Il blogger vuole candidarsi in
attesa del processo contro di lui.
Il popolare blogger anti-corruzione russo Alexiei Navalni ha lanciato pubblicamente il guanto di sfida a Vladimir Putin annunciando la propria intenzione di diventare presidente e, in caso di vittoria, di mandarlo in galera insieme con i suoi amici, tra cui il trader petrolifero Ghennadi Timshenko e il banchiere Arkadi Rotenberg.
La mossa è arrivata con largo anticipo sulle prossime elezioni, previste nel 2018, ma a sole due settimane dall'inizio del primo processo nei suoi confronti, dove Navalni prevede che lo condanneranno per impedirgli di candidarsi.
Una scelta di tempi che ha indotto analisti, avversari ma anche oppositori irriducibili al pari di Eduard Limonov a interpretare l'annuncio come un tentativo di politicizzare il processo presentandosi come prigioniero politico: una cosa è processare un blogger per un reato economico, un'altra un oppositore con ambizioni presidenziali in un procedimento in odore di persecuzione politica.
CAMBIAMENTO NEL PAESE. «Voglio diventare presidente», ha dichiarato in un'intervista rilasciata alla tivù Dozhd, vicina all'opposizione. «Voglio cambiare la vita in questo Paese, voglio cambiare il sistema di governo di questo Paese, voglio fare in modo che i 140 milioni di persone che vivono in questo Paese e che hanno gas e petrolio in abbondanza, non vivano nella miseria e nell'indigenza più nera, ma vivano in un Paese normale, come nei Paesi europei», ha spiegato, senza tuttavia illustrare un programma concreto.
POPOLARITÀ IN ASCESA. «Non serve nient'altro che non mentire e non rubare», ha sostenuto il blogger, che ha costruito la sua popolarità lottando contro la corruzione e il malaffare, coniando con successo anche lo slogan «partito dei ladri e dei truffatori» per la putiniana Russia Unita.
Una popolarità, suggerisce un recente sondaggio dell'Istituto Levada, aumentata nell'ultimo anno sull'onda delle proteste di piazza contro il Cremlino, dal 6% al 37%, anche se sono in diminuzione quelli che lo voterebbero come presidente (dal 32% al 14%).
Colpa della campagna di denigrazione e della censura dei media, ha accusato Navalni: «Se più persone fossero al corrente del mio lavoro, la loro opinione su di me cambierebbe, come pure il loro atteggiamento verso il potere».
Il popolare blogger anti-corruzione russo Alexiei Navalni ha lanciato pubblicamente il guanto di sfida a Vladimir Putin annunciando la propria intenzione di diventare presidente e, in caso di vittoria, di mandarlo in galera insieme con i suoi amici, tra cui il trader petrolifero Ghennadi Timshenko e il banchiere Arkadi Rotenberg.
La mossa è arrivata con largo anticipo sulle prossime elezioni, previste nel 2018, ma a sole due settimane dall'inizio del primo processo nei suoi confronti, dove Navalni prevede che lo condanneranno per impedirgli di candidarsi.
Una scelta di tempi che ha indotto analisti, avversari ma anche oppositori irriducibili al pari di Eduard Limonov a interpretare l'annuncio come un tentativo di politicizzare il processo presentandosi come prigioniero politico: una cosa è processare un blogger per un reato economico, un'altra un oppositore con ambizioni presidenziali in un procedimento in odore di persecuzione politica.
CAMBIAMENTO NEL PAESE. «Voglio diventare presidente», ha dichiarato in un'intervista rilasciata alla tivù Dozhd, vicina all'opposizione. «Voglio cambiare la vita in questo Paese, voglio cambiare il sistema di governo di questo Paese, voglio fare in modo che i 140 milioni di persone che vivono in questo Paese e che hanno gas e petrolio in abbondanza, non vivano nella miseria e nell'indigenza più nera, ma vivano in un Paese normale, come nei Paesi europei», ha spiegato, senza tuttavia illustrare un programma concreto.
POPOLARITÀ IN ASCESA. «Non serve nient'altro che non mentire e non rubare», ha sostenuto il blogger, che ha costruito la sua popolarità lottando contro la corruzione e il malaffare, coniando con successo anche lo slogan «partito dei ladri e dei truffatori» per la putiniana Russia Unita.
Una popolarità, suggerisce un recente sondaggio dell'Istituto Levada, aumentata nell'ultimo anno sull'onda delle proteste di piazza contro il Cremlino, dal 6% al 37%, anche se sono in diminuzione quelli che lo voterebbero come presidente (dal 32% al 14%).
Colpa della campagna di denigrazione e della censura dei media, ha accusato Navalni: «Se più persone fossero al corrente del mio lavoro, la loro opinione su di me cambierebbe, come pure il loro atteggiamento verso il potere».
«Un giorno vinceremo
e li metteremo in prigione»
L'avvocato-blogger
ha alzato il tiro sino a promettere il carcere per Putin e la sua cerchia di
amici: «Un giorno vinceremo e li metteremo in prigione». Intanto, però, è lui a
rischiare 10 anni di carcere nel processo che si apre il 17 aprile a Kirov, 900
km a est da Mosca, il primo di una serie di procedimenti ancora pendenti. Tutto
dipende dal leader del Cremlino, ha sostenuto, aggiungendo di non avere «alcuna
possibilità di entrare nel cervello di Putin».
Secondo l'accusa, Navalni, che nel 2009-2010 lavorava come consulente del governatore della regione di Kirov Nikita Belikh (nominato dall'allora presidente Medvedev), si sarebbe accordato con il direttore della ditta statale Kirovles, Viaceslav Opalev, e con il dirigente di un'altra società privata del settore per sottrarre asset alla Kirovles, in tutto oltre 10 mila metri cubi di legno, con un danno per le casse della regione pari a 400 mila euro.
MARTIRE POLITICO. «Condannandomi, anche con la condizionale, mi priveranno della possibilità di presentarmi alle elezioni presidenziali», ha spiegato, evocando la norma che impedisce ai pregiudicati di partecipare alle competizioni elettorali. «Ma io non voglio andarmene, vorrei veramente che i miei figli crescessero qui e parlassero russo», ha assicurato, lanciando un monito: «Tutti gli innocenti che sono in prigione non hanno bisogno che di una cosa, di enormi folle che scendano in strada». Il Cremlino è avvisato: il rischio è quello di creare un martire politico.
Secondo l'accusa, Navalni, che nel 2009-2010 lavorava come consulente del governatore della regione di Kirov Nikita Belikh (nominato dall'allora presidente Medvedev), si sarebbe accordato con il direttore della ditta statale Kirovles, Viaceslav Opalev, e con il dirigente di un'altra società privata del settore per sottrarre asset alla Kirovles, in tutto oltre 10 mila metri cubi di legno, con un danno per le casse della regione pari a 400 mila euro.
MARTIRE POLITICO. «Condannandomi, anche con la condizionale, mi priveranno della possibilità di presentarmi alle elezioni presidenziali», ha spiegato, evocando la norma che impedisce ai pregiudicati di partecipare alle competizioni elettorali. «Ma io non voglio andarmene, vorrei veramente che i miei figli crescessero qui e parlassero russo», ha assicurato, lanciando un monito: «Tutti gli innocenti che sono in prigione non hanno bisogno che di una cosa, di enormi folle che scendano in strada». Il Cremlino è avvisato: il rischio è quello di creare un martire politico.
Claudio Salvalaggio - ANSA
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