Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


mercoledì 18 aprile 2012

Vogliamo Hollande in Italia

Hollande tassa Monti
La sua imposta sui milionari in Italia colpirebbe Prof e Cav.
di Giovanna Faggionato
Mercoledì, 18 Aprile 2012 - Si potrebbe provare a essere francesi e vedere di nascosto l'effetto che fa. Il primo, se i sondaggi si traducessero in voti, è che François Hollande sarebbe eletto nuovo presidente della Repubblica; nella versione italiana, primo ministro.
Il secondo, se il programma socialista venisse applicato anche in Italia, è che sarebbe introdotta una nuova aliquota del 75% sui redditi superiori a 1 milione di euro.
TASSATI MONTI E BERLUSCONI. E il terzo è che tra i primi a farne le spese ci sarebbero l'attuale premier Mario Monti, che nel 2010 ha dichiarato al fisco 1,513 milioni di euro, e l'ex premier Silvio Berlusconi, con reddito denunciato di oltre 48 milioni. Un contrappasso formidabile per i due leader di governo che dall'estate 2011 a oggi hanno imposto all'Italia una lunga serie di manovre finanziarie e nuove tasse.
Con loro, a dover mettere mano al portafogli, ci sarebbero anche fior di imprenditori e banchieri, compreso l'attuale ministro Corrado Passera. Ma anche calciatori e artisti. E probabilmente anche un arringatore di folle, aspirante politico, ma certamente comico, come Beppe Grillo.

Da Ibrahimovic a Benigni: l'élite dei milionari

Nessun appello per chi si era già ribellato all'ipotesi della patrimoniale, l'imposta sulla ricchezza personale, sportivi in primis.
A Zlatan Ibrahimovic – 9 milioni di euro di ingaggio al Milan – non basterebbe un dribbling per evitare la nuova tassa. E nulla potrebbe nemmeno una parata di Gianluigi Buffon la cui presenza tra i pali della Juventus vale 6 milioni tondi a stagione, senza contare gli altri business che il giocatore ha in corso.
Ma la mannaia di Hollande si abbatterebbe anche sui salotti buoni dell'economia italiana. Su super manager che hanno ricevuto liquidazioni d'oro, come Alessandro Profumo, numero uno di Unicredit che è uscito dal portone di Piazza Cordusio con un paracadute di 40 milioni di euro, Cesare Geronzi, premiato con una buonuscita da 16, 6 milioni di euro dopo aver lasciato la poltrona di presidente di Generali. Ma anche su dirigenti con  compensi a sei zeri come il presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, o l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne.
I MILIONI DI BEPPE GRILLO. L'imposta alla francese, poi, non risparmierebbe il mondo dello spettacolo. Nel 2006, quando l'Agenzia delle Entrate tentò di pubblicare online i redditi degli italiani, prima di essere stoppata dal garante per la privacy, si scoprì che nel 2005 Beppe Grillo aveva dichiarato circa 4,3 milioni di euro. Più di Roberto Benigni, il cui reddito ammontava a circa 3,6 milioni.
Oltralpe i detrattori di Hollande hanno tacciato l'iniziativa come populista: riguarderebbe, infatti, solo lo 0,1% della popolazione e porterebbe nelle casse dello Stato al massimo 250 milioni.
Stando alle dichiarazioni dei redditi, la platea italiana sarebbe ancora più ristretta: nel 2011 poco più di 30 mila contribuenti hanno dichiarato un reddito superiore ai 300 mila euro, cioè lo 0, 07% del totale.
Il rischio, insomma, sarebbe punire nuovamente chi dichiara tutto (o quasi) al fisco.
COME 3 MILIONI DI ITALIANI. In una recente pubblicazione, però, Bankitalia ha segnalato un altro elemento da valutare. Dati alla mano, l'istituto di via Nazionale ha fatto notare che i i 10 uomini più ricchi d'Italia, miliardari come l'imperatore del cioccolato, Michele Ferrero, i fratelli Benetton o la signora della moda Miuccia Prada, guadagnano quanto i 3 milioni di italiani più poveri tutti insieme. Insomma, tassare i milionari equivarebbe,sì, a colpire un target limitato, ma che detiene una quota sempre più ampia della ricchezza nazionale.

Banche tassate e lotta ai super stipendi dei manager

Per rispettare il programma fiscale socialista, bisognerebbe aggiungere anche altri interventi. Per esempio creare un'altra aliquota impositiva, tassando al 45% i redditi oltre i 150 mila euro. Sarebbe una scure sulle tasche di alcuni politici di punta, compresi il presidente della Camera Gianfranco Fini e il leader dell'Italia dei valori (Idv) Antonio Di Pietro. La quota 45, del resto, aveva tentato anche il governo Monti nel momento stesura del decreto Salva Italia. A Roma, però, si pensava di applicarla direttamente ai redditi superiori ai 75 mila euro.
DIVARIO MASSIMO DI 1 A 20. Hollande vorrebbe imporre anche un divario massimo di uno a 20 tra le retribuzioni dei manager e i compensi dei semplici lavoratori delle aziende pubbliche: e qui c'è da divertirsi. Con Piero Gnudi, per esempio: prima di essere promosso ministro degli Affari regionali, sport e turismo, come presidente di Enel, ha incassato oltre 1,7 milioni.
O Massimo Sarmi, l'amministratore delegato di Poste italiane: nel 2010 ha guadagnato 1,2 milioni di euro. Insomma, seguendo Hollande, per dire, o si taglia lo stipendio di Sarmi o i postini italiani possono stappare lo champagne. Anche il governo Monti ha pensato a qualcosa di simile, imponendo un tetto di 300 mila euro, limitato, però, ai dirigenti della pubblica amministrazione, di authority e amministrazioni locali non quotate in Borsa. Operazione annunciata peraltro anche da altri governi italiani, ma mai messa in atto.
UTILI DELLE BANCHE TASSATI AL 15%. L'aspirante presidente francese ha poi annunciato di voler aumentare al 15% la tassazione sugli utili delle banche. Per Unicredit, la più internazionale degli istituti italiani, si tradurrebbe in un aumento delle imposte di 15 milioni su un utile lordo di 598 milioni nel 2011. In Italia per scatenare la rivolta dei banchieri è bastata la proposta di cancellare i costi di commissione per i conti correnti dei pensionati con un assegno mensile fino a 1.500 euro. Ma è la Francia, si sa, la patria della rivoluzione.

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