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mercoledì 1 febbraio 2012

ONU: Siria, il ricatto di Mosca. Putin tratta il veto per avere mano libera in Cecenia

Ci sono voluti 10 mesi di massacri, 5 mila persone uccise, 400 bambini torturati e decine di migliaia di profughi ammucchiati ai confini con la Turchia per portare il dossier siriano sul tavolo delle Nazioni unite.
La contestazione pacifica di un popolo che chiedeva pane e democrazia si è trasformata in una guerra civile sotto gli occhi dell’Occidente inerme, terrorizzato all’idea che il precario equilibrio mediorientale potesse sfarinarsi insieme al regime amico degli Assad.
Soltanto quando i corpi hanno iniziato a marcire ai bordi delle strade in una progressione inarrestabile, caduti sotto i colpi dell’esercito ufficiale e di quello ormai quasi ugualmente armato composto dai dissidenti, il
Palazzo di Vetro ha deciso di intervenire: la prima riunione è fissata per il 31 gennaio, ora americana.
LO SCAMBIO CON MOSCA. «La fine di Assad è inevitabile», aveva sentenziato la Casa Bianca il giorno prima, dettando la linea agli altri con tardiva chiarezza.
Il punto non è più, dunque, se Bashar e il suo clan rimarranno al potere, ma quanto ci metteranno a lasciarlo. E come. La trattativa si preannuncia lunga. Nessuno dubita del veto della Russia, storica alleata di Damasco e Teheran: su una risoluzione di condanna è scontato. Ma gli sherpa della diplomazia sperano che il niet possa trasformarsi in un’astensione. Con un po’ di tempo e qualche promessa.

La spinta del Qatar per una transizione guidata

Il piano su cui si ragiona informalmente è quello proposto dalla Lega Araba, i cui emissari sono volati a New York per sensibilizzare il segretario Onu Ban Ki-Moon e compagni.
Si tratta di negoziare l’uscita di scena di Bashar al Assad in una transizione guidata dagli arabi e accettata dall’Occidente, sul modello di quanto accaduto in Yemen con l’ex dittatore Ali Abdullah Saleh.
Ma la bozza di risoluzione su cui sono tenuti a esprimersi i 15 membri del Consiglio di sicurezza - cinque permanenti con diritto di veto, 10 imprestati dall’Assemblea generale - è in realtà molto meno vincolante: si limita a condannare le violenze e la violazione dei diritti umani e a chiedere la cessazione della fornitura di armi alle due parti, senza imporre alcun embargo.
L'INTERVENTISMO DEGLI EMIRI. Non sfugge, però, a nessuno il valore simbolico di un coinvolgimento delle Nazioni unite nella partita siriana: una volta riuniti intorno al tavolo i maggiorenti della diplomazia internazionale, la strada è tracciata. E molti dubbi all’Occidente sono stati fugati dall’interventismo del Qatar: l’emiro bin Kalifa già a dicembre aveva spinto per l’invio di truppe armate a Damasco contro l’esercito di Assad.
Tanto dovrebbe bastare a convincere i tre membri permanenti del Consiglio di sicurezza con diritto di veto (Francia, Inghilterra e Stati Uniti), ma non la Russia (il quarto). Pechino, quinta super potenza, si appresta a seguire le mosse di Mosca.

La trattativa: nessuna ingerenza in Cecenia e l'egemonia in Medio Oriente

I russi non si muovono solo secondo gli schemi delle antiche amicizie con la Siria e l’Iran, sviluppate durante la Guerra fredda. Le ragioni per trattare sull’astensione sono parecchie.
MANI LIBERE A GROZNYJ. In cima all’elenco, riferiscono fonti diplomatiche, c’è la Cecenia, vera ossessione del Cremlino. Mosca teme più di ogni altra cosa un intervento dell’Occidente in favore degli indipendentisti, brutalmente repressi, torturati e deportati anche dopo la fine dell’ultima guerra con l’ex capitale sovietica (2006).
La garanzia che nessuno chiederà conto di quanto succede è l'unica condizione capace di convincere la Russia ad avallare qualsiasi intervento.
UN RUOLO DI PREDOMINIO. Ma la Siria è anche l’occasione perfetta per tornare a contare nei salotti internazionali. Riferiscono i bene informati che il premier Vladimir Putin, già presidente e pronto a rioccupare la poltrona nel marzo 2012, non abbia digerito l’atteggiamento del suo successore Dmitri Medvedev, reo di essere stato meno attivo sui palcoscenici stranieri.
Sul Medio Oriente
Putin punta per ridare alla Russia un ruolo egemonico, in un’area dalla quale, oltretutto, gli Stati Uniti cercano di investire sempre meno. Senza contare che l’influenza sul mondo musulmano è fondamentale per Mosca per tenere calme le proprie repubbliche islamiche affacciate sul Caspio.
I DOSSIER SULLA LIBIA. L’asso nella manica di Putin sono i dossier delle operazioni della Nato in Libia: tra le pagine si nascondono rivelazioni imbarazzanti, per esempio sull’effettivo ruolo degli Alleati al fianco dei ribelli. E se la trattativa con gli altri membri del Consiglio di sicurezza non dovesse andare liscia, la Russia saprebbe come metterli in grande difficoltà.
I tempi per la fine degli Assad e l’impegno delle Nazioni unite potrebbero essere lunghi, insomma: forse addirittura fino alla rielezione dello zar.
Ammesso che la situazione a Damasco non precipiti: «La palla di neve si è trasformata in una valanga che è ormai fuori controllo», raccontano fonti diplomatiche. In quel caso, anche il Palazzo di Vetro dovrebbe accelerare.

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