Il tema
dell'unità e univocità di una proposta europea, anche a sinistra e nel PES, non è di secondaria importanza .
Collettivo
socialista chivassese
Per salvare l'Euro serve l'Europa Politica?
Per salvare l'Euro serve l'Europa Politica?
Dipende. Assolutamente no se per Europa politica si
intende ciò che ha più volte ripetuto Angela Merkel. L'Europa che ella
prefigura è assai inquietante: una definitiva espropriazione della libertà
democratica dei cittadini sulle decisioni in materia di bilancio, accentrate a
Bruxelles. In cambio la Germania propone un "fondo di redenzione" in
cui i paesi metterebbero in comune il debito eccedente il fatidico 60% del Pil,
impegnandosi a restituirlo in una ventina d'anni. Null'altro che un
rafforzamento del cosiddetto Fiscal Compact già imposto da Berlino: due decenni
di austerità assicurata in una Europa divisa fra ricchi e poveri. E' questa una
prospettiva inaccettabile e disastrosa.
Più Europa servirebbe, invece, se l'obiettivo fosse
quello di assicurare la crescita delle aree più svantaggiate. Qualsiasi
soluzione deve invero rispondere al problema alla base della crisi: la moneta
unica ha aggravato i differenziali di competitività fra le economie europee
deboli e forti. Questo ha prodotto una decade di stagnazione e poi la crisi per
l'Italia, mentre la Spagna ha mascherato il problema dietro una crescita di
carta, anzi di mattone, finanziata da afflussi di capitali tedeschi e si
ritrova oggi indebitata sino al collo. In genere i sostenitori dell'Europa
politica come salvifica tralasciano tali problemi e ne trascurano i relativi
costi e ostacoli politici, provenienti soprattutto dai tedeschi.
Una Europa politica genuina e sostenibile implica
infatti principi di riequilibrio economico fra paesi e di perequazione sociale
fra i propri cittadini che possono essere realizzati in due modi. Il primo è
una vera svolta europea volta a: mettere assieme i debiti pubblici (eurobond)
stabilizzando i debiti pubblici nazionali, invece di ridurli; creare un
bilancio federale degno di questo nome per sostenere domanda, occupazione e
ambiente; riformare la Bce nella direzione del sostegno alla politica fiscale e
sviluppo; fissare un target di inflazione almeno al 4% con l'impegno tedesco ad
attenersi a tale obiettivo, dando spazio al recupero di competitività dei paesi
periferici. In alternativa si potrebbe procedere verso una "transfer
union" che mantiene lo status quo nelle competitività relative mentre i
paesi forti redistribuiscono alla periferia i proventi dei surplus commerciali
sotto forma di congrui trasferimenti monetari, in modo da realizzare una
perequazione negli standard di vita.
Mentre la seconda strada è chiaramente inattuabile, la
prima potrebbe essere tempestivamente perseguita. Ciò senza richiedere
premature ed eccessive cessioni di sovranità nazionale. Ma l'opposizione della
Germania a quelle ragionevoli misure è formidabile non volendo quel paese
abbandonare il proprio modello neo-mercantilista basato sulle esportazioni. In
verità c'è al momento un bailamme di proposte volte ad aprire un varco al muro
dei nein tedeschi. La confusione è dunque grande e non promette nulla di buono
e di tempestivo, mentre i mercati non perdoneranno le mezze misure.
Sergio
Cesaratto
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