Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


martedì 24 aprile 2012

A chi piace davvero la Francia della Quinta Repubblica?

Parbleu, non vorrete mica andare in giro a raccontare che in Francia ci sono socialisti che possono vincere? Ma se lo sappiamo tutti che le esperienze socialiste e socialdemocratiche erano già logore, in crisi e superate vent’anni fa quando nacque il Partito democratico della Sinistra.

Anche le ideologie socialdemocratiche si rivelarono “ottocentesche” quando nacque e morì dans l’espace d’un matin l’Ulivo: quella pianta mediterranea – non, per carità, nordica, solida e duratura -, innaffiata nel 1996 e caduta nel 1998.

Per fortuna, ma non so di chi, è poi venuto il Partito Democratico che, nel 2013, ringalluzzito dalla probabile vittoria di Hollande (sia Bersani che D’Alema sono andati ad un comizio del Parti Socialiste: segno del destino, ma non so di chi), salirà a Palazzo Chigi. Forse, anche, no. Infatti, sarà il caso di ricordarlo agli entusiasti smemorati che François Mitterrand vinse nel 1981 e rivinse nel 1988 mentre l’Italia stava tristemente a bagno nel pentapartito, e vi rimase fino al crollo di Tangentopoli.

Come spiegare poi che i socialisti francesi rischiano di vincere in un sistema istituzionale, come il semipresidenzialismo della Quinta Repubblica, che tre quarti della sinistra italiana, politici e loro intellettuali di riferimento, aborre e ha regolarmente definito come “democrazia autoritaria”? Mon Dieu, in Francia c’è persino l’elezione popolare diretta del Capo dello Stato il quale, in pratica, è anche il capo del governo (tranne in caso di coabitazione): presidenzializzazione, personalizzazione!

Dannazione: il disastro costituzionale e istituzionale francese è completato da una legge elettorale maggioritaria a doppio turno la quale, incidentalmente, contiene in sé un sano premio di maggioranza e che, meno incidentalmente, sarebbe anche il sistema elettorale approvato dall’Assemblea Nazionale del Partito Democratico. Su che cosa mai trattano gli sherpa del PD: una legge proporzionale mista spagnolesca e teutoneggiante? Bon, alors, direbbero, i francesi, non si capisce proprio che cosa ci sia da festeggiare nei luoghi oscuri della “sinistra” (pardon) italiana. Davvero, Vendola andrà nel 2013 con il cuore in mano a sostenere uno schieramento di sinistra come Mélenchon ha già annunciato che farà, votando Hollande al secondo turno?

No, mi pare che questi esercizi intellettuali avventurosi e spesso anche ipocriti che troppa sinistra italiana fa, probabilmente accompagnandoli con qualche scongiuro, siano fuorvianti e fuori luogo. Il candidato socialista può vincere in Francia perché i socialisti hanno pazientemente (ri)costruito la loro politica e la loro organizzazione. Perché, dopo avere fatto delle buone, aperte e combattute primarie, non si sono lacerati e divisi. Perché interpretano una visione di resistenza e di cambiamento delle politiche europee di Sarkozy e di Merkel.

Naturalmente, non sono affatto tutte rose e altri fiori. Governare rivelerà che ci sono anche molte spine. La lezione per la sinistra italiana, per coloro, non molti, che sanno ancora imparare e vogliono farlo, è che una modica iniezione di socialismo serve a raggiungere quell’elettorato popolare necessario a vincere e a ricordare che esistono altre politiche opzioni di politica e di politica economica. Che si può vincere “contandosi” al primo turno e coalizzandosi, come gentiluomini e gentildonne, al secondo turno. Altrimenti, tant pis, tanto peggio per i furbetti: non insieme, si perde tutti. Perdere separatamente non è meno significativo e meno doloroso (tranne per chi, come la nomenklatura del PD, non perderà, comunque, il suo seggio).
(Jean François PASQUINO’)

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