Pensare Globale e Agire Locale

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giovedì 21 febbraio 2013

GERMANIA/ITALIA - Il voto italiano spaventa la Germania


Merkel non commenta. Ma Schulz è contro il Cav. Il Ft mette in guardia da Grillo. E dal ticket Monti-Bersani.
di Pierluigi Mennitti
Giovedì, 21 Febbraio 2013 – Da Berlino - Se Angela Merkel non ha proprio nessuna voglia di essere trascinata nell'ultimo miglio della campagna elettorale italiana, altri esponenti politici tedeschi, titolari di ruoli istituzionali, non si sono tirati indietro nel suggerire agli elettori della Penisola i loro personali consigli.
Così il presidente del parlamento europeo Martin Schulz, socialdemocratico, che ha speso un paio di giorni alla convention del Partito democratico di Torino, ha pensato bene di prendersi una rivincita verbale sull'uomo che una decina di anni fa gli propose pubblicamente il ruolo cinematografico di kapò, rilasciando un'intervista alla Bild nella quale ha invitato gli italiani a non ricadere nella tela del Cavaliere.
SCHULZ SI VENDICA DI BERLUSCONI. «Alla ricerca di personali scappatoie, Silvio Berlusconi ha già portato il Paese alla rovina con azioni di governo irresponsabili e nel voto del 24 e 25 febbraio è in gioco anche la credibilità che il premier Mario Monti è riuscito a restituire all'Italia», ha scritto lo Standard che ha riportato alcune anticipazioni dell'intervista.
Schulz si è poi detto molto fiducioso «che gli italiani sapranno individuare la scelta corretta per il loro Paese».
BERLINO VUOLE RESTARE NEUTRALE. Dalle parti della cancelleria, invece, c’è stata sorpresa e irritazione per l’improvvida uscita di Monti  sullo scarso gradimento per un governo guidato dal leader del centrosinistra Pier Luigi Bersani.
Il portavoce di Merkel ha dovuto ribadire ancora una volta, via Twitter, la neutralità di Berlino di fronte alle scelte degli italiani: una dichiarazione a uso e consumo della stampa italiana, giacché dell'incidente diplomatico fra Monti e Merkel non v'è stata alcuna traccia sui quotidiani tedeschi del 21 febbraio.

Il risultato del voto può minare la stabilità dell'Italia

Sono stati pubblicati invece molti articoli sulle ultime battute di campagna elettorale e, in tutti, è prevalso un tono preoccupato sugli esiti che il risultato potrebbe avere sulla stabilità di un Paese chiave nella crisi dell'euro.
Wolfgang Münchau, giornalista economico del Financial Times dotato in curriculum di una vera laurea e un vero master e di una rubrica settimanale sullo Spiegel online, ha tracciato un quadro non proprio rassicurante delle opzioni che si presentano all'elettore italiano: «Immaginatevi di dover andare alle urne e di avere una scelta ristretta fra un clown, un miliardario condannato in prima istanza per evasione fiscale, un politico di apparato della sinistra che non capisce nulla di economia e un professore di economia che non capisce nulla di politica».
LA PAURA DI GRILLO, L'ANTI-EUROPEO. L'attacco dell'articolo è efficace, anche se abusato e utilizzato nel recente passato per descrivere bizzarre competizioni elettorali in alcuni Paesi fragili dell'Europa orientale. Ma ha almeno il merito di aver allargato lo spettro dell'incertezza all'intero spettro politico italiano, evitando la trappola dell’ossesione tedesca tutta concentrata su Berlusconi: «Beppe Grillo, per esempio, viaggia su percentuali che sfiorano il 20% e più viene sottovalutato più diventa insidioso. Sicuramente non vincerà le elezioni, ma per la prima volta siederà in parlamento un grande partito dichiaratamente antieuropeista».
ESALTATI I MESSAGGI POPULISTI. Münchau ha descritto le debolezze delle proposte dei quattro candidati principali, evidenziando come la campagna elettorale abbia accentuato le difficoltà di Monti e Bersani ed esaltato le qualità populistiche di Berlusconi e Grillo.
Poi ha tracciato gli scenari possibili, secondo il criterio dell'interesse europeo e della stabilità della moneta unica: «Una vittoria completa del centrosinistra di Bersani, che un mese fa appariva certa, sarebbe stato il risultato migliore. Ma una vittoria risicata, quale quella che i sondaggi oggi suggeriscono, garantirebbe il ritorno alle urne in breve tempo».
IL PERICOLO DELLA GROSSE KOALITION. Al contrario della maggior parte degli osservatori tedeschi, Münchau non ha mostrato grande considerazione per il ruolo che Monti può svolgere nei futuri equilibri politici: «Una chiara vittoria della sinistra sarebbe un buon segnale per l'Italia, così anche una chiara vittoria della destra. Ma un successo stentato per una qualsiasi delle due coalizioni è il peggior risultato possibile. Un governo Bersani-Monti non sarebbe garanzia di stabilità: è come se in Germania venisse messa in piedi una coalizione fra liberali, socialdemocratici, Linke, verdi e forse i pirati. In più dovrebbe confrontarsi con una forte opposizione antieuropeista, guidata da Berlusconi e Grillo».
Lo scenario migliore? «Allo stato dei sondaggi, l'ipotesi meno dannosa sarebbe quella di un patto fra Bersani e Berlusconi», ha azzardato il giornalista, «una sorta di Grosse Koalition guidata dallo stesso leader Pd o da Angelino Alfano, con il Cavaliere confinato ad agire nelle retrovie. Un governo stabile, votato alle riforme, che si troverebbe di fronte due opposizioni diverse, Monti e Grillo, e dunque destinate a neutralizzarsi. Il ritorno di Berlusconi sarebbe uno shock per Angela Merkel ma non il peggior incidente pensabile».
FALSE PROMESSE ELETTORALI. Le inattese incertezze del Monti politico hanno sorpreso anche il Neue Zürcher Zeitung: «Non solo il noto pifferaio Berlusconi, ma anche gli altri due candidati di spicco Monti e Bersani hanno disseminato la campagna elettorale di promesse dubbiose e regali fiscali difficilmente realizzabili nella complicata situazione finanziaria in cui versa il Paese».
Per il quotidiano svizzero è indicativo il fatto che «in tutti i programmi delle principali coalizioni in campo si punti a una maggiore solidarietà finanziaria dell'Europa come elemento centrale per affrontare la crisi nei prossimi mesi: eurobond o almeno una ripartizione dei tassi di rischio sul debito, eccezioni alla disciplina di bilancio e al Fiscal pact per incentivare investimenti pubblici mirati alla crescita».
Aiuti europei al posto delle politiche di risparmio: un terreno incerto sul quale si è finora smarrito anche François Hollande e che non sarà agevole almeno fino alle elezioni tedesche di settembre
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