Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


domenica 15 aprile 2012

SPAGNA: L’effetto Rajoy è già finito

A pochi mesi dall’intervento della Bce, che sembrava aver scongiurato il peggio, l’economia spagnola torna a preoccupare. Per trovare una soluzione duratura la politica deve superare le divisioni degli ultimi anni


La Spagna è in un momento chiave della sua storia: i mercati del debito sono nuovamente in preda al nervosismo, il budget 2012 non convince e l’economia è in recessione. Ci avviciniamo pericolosamente a un intervento esterno che dobbiamo evitare a tutti i costi, perché le conseguenze sarebbero gravissime.
Innanzitutto perché quelli che ci salverebbero sono anche i nostri creditori, e dunque è difficile che il loro obiettivo principale sia quello di proteggere i nostri interessi. In secondo luogo perché il salvataggio imporrebbe un radicale aggiustamento fiscale, e infine perché nel processo di salvataggio si sa come si entra ma non si sa come si esce.
I salvataggi comportano una fuga del capitale privato e consumano la liquidità di un paese. Inoltre è probabile che il tentativo non funzionerebbe: gli interventi dell’Fmi si basano sulla svalutazione della moneta e sul conseguente aumento della domanda esterna. Nell'eurozona questa via non è praticabile, e gli interventi in Grecia e Portogallo sono stati in effetti inutili.
Cos’è andato storto? Come è possibile che le nubi del temporale allontanate a dicembre dalla Bce siano tornate così presto? La risposta è semplice ma sconfortante: il nuovo governo, anche se ha avviato una decisiva riforma del mercato del lavoro, non ha saputo risolvere i due problemi di fondo che compromettono la nostra credibilità: il settore finanziario e la politica di bilancio.
La situazione del sistema finanziario è critica. Abbiamo fallito clamorosamente nel tentativo di convincere i mercati di capitale a rifinanziare i nostri passivi bancari. Le istituzioni spagnole possono solo emettere titoli con l’avallo dello stato, e dipendono dalla liquidità fornita dalla Bce. La logica reazione ai nuovi requisisti di capitale è stata quella di limitare il credito, mettendo in difficoltà diverse imprese.
La politica di bilancio è in difficoltà per quattro motivi. Il primo è l’assurdo balletto di cifre sul deficit cui assistiamo dallo scorso autunno e che ha portato gli osservatori a chiedersi qual’è il reale stato delle nostre finanze pubbliche.
Il secondo è il ritardo intollerabile nella presentazione del bilancio. Non soltanto abbiamo oltrepassato il periodo di grazia di 100 giorni concesso al nuovo governo, ma dopo le elezioni regionali andaluse è ormai chiaro che in Spagna le urgenze sono subordinate ai tempi della politica.
Il terzo motivo è che il bilancio è vittima di anni di opposizione basata sul populismo. Poiché [il Partito popolare ha] promesso di non tagliare le pensioni o gli stipendi degli statali e non aumentare l’iva, non resta altro da fare che ridurre gli investimenti e provare la via dell’amnistia fiscale.
Ma i mercati non si lasciano certo ingannare da questi giochi di prestigio, e sono perfettamente consapevoli che in questo modo la nostra situazione fiscale peggiorerà a medio termine. L'incapacità dei nostri governanti di affrontare i problemi è evidente. In tutto questo, il salasso delle finanze regionali continua inarrestabile, e nessuno crede che le comunità autonome riusciranno a tagliare 27 miliardi di euro nel 2012.
Che fare?
Innanzitutto il governo deve dimenticarsi delle elezioni, che siano galiziane, basche o generali, e dedicarsi ai problemi del paese. La priorità assoluta dev’essere quella di trovare un rimedio alla nostra mancanza di credibilità.
In secondo luogo è necessario recuperare al più presto il flusso creditizio. Per farlo è indispensabile il ritorno della fiducia nel settore bancario, in modo che gli istituti di credito possano accedere al mercato dei capitali senza dipendere dallo stato o dalla liquidità della Bce. Un’alternativa percorribile è l'utilizzo del Fondo europeo di stabilità finanziaria per ricapitalizzare il sistema finanziario.
Inoltre dobbiamo intraprendere un percorso di consolidazione fiscale pluriennale, credibile, progressivo e sistematico. Per ridurre le spese vanno ridotti il numero e gli stipendi degli statali e congelate le pensioni, mentre il bilancio per la formazione, gli aiuti alle imprese e ricerca e sviluppo dovrà essere il più sostanzioso possibile. Per far crescere gli introiti serve un aumento scaglionato dell’iva spalmato sui prossimi 5 anni.
Sul piano istituzionale sarà necessario creare un consiglio fiscale indipendente e ripensare radicalmente il finanziamento delle autonomie per realizzare un modello di stato razionale. Non è ammissibile che i regolamenti discussi dalla Commissione europea concedano a Bruxelles più potere sul governo spagnolo di quanto questo ne abbia sulle sue regioni autonome.
Dopo quattro anni di crisi in cui i governi spagnoli – l’attuale e il precedente – sono andati a rimorchio, potrebbe essere troppo tardi per cambiare le cose. Ma vale ancora la pena provarci, perché potrebbe essere la nostra ultima opportunità di mettere fine a questa crisi interminabile. Per farcela abbiamo bisogno di cambiare completamente atteggiamento, cominciando dalla rinuncia al populismo che ha caratterizzato gli ultimi anni di opposizione al governo Zapatero.
Bilancio Un taglio tira l'altro
La lista dei tagli sembra non finire mai: “Rajoy accelera gli aggiustamenti sotto la pressione dei mercati e dell’Ue”, titola El País. Il 9 aprile il governo spagnolo ha presentato il programma “stabilità 2012-2015”, che aggiunge altri dieci miliardi di euro ai 27,3 miliadri di tagli già annunciati il 29 marzo. La decisione è stata presa dopo il crollo della borsa di Madrid e il superamento della soglia del 4 per cento nello spread tra titoli spagnoli e tedeschi, per la prima volta da dicembre.
I nuovi tagli, che toccheranno settori delicati come sanità e istruzione, dovrebbero “ispirare la fiducia” di Ue e mercati, riferisce il quotidiano di Madrid. Il governo si è impegnato soprattutto a far rispettare le misure alle regioni più indebitate, ma su questo sono in molti ad avere dubbi.

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