Dopo la crisi in
Ucraina si torna a parlare del ruolo della NATO e delle responsabilità che
avrebbe nel vecchio continente. Questo dibattito si è riacceso già nel 2008
dopo il conflitto in Georgia, ma ora è tornato alla ribalta, soprattutto per la
necessità o meno di espandere
i confini dell'Alleanza Atlantica ai Paesi dell'ex blocco sovietico
L'allargamento della NATO in realtà non è un argomento nuovo. Già il presidente Clinton, dopo il crollo dell'Unione Sovietica nel 1991, ha favorito l'espansione dell'Alleanza Atlantica ai Paesi dell'ex Patto di Varsavia, ma le sue mosse hanno incontrato sia resistenze interne, dato che alcuni funzionari preferivano staccare la spina sugli interventi del Pentagono in Europa in quanto non c'era più la minaccia sovietica, sia esterne. Difatti, dall'altra parte dell'Atlantico, gli europei si sono divisi: per esempio, Londra temeva che un allargamento avrebbe danneggiato la forza e la coesione dell'Alleanza, mentre Parigi, al contrario, temeva che avrebbe acquisito troppa influenza.
L'allargamento della NATO in realtà non è un argomento nuovo. Già il presidente Clinton, dopo il crollo dell'Unione Sovietica nel 1991, ha favorito l'espansione dell'Alleanza Atlantica ai Paesi dell'ex Patto di Varsavia, ma le sue mosse hanno incontrato sia resistenze interne, dato che alcuni funzionari preferivano staccare la spina sugli interventi del Pentagono in Europa in quanto non c'era più la minaccia sovietica, sia esterne. Difatti, dall'altra parte dell'Atlantico, gli europei si sono divisi: per esempio, Londra temeva che un allargamento avrebbe danneggiato la forza e la coesione dell'Alleanza, mentre Parigi, al contrario, temeva che avrebbe acquisito troppa influenza.
Per Clinton
però la questione era di primaria importanza perché voleva dimostrare al mondo
che anche se era ormai terminata la Guerra Fredda, l'impegno internazionale
degli Stati Uniti sarebbe rimasto costante. Nel suo primo viaggio in Europa,
nel gennaio del 1994, Clinton annunciò chiaramente che l'allargamento della
NATO "non è più una questione di se, ma di come e quando".
Proprio in quell'anno, nel '94, i membri dell'Alleanza lanciarono il
Partenariato per la Pace, un programma nato per rafforzare i rapporti con l'Europa
orientale, tra cui molti Paesi dell'ex URSS come Russia, Georgia e Ucraina.
Erano anni
di fuoco, quelli dei primi anni '90 e con la dissoluzione della Jugoslavia la
NATO fu costretta a fare delle scelte che prima di allora non aveva mai
dovuto prendere, in primis quella di condurre per la prima volta nella sua
storia operazioni di combattimento (operazione Deny Flight, aprile 1994,
abbattuti quattro aerei serbo bosniaci in Bosnia-Erzegovina). Da allora, l'Alleanza
ne ha fatta di strada e ancora oggi è attiva nel mondo con cinque missioni:
operazione di mantenimento della pace in Kosovo, pattuglie anti-terrorismo nel
Mediterraneo, anti-pirateria nel Golfo di Aden e al largo del Corno d'Africa,
assistenza all'Unione africana in Somalia e la missione in Afghanistan, forse
la più importante di tutte.
Sono però in
molti a chiedere di rinnovare la NATO, soprattutto per quanto riguarda il celebre
articolo V, quello che sancisce la difesa collettiva dei suoi membri e che dice
chiaramente che un attacco armato contro un Paese NATO sarà considerato un
attacco contro tutti. Secondo i più critici sarebbe opportuno abbandonare
queste considerazioni, ormai considerate datate, e concentrarsi sulle
instabilità al si fuori dei confini della NATO. L'articolo V venne applicato
per la prima volta nel 2001, subito dopo l'attacco dell'11 settembre e proprio
contro l'Afghanistan
Sebbene la
NATO sia basata sul consenso e le decisioni vengano prese in base a una volontà
collettiva, i singoli Paesi possono avviare azioni senza l'egida della NATO,
come hanno fatto nel 2011 in Libia gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito.
Allo stesso tempo, gli Stati membri non sono obbligati a partecipare a tutte le
operazioni, come hanno fatto, sempre nel 2011, Germania e Polonia, che si rifiutarono
di prendere parte alla missione in Libia.
Tuttavia,
ciascun membro è tenuto a dare un contributo al bilancio della NATO. Nel 2014,
il contributo USA è stato pari al 22 per cento di tutto il bilancio, ulteriore
fattore che fa dell'Alleanza una costola degli Stati Uniti. In base a un
accordo del 2006 gli Stati membri si sono impegnati a spendere il due per cento
del PIL nella difesa, ma solo tre Paesi, oltre agli USA, hanno rispettato
questo obiettivo: Estonia, Grecia (nonostante la crisi economica) e Regno
Unito.
Ma le
differenze e le disomogeneità non riguardano solo i finanziamenti. Il principale
obbligo che gli Stati membri hanno nei confronti dell'Alleanza è fornire forze
armate durante le operazioni. Anche sotto questo aspetto, gli Stati Uniti la
fanno da padrona, avendo fornito nel corso di tutta la Guerra Fredda oltre
il 70 per cento di soldati. Inoltre, solo in Afghanistan, delle 51mila truppe
provenienti da 50 Paesi, di cui 28 membri NATO, 34mila sono statunitensi.
Nel 2011,
l'allora segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Robert Gates, disse che
"molti di questi alleati sono seduti in disparte", ribadendo il suo
timore di "un'Alleanza a due livelli, laddove alcuni si specializzano
in missioni umanitarie più semplici, e altri in operazioni da combattimento
molto più rischiose. Questo è inaccettabile".
Il
segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, nel 2012, nel corso
della relazione annuale, ha espressamente parlato di "una sempre
maggiore dipendenza militare dagli Stati Uniti" e di "asimmetrie
nelle capacità degli alleati europei". "Questo potenzialmente può
minare l'Alleanza e mettere a rischio la capacità degli alleati europei di
agire senza il coinvolgimento degli Stati Uniti" ha concluso Rasmussen.
Un problema,
quello esposto da Rasmussen, che emerse proprio durante la storica missione in
Afghanistan. Alcuni Paesi membri limitarono il proprio contributo
militare, cosa che creò un grande risentimento per Stati Uniti, Canada, Paesi
Bassi e Gran Bretagna che, al contrario, non solo hanno combattuto nelle
battaglie più cruenti, ma hanno anche avuto il maggior numero di vittime.
La NATO, con
tutti i suoi problemi e con la sua scarsa omogeneità, dovrà ora affrontare la
"questione Russia". Mosca vede con grande preoccupazione l'allargamento
dell'Alleanza, considerata un tradimento delle presunte garanzie fatte dopo la
riunificazione della Germania nel 1990 di non espandersi a est, anche se i
funzionari USA contestano tale promessa. Ora, con l'annessione della Crimea
alla Russia e i tumulti nell'Ucraina orientale, il ruolo della NATO come
guardiano del mondo è tornato di nuovo in auge e bisognerà vedere quanto
l'Alleanza sarà disposta a impegnarsi per risolvere la crisi. Dalle parole di
Rasmussen sembra che sia già sul piede di guerra contro la Russia: "Siamo
chiaramente di fronte alla più grave minaccia alla sicurezza europea dopo
la fine della Guerra Fredda" ha detto riferendosi all'annessione della
Crimea alla Federazione russa.
Gabriella Tesoro
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