autunno 2013 ci saranno le elezioni in Germania e Berlino insiste a dare
una grande rilevanza ai calcoli elettorali, malgrado la gravità della crisi”.
Insomma, è sempre così
nell’imminenza di un summit. Questa volta la palla è nel campo di François
Hollande, che ha dato nuovo respiro al progetto europeo, ma che deve far
presente con precisione fino a dove intende spingersi. Non mancheranno certo i
dirigenti che alzeranno le sopracciglia: la cancelliera Angela Merkel, per
esempio, a sole 48 ore dal summit ha dichiarato in modo lapidario: “Finché
vivrò, niente eurobond”. (Traduzione di Anna Bissanti)
Commento
Il piano soft per l’Ue di Van Rompuy
Il tanto atteso nuovo piano del presidente del Consiglio Europeo Herman Van
Rompuy, finalizzato a garantire il futuro della zona euro, è “meno ambizioso” e
“di portata significativamente inferiore” rispetto alle versioni precedenti,
afferma il Financial Times. Il quotidiano economico londinese precisa che il
piano, che in effetti auspica la creazione degli eurobond e l’istituzione
eventuale di un Tesoro centrale per l’Ue, sarà discusso al summit del 28/29
giugno. Nella bozza in questione
si propone di dare
alle istituzioni dell’Ue il potere di redigere da capo i budget nazionali e si
esortano le leadership dei paesi della zona euro a utilizzare il fondo salva
stati di 500 miliardi di euro per ricapitalizzare le banche europee. Se le
bozze precedenti del rapporto contenevano anch’esse misure dettagliate da
prendere a breve termine per risolvere l’attuale scompiglio dei mercati, la
bozza del piano presentato da Van Rompuy sul sito web del Consiglio Europeo
contiene meno dettagli e non propone alcuna scadenza per la sua attuazione.
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