Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


martedì 13 marzo 2012

ITALIA: Governo

Bersani guarda al 2013: Sfida Pdl e avverte Monti

Leader Pd lancia "alternativa" e vede male la riforma elettorale

Roma, 13 mar.- Altro che 'Monti-bis', Pier Luigi Bersani sfrutta il 'caso' creato da Angelino Alfano la scorsa settimana e rilancia, puntando 'a sinistra' e mandando più di un avvertimento al presidente del Consiglio Mario Monti. Il segretario Pd, nei giorni scorsi, aveva fatto il punto numeri alla mano con i dirigenti a lui più vicini in questo momento e la conclusione era stata che il partito non poteva permettersi di 'scoprire' il suo fianco sinistro, che stando ai sondaggi vale il 25% del mercato elettorale. Le amministrative sono alle porte, ma subito dopo sarà di fatto piena campagna elettorale per le politiche ed il leader democratico non ci sta a farsi logorare dai 'montiani'. La strategia è quella di porsi come "baricentro" tra Terzo polo e sinistra, segnando bene le distanze dal Pdl: "Quando parlo con Alfano sono quasi sempre in disaccordo".

Ecco allora che il Pdl è "irresponsabile" perché "accende i fuochi", ha attaccato oggi; sull'articolo 18 è meglio "non scherzare"; il Governo Monti è nato per "evitare di finire come la Grecia", ma non ha una "maggioranza politica solida"; sabato prossimo, a Parigi all'incontro dei progressisti europei "verrà fuori una piattaforma molto alternativa". Per quanto riguarda le alleanze, Bersani pensa a un "centrosinistra di governo", garantito però da un "patto esigibile", ovvero l'impegno a decidere a maggioranza, in caso di disaccordo su un tema. Un centrosinistra che si rivolga ai moderati, anche se poi "ognuno farà le sue scelte". E anche sulla legge elettorale il messggio è: "Mi viene il dubbio che non la si voglia fare".

Monti chiama i leader: Vertice a tre, si parla di tutto

"Non potevamo finire in un angolo". Tra i temi nomine Rai

Alla fine Mario Monti ha dovuto alzare il telefono. Impegnato all'Eurogruppo di Bruxelles, il premier è stato costretto dall'escalation della polemica tra Alfano e Bersani a tornare ad occuparsi della tenuta della sua maggioranza. Giro di colloqui con i segretari 'ABC', e nota per ufficializzare la voce che girava da tempo: vertice a tre, convocato per giovedì sera, in cui si affronteranno i temi internazionali, quelli economici, la riforma del mercato del lavoro ma anche Rai e giustizia.

Perchè di fronte ad una polemica sempre più incandescente, Monti non ha trovato altra soluzione che riprendere in mano la situazione, rinunciare all'ipotesi di colloqui bilaterali - pure ripresa in esame dopo lo stop di Alfano - e convocare il vertice. Una decisione preannunciata ai leader dei partiti, e in primis ad Alfano che proprio di Rai e giustizia aveva spiegato di non volersi occupare. Ma di fronte alla determinazione del premier, il segretario Pdl ha preso atto,e la nota è stata diramata.

Non che questo significhi che Monti abia intenzione di mettere mano alla governance della Rai, viene spiegato da palazzo Chigi, ma certo la scadenza del Cda è tema impellente e di nomine bisognerà parlare. Così come l'arrivo in commissione giustizia del ddl anti corruzione necessita un chiarimento tra i partiti anche su quel tema. Senza dimenticare che la riforma delmercato del lavoro è arrivata alla stretta decisiva.

"Non potevamo farci mettere in un angolo", spiega una fonte di governo, nè accettare la logica dei veti: "Di questo passo avremo finito per non poterci occupare più di niente".

Bersani: Pdl irresponsabile se 'accende fuochi' ora

"Bisogna mandare avanti l'esecutivo"

Il Pdl compie un gesto irresponsabile se si mette ad aprire fronti polemici in questo momento. Lo ha detto il segretario Pd Pier Luigi Bersani, a margine della presentazione di un libro. A chi gli chiedeva se il clima sia ormai quello della campagna elettorale, Bersani ha risposto: "Io non me n'ero accorto, prima che Alfano sollevasse tanti temi polemici. Se è così, ci avvisino, vorremmo partecipare. E' da irresponsabili accendere dei fuochi in un momento in cui bisogna comunque mandare avanti l'azione di governo".

Da sfida laboratorio a frattura, a Palermo disastro Terzo Polo

Voto doveva 'affondare' Alfano,ora Pdl vicino a intesa con Casini

Roma, 13 mar. - Capolavoro Palermo, caso in predicato di passare alla storia per quantità e qualità di colpi di scena. Partita a metà strada tra sudoku e risiko, soprattutto emblema di un Terzo Polo incapace di correre unito alle amministrative proprio nel luogo simbolo del prossimo voto locale. Lì, nella terra di Angelino Alfano, rischia di rompersi il giocattolo. Lì, dove il segretario del Pdl temeva una sconfitta casalinga pesantissima, Udc e Fli hanno deciso alla fine di fare come a Lecce, altro importante centro del voto amministrativo: dividersi. E se davvero il Pdl convergerà su Costa, il 'laboratorio Palermo' - che tanto aveva lasciato sperare i terzopolisti più convinti - servirà invece a testare l'intesa tra il partito di Berlusconi e quello di Casini.

Uniti a Palermo e Genova, era questa l'asticella - neanche troppo alta - fissata da Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini alcune settimane addietro. "Bastano quelle due città simbolo", andava ripetendo il presidente della Camera, capace in un primo momento di convincere il leader Udc a mollare l'intesa con il Pdl nel capoluogo siciliano e a schierare il Terzo Polo su Costa. Poi però le primarie del Pd vinte da Ferrandelli hanno infranto il precario equilibrio.

In fondo, l'Udc mai aveva accettato il veto futurista all'alleanza con il Pdl e, soprattutto, mai e poi mai avrebbe accettato l'intesa con Lombardo, ormai avversario in Regione. I sospetti (sempre smentiti) di un sostegno riservato di Lombardo in chiave anti Borsellino, l'apertura di Costa al Pdl e la scelta di Mpa e Fli di rompere con il giovane candidato hanno fatto il resto, creando i presupposti di un'alleanza fra Pdl e Udc che il partito di Alfano è chiamato a sancire entro stasera. Resta il nodo della possibile convergenza del Pid di Romano su Costa, inviso all'Udc.

Per capire la portata della frattura bisogna ricordare la valenza simbolica della sfida palermitana. Terra di Alfano, ma anche di Renato Schifani, roccaforte forzista fin dai tempi mitici del '61-0', Palermo rischiava di consegnare il Pdl al ruolo di terzo contenitore politico, alle spalle di Pd e Terzo polo. Per Costa - in chiave anti Pdl - molto si era spesa l'ala siciliana di Fli, i primi a rompere con il pidielle quando ancora Futuro e libertà neanche era stata pensata. Molto si è scritto sul pressing del segretario berlusconiano su Fini e Casini per evitare la sconfitta e una crisi tutta interna al Pdl dagli esiti imprevedibili. In gioco, però, c'era anche la partita della candidatura alle prossime regionali, alla quale ambisce fortemente l'Udc. Senza contare i difficili rapporti tra il nascente Grande Sud di Micciché e Alfano. Un autentico rebus, dal quale però Alfano riesce almeno a ottenere la frantumazione del Terzo Polo siciliano.

A Verona, invece, l'Udc ha deciso di candidare Luigi Castelletti. Fli ha accettato, accantonando l'idea Lucia Cametti e dovendo dunque ripiegare su un nome diverso da quello selezionato e annunciato. Il Pdl, 'orfano' di Tosi, ha deciso di sostenere Castelletti. Ricostruendo, almeno nel capoluogo scaligero, l'antico Polo di centrodestra. A Lecce, invece, i ruoli di Udc e Fli sono invertiti, rispetto a quelli ricoperti a Palermo: i finiani corrono con il pidiellino Fitto e con Poli Bortone, l'Udc ha annunciato una propria corsa solitaria con Luigi Melica. A Genova, infine, il nome sul quale Fli e Udc hanno deciso di convergere è quello di Enrico Musso. Almeno a Genova l'intesa terzopolista pare reggere.

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