Pensare Globale e Agire Locale

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giovedì 16 febbraio 2012

CRAXI, LA MEMORIA E GLI ERRORI

A proposito della proposta di intitolare a Bettino Craxi una via di Firenze
16/02/2012 -  Almeno una volta all'anno si torna a parlare di Craxi. Esclusivamente del suo rapporto con la giustizia anziché del nodo più antico che la sinistra dovrebbe finalmente recidere e che in quegli anni si fece inestricabile matassa (ricordate decreto di San Valentino, punti di scala mobile e dintorni?).
Il rapporto tra libertà ed uguaglianza e, fuor dai principi, l'applicazione di questo binomio nel governo della cosa pubblica. Si continua invece ad accapigliarsi celebrando il festival degli errori e degli smemorati. Il modo più ininfluente per fare politica.
Metteremo il 'nodo' al centro del ricordo dei 120 anni di nascita del socialismo italiano, tra poche settimane, a Genova, la città nella quale, nel 1892, si riunirono, si divisero e crearono un partito le tante anime del movimento operaio.
Perchè tutti vengono da lì, Gramsci e Turati, Terracini e Pertini, Silone, Matteotti e Anna Kuliscioff.
Ma, tirati per i capelli sul tema alla moda – non per questo il più rilevante – esprimiamo volentieri la nostra opinione.
In “Eutanasia di un potere”, l'autore sostiene che Craxi, a partire dal discorso tenuto alla Camera nel luglio 1992 (dibattito sulla fiducia al governo Amato), scelse consapevolmente la strada che ne avrebbe segnato l'azione fino alla morte: spiegare al mondo che il sistema di finanziamento ai partiti e alla classe politica era irregolare. Per tutti.
Questa condotta - l'attacco a testa bassa alla magistratura e ai partiti dalla memoria corta - lo portò prima all'isolamento, poi ad essere additato quale capro espiatorio dell'intero arco costituzionale, diversamente dai leaders democristiani e di altre forze politiche.
L'opinione che larga parte degli italiani si è fatta nasce da qui. Non da solide radici di verità ma dall'essere rimasto, Craxi, al centro del ring mentre altri sceglievano strategie più duttili. Ma i nodi vengono al pettine. Sempre. Perchè la storia non fa sconti a nessuno.
Qualche giorno fa, in un sondaggio promosso da Sky, il 93% (sic!) degli italiani affermava di stare meglio quando si stava peggio. Gli esempi potrebbero continuare eppure si tratterebbe sempre di esempi incongrui rispetto all'entità del problema - etica pubblica, ruolo dei partiti, governo del bene comune, risorgimento della politica perchè la 'tecnica' non ha mai amministrato il mondo – come sanno i cittadini che vivono in questa Italia fragile e fino a ieri derisa.
So bene quanto sia spinosa la questione 'una strada per Craxi'. E a quanti e quali equivoci e scorciatoie possa offrire una spalla.
A vent'anni dalla sua caduta, però, urgono alcune precisazioni, dirette soprattutto a chi usa argomenti da bassa cucina. Craxi è stato un eccellente statista. Rileggersi le opinioni espresse allora sul suo governo, le idee divenute buone leggi ed il giudizio maturato negli ambienti internazionali. Craxi è stato condannato per reati attinenti il finanziamento del partito. E' un fatto.
Craxi ha sostenuto movimenti di liberazione che hanno contribuito a costruire la democrazia laddove vi erano dittature (Spagna, Grecia, Portogallo, paesi dell'Est Europa, con la Polonia di Walesa alla testa, organizzazioni palestinesi). E' nelle memorie dei leaders aiutati, anni dopo eletti capi di governo e capi di stato.
Craxi – ha sostenuto De Benedetti, e con lui molti altri - ha interpretato la volontà di modernizzazione dell'Italia negli anni '80. Lui, Spadolini e pochi altri. E di quella modernizzazione l'Italia aveva bisogno.
Craxi non comprese gli effetti che la caduta del Muro avrebbe determinato. Errore politico. Grave.

Craxi non merita di veder tirato il suo nome come la trippa per ragioni miserrime di tattica di questo o di quello schieramento. Lasciate che la memoria riposi in pace e semmai domandatevi se quella idea di una sinistra riformista fosse valida oppure no per guidare una comunità complessa come l'Italia. Hic Rhodus, hic salta. Oggi non meno di ieri. Tutto ciò premesso, chi deve decida, in un modo o nell'altro. E chi ha dimenticato, soprattutto chi gli fu vicino, rammenti. Tutto il resto è già storia. D'Italia.
(Riccardo Nencini)

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