Pensare Globale e Agire Locale

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lunedì 11 marzo 2013

ITALIA - Razzi, Scilipoti e De Gregorio: l’altra faccia del Cavaliere


De Gregorio, Razzi, Scillipoti. Tre nomi, un solo sistema. Un sistema che, se i giudici dimostrassero la veridicità delle accuse sarebbe eversivo dell’ordine democratico e costituzionale. Sembra non fermarsi l’onda di fango che travolge il “metodo” Berlusconi. Ancora indagini, ancora scandali. A finire nel mirino della procura di Roma i nuovamente eletti Antonio Razzi e Domenico Scilipoti. L’ipotesi di reato è corruzione in merito alla vicenda sulla “compravendita di parlamentari” nel dicembre del 2010. In quell’occasione i due onorevoli, in occasione del voto di fiducia sul governo guidato da Silvio Berlusconi, cambiarono schieramento permettendo la sopravvivenza dell’esecutivo finito in minoranza.
LA VERGONA ITALIANA CHE IL CAVALIERE CHIAMO’ MIRACOLO – Vent’anni di berlusconismo hanno significato tante cose: dalla vendita del “miracolo italiano”, al sogno hollywoodiano della vita patinata di calciatori, veline e olgettine che, improvvisamente, si trasformano in figure istituzionali. Dalla “macchina del fango”, come la definì lo scomparso Giuseppe D’Avanzo, animata da un intricato sottobosco di mezze tacche e ruffiani che disperatamente cercano di accreditarsi, ai “giovani promettenti”, pescati nel giro degli amici e portati avanti come prodigi a cui è stato permesso di accedere fin dentro le stanze delle Istituzioni, fino allo scempio della cosa pubblica trasformata in appendice di volgari capricci per grezzi parvenus e peones. Vent’anni di berlusconismo hanno mostrato una faccia dello Stato indegna di chiamarsi tale, un Paese trasformato in una Tortuga di incapaci, tanto incompetenti quanto tronfi e presuntuosi. Un cittadino è innocente fino a prova contraria. Essere garantisti è fondamento dell’essere cittadini dotati di senso civile e civico: ma, sicuramente, le reazioni del signor Razzi alla notizia delle indagini, stridono con le dichiarazioni che lui stesso fornì, rubate in quell’Aula del Parlamento infangata da volgarità degne di una bisca, e di fronte alla quali il giudizio morale e civile diventa una questione politica.
IL RIASSUNTO DI UNA CULTURA “POLITICA” – «Ma quando mai?!! Io soldi? La verità è che la gente evidentemente è invidiosa, quando uno entra in politica. Io non ho ricevuto niente, non so di cosa possa essere accusato. Andrò a parlare. E mi consulterò con un avvocato, perché farò anche denunce per diffamazione. Io non ho preso niente. Lo posso giurare. Il Signore sta in cielo, vede e provvede. L’unica cosa che ho preso è un abbraccio e l’amicizia del Presidente Berlusconi, quella che mi è mancata quando stavo con Di Pietro». Così il signor Razzi venuto a conoscenza dei capi d’imputazione nei suoi confronti. Un commento che, nella terminologia, nello spessore, nel contenuto e nella forma ricalca il decadimento culturale degli ultimi anni. Ora, il Paese vive un momento di confusione creato e figlio di quella decadenza. Bisognerà capire, con intelligenza, come uscirne.
Roberto Capocelli

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