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mercoledì 22 febbraio 2012

ITALIA: Lavoro, Fornero evoca maggioranze variabili e spaventa il Pd

Bersani irritato. Letta: "Accordo sia a tre". Polemiche su Fiom

Roma, 22 feb.  - La reazione ufficiale è stata all'insegna del 'fair play', perché Pier Luigi Bersani ripete ai suoi che non bisogna cadere nella tentazione di gettare benzina sul fuoco, ma il leader Pd è davvero infastidito per i quotidiani 'ultimatum' del Governo sulla riforma del mercato del lavoro. Le parole pronunciate oggi dal ministro Elsa Fornero hanno per la prima volta evocato in maniera esplicita l'eventualità che più temono in casa democratica, quella delle 'maggioranze variabili'. Se l'intesa 'condivisa' fosse possibile solo su una "riforma non buona", a quel punto "il Governo si assumerà la responsabilità di andare avanti e i partiti, il Parlamento si assumerà la responsabilità di dire se appoggia il Governo o non lo appoggia". Il discorso pare chiaro: provate a votarci contro, assumetevi la responsabilità. Peraltro, un rischio calcolato quello evocato dalla Fornero, visto che se pure tutto il Pd votasse contro i numeri ci dovrebbero essere.

Ecco perché Bersani si è arrabbiato, eccome. Ed ecco perché Enrico Letta, che oggi ha avuto un dibattito pubblico proprio insieme alla Fornero e al leader Cisl Raffaele Bonanni, ha mandato un avvertimento preciso, sia pure accompagnato da tutta la diplomazia possibile: "Sono convinto che Fornero piloterà verso una buona riforma e una larga intesa", ha twittato. Però, interpellato al telefono, ha anche aggiunto: "Non ci sono 'maggioranze à la carte': il Dna di questa maggioranza è che tutte le riforme vanno votate a tre, e quindi devono essere convincenti per tutti e tre i pilastri del Governo", ovvero Pdl, Terzo polo e Pd.

I democratici, del resto, sanno bene quanto il tema sia delicato, lo scontro interno in atto sull'opportunità o meno di partecipare alla manifestazione Fiom è solo un leggerissimo antipasto di quello che capiterebbe se davvero si seguisse il percorso tracciato oggi dalla Fornero: un partito spaccato in due, l'ala 'sindacalista' (non solo quella filo Cgil, ma anche i cislini) che alza le barricate e ingaggia una guerriglia di emendamenti, i 'montiani' che si schierano col Governo e, magari, l'Esecutivo che pone la fiducia per bloccare la guerra di emendamenti Pd-Pdl. Fiducia che, a quel punto, almeno parte del Pd potrebbe non votare: "Diventerebbe complicato - ammette Cesare Damiano - il voto non sarebbe scontato...". Ovviamente, la tenuta del Governo non è in discussione, ma si aprirebbe una spaccatura gravissima nel partito, per Bersani sarebbero guai seri e persino l'ala più entusiasta di Monti vedrebbe comunque indebolirsi la propria posizione nel partito.

Ecco perché Bersani pubblicamente fa un po' polemicamente finta di non capire: "Dice bene il ministro Fornero, il Partito democratico appoggerà una buona riforma. Naturalmente la valuteremo confrontandola con le nostre proposte. Quel che ci vuole è un buon accordo perché i mesi difficili che abbiamo davanti devono essere affrontati con il cambiamento, con l'innovazione e con la coesione sociale". In privato, il segretario va ripetendo quello che da mesi dice sia a Monti che alla Fornero: c'è la recessione, le aziende chiudono, i licenziamenti sono a migliaia; se il Governo vuole rompere la pace sociale si accomodi, ma non è consigliabile; al Governo serve l'intesa con i sindacati e serve la forza responsabile del Pd.

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