Giorgio Napolitano
loda il coraggio che portò alle larghe intese nel 1976, lanciando un messaggio
a tutte le forze politiche di oggi, e sembra riferirsi a Beppe Grillo nel
criticare alcune “campagne moralizzatrici”, come quella annunciata oggi dal
Movimento 5 Stelle.
In occasione della
commemorazione al Senato di Gerardo Chiaromonte, storico dirigente del Pci e
tra i principali artefici negli anni Settanta della collaborazione di governo
tra Dc e Pci, il capo dello Stato ha ricordato: Nel 1976 “ci volle coraggio per
quella scelta di inedita larga intesa e solidarietà, imposta da minacce e prove
che per l’Italia si chiamano inflazione e situazione finanziaria fuori
controllo e aggressione terroristica allo Stato democratico come degenerazione
ultima dell’estremismo demagogico”.
In conclusione del
suo intervento, il Presidente della Repubblica ha poi parlato di “certe
campagne che si vorrebbero moralizzatrici in realtà si rivelano, nel loro
fanatismo, negatrici e distruttive della politica”. Nella lezione del dirigente
comunista, secondo Napolitano, c’è “la visione, innanzitutto, della politica
come responsabilità cui non ci si può sottrarre”.
Napolitano, Bersani, Berlusconi, Grillo e l’ombra di Aldo Moro
08 - 04 – 2013 - Il 1976 è un anno lontanissimo nella
memoria dei più. Politicamente rappresenta un periodo distante eppure vicino.
Napolitano ha voluto ricordare questa tragica ed insieme esaltante pagina di
storia per sottolineare il coraggio di “quella” classe dirigente che seppe far
fronte ad una stagione di emergenza istituzionale ed economica. L’Italia allora
era ancora alle prese con le conseguenze nefaste della crisi petrolifera del
1973. Inflazione e recessione erano parole diffuse come oggi lo è il termine
‘spread’. La società ribolliva e la lotta politica era particolarmente dura.
Erano gli anni del terrorismo e delle Brigate Rosse in un Paese che era di
frontiera in un mondo diviso in due blocchi e in piena guerra fredda.
Nelle elezioni del
1976 il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, propose agli elettori una
politica di “compromesso storico”. Era una posizione speculare e conseguente a
quella della Dc. Aldo Moro prefigurava infatti una ”terza fase” con la
possibilità di una alternanza vera e propria con Botteghe Oscure e quindi il
passaggio da una democrazia bloccata ad una ‘normale’. Sia la Dc che il Pci
aumentarono il loro consenso e quasi pareggiarono (rispettivamente 38% e 34%).
Il governo della Solidarietà Nazionale a guida Andreotti nacque così e la risposta
delle BR fu tremenda. Il giorno della presentazione alle Camere del nuovo
esecutivo, Moro fu rapito e successivamente ucciso. Quella barbarie finì per
condizionare tutta la storia successiva. La terza fase non arrivò mai: il muro
di Berlino cadde prima.
Le parole di
Napolitano non sembrano voler riproporre banalmente quella forma di governo
(monocolore di minoranza, allora Dc e oggi Pd, con appoggio esterno delle
principali forze parlamentari). Il coraggio di cui parla il Capo dello Stato è
quello dei grandi leader che sacrificarono la loro vita per la democrazia
italiana. Dopo Moro, nessuno ha saputo e voluto raccogliere questa sfida.
Sapranno Grillo, Monti, Berlusconi e Bersani anteporre l’interesse del Paese a
quello dei loro partiti?
Paolo Messa
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