Pensare Globale e Agire Locale

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giovedì 2 maggio 2013

ITALIA - Ma a Letta manca ancora il colpo del venditore


Nel discorso del nuovo premier manca un messaggio chiave

Se la sensazione generata dall’intervento sulla fiducia del senatore Monti alla camera nel 2011 era di grande speranza per la fine della stagione politica, quella che ha accompagnato l’ascolto dell’intervento di Enrico Letta è stata di sollievo per lo scampato pericolo della deflagrazione generale del sistema istituzionale.

Però, nonostante la visione a 360° (senza ironia!) del discorso di Letta rispetto alla tigna professorale di Monti. Nonostante la grande boccata d’ossigeno che offre a un paese fiaccato e impaurito, non è scattata la potenza motivante del we can!

Limiti dell’oratoria? O limiti dell’approccio narrativo? Come risulta evidente dalle prime pagine dei quotidiani o ascoltando i tg, nel discorso di Letta manca un messaggio chiave, quello che dà corpo a un obiettivo facilmente riconoscibile nella nostra vita quotidiana. Un valore simbolico che motivi all’adesione entusiastica, yes we can.

Non c’è, per intenderci, il corrispettivo dell’Imu per lo schieramento che fa capo a Berlusconi.

Non che manchino i temi (notevolissimo il passaggio sui confini), ma questi, nonostante l’affermazione di voler parlare di politiche piuttosto che di politica, sono sempre affrontati come concetti astratti, non come aspetti della vita quotidiana.

Letta parla al ceto politico. Berlusconi parla alle persone.

Qualcuno dirà che parla alla pancia, alle emozioni. Ma non è solo questo; a patto che davvero si possano dividere pancia e cervello nelle motivazioni umane. Anche Letta suscita e cerca le emozioni ma lo fa con metafore e racconti dotti, lontani dalla quotidianità, come il finale su Davide e Golia.

Berlusconi, invece, ha probabilmente, la capacità istintiva di centrare quella che nel marketing viene chiamata la Usp, unique selling preposition, la esclusiva motivazione all’acquisto. Individua il tema, gli attribuisce il valore simbolico motivante e attorno ad esso costruisce l’aggregazione.

La sinistra, ma non sono così sicuro che il problema sia della sinistra se non piuttosto di un certo approccio culturale, non ha questa capacità. Una certa politica e molta sinistra guardano le cose dall’alto delle istituzioni, piuttosto che dai marciapiedi.

L’Imu di Berlusconi diventa un valore simbolico, una cornice di significato che evoca tante cose: bisogna far pagare meno tasse, bisogna tutelare un bene prezioso come la prima casa, quella che è sinonimo di famiglia, proprietà e sicurezza acquisita, continuità con i figli, frutto del proprio lavoro. Poco importa se la difesa di queste cose non è coerente con l’abolizione della tassa stessa. È diventata l’elemento che ti distingue, che ti fa identificare. Berlusconi e i suoi sono questo.

Dall’altra parte cosa c’è? L’Europa? Certo, Letta cerca con le borse di studio Erasmus di farla entrare nella quotidianità, ma a quanti parla? Di che cosa parla? Cosa è l’università oggi nell’esperienza dei giovani italiani?

È urgente trovare argomenti che possano diventare la Usp del Pd di questa fase? A febbraio, gli oppositori del governo Monti, molti dei quali interni al Pd, la individuarono negli esodati e per i loro obiettivi politici fu una scelta felice. La reputazione del governo Monti ne fu fortemente indebolita.

Ma ora? Diventa centrale anche per il Pd individuare una motivazione forte per sostenere il governo Letta, altrimenti sarà solo un successo di Berlusconi.

È importante però dire che trovare il messaggio motivante non è questione di copy writer o comunicatori (non lo dico solo per salvarmi l’anima), è una questione di approccio. Bisogna avere il coraggio di prendere un cavallo di battaglia che risponda alle attese delle persone che si vogliono chiamare a raccolta e su questo giocarsi tutto. Le metafore vincenti, i messaggi efficaci, nascono solo da una visione chiara, ben a fuoco, dei problemi che si vogliono affrontare. E poi dal coraggio di mettersi in gioco. E Letta deve essere consapevole che è diventato premier ma non ancora leader.

Claudio Bellavita

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