L'annuncio in tivù da parte del vice
presidente e delfino Maduro.
Martedì, 05 Marzo 2013 - Il
Venezuela è in lutto. Alle 22.55 del 5 marzo è arrivato l'annuncio ufficiale
della morte del presidente Hugo Chavez.
Operato nei mesi scorsi di cancro, Chavez è morto a Caracas alle 16,25 ora locale.
L'annuncio è stato dato in tivù dal vicepresidente e suo delfino designato, Nicolas Maduro.
L'ANNUNCIO DI MADURO. «È un momento di profondo dolore», ha detto Maduro, interrompendosi tra i singhiozzi, nel discorso televisivo alla nazione.
MEMBRI DEL GOVERNO RIUNITI. «Chi muore per la vita non può essere considerato morto», ha sottolineato il vicepresidente, che ha dato l'annuncio della morte di Chavez parlando in tivù insieme ai membri del suo governo. «Nelle prossime ore renderemo noti tutti i programmi per rendere omaggio al nostro comandante», ha aggiunto, concludendo il suo intervento con un «Que viva Chavez!».
«MALATTIA INOCULATA». Nel corso della giornata si erano rincorse le voci sul peggioramento delle condizioni di salute del leader venezuelano, fino a quando lo stesso maduro aveva preso la parola, nel corso di una riunione del governo trasmessa in diretta televisiva, per adombrare l'ombra del complotto.
Chavez si è ammalato perché “è stato attaccato”, aveva detto Maduro, «come è successo con il leader palestinese Yasser Arafat».
Operato nei mesi scorsi di cancro, Chavez è morto a Caracas alle 16,25 ora locale.
L'annuncio è stato dato in tivù dal vicepresidente e suo delfino designato, Nicolas Maduro.
L'ANNUNCIO DI MADURO. «È un momento di profondo dolore», ha detto Maduro, interrompendosi tra i singhiozzi, nel discorso televisivo alla nazione.
MEMBRI DEL GOVERNO RIUNITI. «Chi muore per la vita non può essere considerato morto», ha sottolineato il vicepresidente, che ha dato l'annuncio della morte di Chavez parlando in tivù insieme ai membri del suo governo. «Nelle prossime ore renderemo noti tutti i programmi per rendere omaggio al nostro comandante», ha aggiunto, concludendo il suo intervento con un «Que viva Chavez!».
«MALATTIA INOCULATA». Nel corso della giornata si erano rincorse le voci sul peggioramento delle condizioni di salute del leader venezuelano, fino a quando lo stesso maduro aveva preso la parola, nel corso di una riunione del governo trasmessa in diretta televisiva, per adombrare l'ombra del complotto.
Chavez si è ammalato perché “è stato attaccato”, aveva detto Maduro, «come è successo con il leader palestinese Yasser Arafat».
IL PERSONAGGIO
Caracas piange Chavez
Ha guidato il Venezuela per 14 anni. Dando voce ai più poveri. Ora il presidente è morto. La lotta alla successione.
di Fabio Bozzato
Su una cosa, almeno,
tutti concordano. Nessun politico in Venezuela ha mai riconosciuto la propria
responsabilità di fronte a un fallimento. Hugo Chávez lo ha fatto, sorprendendo
tutti. E affascinando molti.
Dopo una lunga malattia Chavez è deceduto il 5 marzo. Il presidente era ormai in condizioni disperate. Una nuova crisi respiratoria, sul fisico già debilitato dalla chemioterapia, lo aveva ridotto in fin di vita.
MADURO E L'IPOTESI DEL COMPLOTTO. Nel pomeriggio il suo delfino, il vicepresidente Nicolas Maduro, aveva gridato addirittura al complotto a opera dei nemici «imperialisti» del Venezuela, che vogliono «destabilizzare» il Paese e che hanno inoculato la malattia al leader bolivariano così come è già successo al capo palestinese Yasser Arafat.
L'ESPULSIONE DEI DUE FUNZIONARI USA. Maduro aveva subito puntato il dito contro gli americani, tanto da aver espulso dal Paese due funzionari Usa dell'ambasciata di Caracas: un addetto militare, David Del Monaco, reo di aver cospirato con «i nemici della patria», e Debling Costal, accusato anch'egli di ingerenza e cospirazione.
Dopo una lunga malattia Chavez è deceduto il 5 marzo. Il presidente era ormai in condizioni disperate. Una nuova crisi respiratoria, sul fisico già debilitato dalla chemioterapia, lo aveva ridotto in fin di vita.
MADURO E L'IPOTESI DEL COMPLOTTO. Nel pomeriggio il suo delfino, il vicepresidente Nicolas Maduro, aveva gridato addirittura al complotto a opera dei nemici «imperialisti» del Venezuela, che vogliono «destabilizzare» il Paese e che hanno inoculato la malattia al leader bolivariano così come è già successo al capo palestinese Yasser Arafat.
L'ESPULSIONE DEI DUE FUNZIONARI USA. Maduro aveva subito puntato il dito contro gli americani, tanto da aver espulso dal Paese due funzionari Usa dell'ambasciata di Caracas: un addetto militare, David Del Monaco, reo di aver cospirato con «i nemici della patria», e Debling Costal, accusato anch'egli di ingerenza e cospirazione.
Il
difensore dei ceti più poveri: le origini del potere di Chavez
Ora che il caudillo è
scomparso il Paese si scopre senza leader mentre si apre la lotta alla
successione.
Ma per capire la portata del fenomeno Chavez, e quanto il Venezuela era tutt'uno con il suo presidente, bisogna tornare al 1992.
IL TENTATO GOLPE. All’alba del 4 febbraio un gruppo di militari, guidato dall’allora tenente colonnello Hugo Rafael Chávez Frías, tentò di detronizzare il presidente eletto Carlos Andréz Pérez.
Non erano golpisti qualsiasi, ma pochi all’epoca lo capirono: a cominciare - si dice - dall’attuale delfino chavista, Nicolas Maduro Moros, che da autista del Metrobus e militante di sinistra, li definì un manipolo di fascisti.
Ma il golpe capitanato da Chavez era nato tre anni prima nelle viscere dei quartieri popolari. E avrebbe segnato la storia del Venezuela per sempre.
IL CARACAZO DEI MILITARI GOLPISTI. Cos’era successo nel 1989? Il caracazo. Precipitati nella miseria dai tagli neoliberisti e dall’aumento dei prezzi, i venezuelani a frotte scesero disperati in piazza e assaltarono i negozi. Venivano dai barrios, i caseggiati di lamiere e cemento che dal boom petrolifero hanno riempito i pendii sulla valle dov’è distesa Caracas.
Il presidente chiese all’esercito di reprimere la rivolta. I militari spararono ad altezza d’uomo e la sera, dopo il coprifuoco, fecero irruzione nei vicoli continuando a fucilate dentro le case. In molti ricordano ancora le madri che nascondevano i bambini dietro il frigorifero.
Da quel massacro e da quelle rivolte maturò l’idea dei giovani militari golpisti. Chávez ha sempre rivendicato il caracazo nel pantheon del suo movimento. Il tenente colonnello aveva allora 38 anni e prima di finire in carcere dichiarò in tivù: «Per ora non abbiamo raggiunto gli obiettivi. E di fronte al Paese assumo la responsabilità del fallimento».
L'OSSESSIONE DEL SOGNO DI BOLIVAR. Chávez restò due anni dietro le sbarre, fino all’indulto. Due anni di intenso studio da leader, densi di incontri con intellettuali e capi comunitari, politici e sociali. Anni di fermento anche fuori dal carcere.
In quel periodo nacque e crebbe il movimento bolivariano, così come si perfeziona il virtuosismo della sua retorica, la mobilitazione ossessiva dell’icona di Simon Bolivar, che divenne il santo laico del Paese.
Chávez riuscì a far sognare il popolo degli invisibili, quelli scesi solo una volta nelle strade di Caracas, durante il caracazo e ricacciati a pallottole. Ed questo è il punto di rottura del chavismo.
In Venezuela vigeva infatti all’epoca il «punto fijo», una sorta di patto per escludere i partiti radicali e quello comunista dal potere. Chávez fu in grado di rompere lo schema, di far irrompere nella scena nuovi protagonisti, dai piani bassi della società.
Ma per capire la portata del fenomeno Chavez, e quanto il Venezuela era tutt'uno con il suo presidente, bisogna tornare al 1992.
IL TENTATO GOLPE. All’alba del 4 febbraio un gruppo di militari, guidato dall’allora tenente colonnello Hugo Rafael Chávez Frías, tentò di detronizzare il presidente eletto Carlos Andréz Pérez.
Non erano golpisti qualsiasi, ma pochi all’epoca lo capirono: a cominciare - si dice - dall’attuale delfino chavista, Nicolas Maduro Moros, che da autista del Metrobus e militante di sinistra, li definì un manipolo di fascisti.
Ma il golpe capitanato da Chavez era nato tre anni prima nelle viscere dei quartieri popolari. E avrebbe segnato la storia del Venezuela per sempre.
IL CARACAZO DEI MILITARI GOLPISTI. Cos’era successo nel 1989? Il caracazo. Precipitati nella miseria dai tagli neoliberisti e dall’aumento dei prezzi, i venezuelani a frotte scesero disperati in piazza e assaltarono i negozi. Venivano dai barrios, i caseggiati di lamiere e cemento che dal boom petrolifero hanno riempito i pendii sulla valle dov’è distesa Caracas.
Il presidente chiese all’esercito di reprimere la rivolta. I militari spararono ad altezza d’uomo e la sera, dopo il coprifuoco, fecero irruzione nei vicoli continuando a fucilate dentro le case. In molti ricordano ancora le madri che nascondevano i bambini dietro il frigorifero.
Da quel massacro e da quelle rivolte maturò l’idea dei giovani militari golpisti. Chávez ha sempre rivendicato il caracazo nel pantheon del suo movimento. Il tenente colonnello aveva allora 38 anni e prima di finire in carcere dichiarò in tivù: «Per ora non abbiamo raggiunto gli obiettivi. E di fronte al Paese assumo la responsabilità del fallimento».
L'OSSESSIONE DEL SOGNO DI BOLIVAR. Chávez restò due anni dietro le sbarre, fino all’indulto. Due anni di intenso studio da leader, densi di incontri con intellettuali e capi comunitari, politici e sociali. Anni di fermento anche fuori dal carcere.
In quel periodo nacque e crebbe il movimento bolivariano, così come si perfeziona il virtuosismo della sua retorica, la mobilitazione ossessiva dell’icona di Simon Bolivar, che divenne il santo laico del Paese.
Chávez riuscì a far sognare il popolo degli invisibili, quelli scesi solo una volta nelle strade di Caracas, durante il caracazo e ricacciati a pallottole. Ed questo è il punto di rottura del chavismo.
In Venezuela vigeva infatti all’epoca il «punto fijo», una sorta di patto per escludere i partiti radicali e quello comunista dal potere. Chávez fu in grado di rompere lo schema, di far irrompere nella scena nuovi protagonisti, dai piani bassi della società.
La
forza del predicatore evangelico e la presenza scenica di un attore
In 14 anni
Chávez era riuscito a ingigantire la sua leadership, riunendo
l’immaginario della sinistra, le gang dei vicoli, i padri nobili cubani, la sua
formazione militare. E soprattutto ha avuto la forza del predicatore
evangelico, la presenza scenica di un attore consumato, il corpo del padre.
Chávez ha incarnato e usato le idiosincrasie del Paese, il parlar a oltranza (anche nove ore in parlamento, restando sempre in piedi), il burlarsi degli avversari e la devozione alla Virgen del Valle. Ha usato l’orgoglio del mestizaje venezuelano, cioè il mix afro, europeo, mediorientale, indio di tre nazioni (caribe, andine e amazzoniche) e la vertigine dei propri artisti. E, infine, ha fatto della propria vita un dramma, surreale e tragico, una tele-serie in cui tutti si sentano protagonisti. «Corazón del pueblo» è stato il suo ultimo slogan. Cuore del popolo.
RICCHEZZE DISTRIBUITE VERSO IL BASSO. Dopo Chávez niente è destinato a essere più come prima in Venezuela.
Nel 1998, dicono i dati del Cepal (l’organizzazione economica dell’America latina e del Caribe), il 67% dei venezuelani era povero e il 20% in miseria. Nel 2012 i primi sono al 20% e i secondi al 7%.
La gigantesca politica di distribuzione delle enormi ricchezze petrolifere è andata verso il basso, giù nell’imbuto sociale dove sempre si fermava.
Chávez ha incarnato e usato le idiosincrasie del Paese, il parlar a oltranza (anche nove ore in parlamento, restando sempre in piedi), il burlarsi degli avversari e la devozione alla Virgen del Valle. Ha usato l’orgoglio del mestizaje venezuelano, cioè il mix afro, europeo, mediorientale, indio di tre nazioni (caribe, andine e amazzoniche) e la vertigine dei propri artisti. E, infine, ha fatto della propria vita un dramma, surreale e tragico, una tele-serie in cui tutti si sentano protagonisti. «Corazón del pueblo» è stato il suo ultimo slogan. Cuore del popolo.
RICCHEZZE DISTRIBUITE VERSO IL BASSO. Dopo Chávez niente è destinato a essere più come prima in Venezuela.
Nel 1998, dicono i dati del Cepal (l’organizzazione economica dell’America latina e del Caribe), il 67% dei venezuelani era povero e il 20% in miseria. Nel 2012 i primi sono al 20% e i secondi al 7%.
La gigantesca politica di distribuzione delle enormi ricchezze petrolifere è andata verso il basso, giù nell’imbuto sociale dove sempre si fermava.
Nel
2002 riuscì a resistere al sanguinoso golpe di Confindustria
Il
percorso politico di Chávez, però, non è stato facile. I primi anni da
presidente sono stati durissimi. L’opposizione era incredula e rabbiosa. Nel
2002, la locale Confindustria tentò uno strano, inquietante e sanguinoso golpe,
con l’avvallo degli Stati Uniti e, si dice, della Spagna di José
María Aznar. Durò due giorni. Anche in quel caso le forze armate si
rifiutarono di rompere l’ordine istituzionale.
In una manciata di ore Chávez fu di nuovo al comando. Il successivo sciopero del settore alimentare e petrolifero lasciò il Paese angosciato.
LA NASCITA DELLO STATO PARALLELO. Si racconta a Caracas che per accedere al sistema operativo del centro di comando della Pdvsa, l'azienda petrolifera di Stato, Chávez abbia chiesto aiuto a giovani informatici, ingegneri elettronici e hacker ventenni. Da quel momento - sostengono molti osservatori - si convinse di non potersi fidare di nessuno. E cominciò a costruire uno Stato parallelo.
Ha nazionalizzato le industrie che considerava strategiche, dalle materie prime all’agro-alimentare, ha costruito un sistema televisivo, una rete socio-sanitaria e di distribuzione. E dopo le alluvioni del 2010, ha lanciato il Plan vivienda, 3 milioni di case nuove in otto anni, qualcosa di mai visto.
SCONFITTO SOLO SULLA COSTITUZIONE. Il comandante ha mescolato carisma, tic autoritari e populismo. Ha vinto tutte le prove elettorali. E sono tante, perché in Venezuela tutti si vantano di andare a votare. Solo quando tentò di cambiare la Costituzione per cancellare la durata dei mandati presidenziali, ha perso.
Poi nel 2011 lo choc del suo tumore. A Caracas girò da subito un’altra storia. Da quando cioè venne aperto il sarcofago di Simon Bolivar, con grande cerimonia. Ma per molti quella fu una profanazione.
Presagi e misteri: almeno sette dirigenti chavisti di primissimo piano, presenti al mausoleo, morirono nel giro di un anno. Poi il tumore del presidente. Anche questo è stato il Venezuela di Hugo Rafael Chávez Frias
In una manciata di ore Chávez fu di nuovo al comando. Il successivo sciopero del settore alimentare e petrolifero lasciò il Paese angosciato.
LA NASCITA DELLO STATO PARALLELO. Si racconta a Caracas che per accedere al sistema operativo del centro di comando della Pdvsa, l'azienda petrolifera di Stato, Chávez abbia chiesto aiuto a giovani informatici, ingegneri elettronici e hacker ventenni. Da quel momento - sostengono molti osservatori - si convinse di non potersi fidare di nessuno. E cominciò a costruire uno Stato parallelo.
Ha nazionalizzato le industrie che considerava strategiche, dalle materie prime all’agro-alimentare, ha costruito un sistema televisivo, una rete socio-sanitaria e di distribuzione. E dopo le alluvioni del 2010, ha lanciato il Plan vivienda, 3 milioni di case nuove in otto anni, qualcosa di mai visto.
SCONFITTO SOLO SULLA COSTITUZIONE. Il comandante ha mescolato carisma, tic autoritari e populismo. Ha vinto tutte le prove elettorali. E sono tante, perché in Venezuela tutti si vantano di andare a votare. Solo quando tentò di cambiare la Costituzione per cancellare la durata dei mandati presidenziali, ha perso.
Poi nel 2011 lo choc del suo tumore. A Caracas girò da subito un’altra storia. Da quando cioè venne aperto il sarcofago di Simon Bolivar, con grande cerimonia. Ma per molti quella fu una profanazione.
Presagi e misteri: almeno sette dirigenti chavisti di primissimo piano, presenti al mausoleo, morirono nel giro di un anno. Poi il tumore del presidente. Anche questo è stato il Venezuela di Hugo Rafael Chávez Frias
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