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News: è con grande sorpresa (se sarà
anche un piacere lo vedremo poi) che apprendiamo da più fonti, anche quelle
assolutamente insospettabili, che l’Italia ha bisogno di un partito socialista.
Per chi, come noi, ne ha sempre sostenuta l’esigenza, non è davvero una notizia
eclatante. Non soltanto in Europa, Nord e Sud, Est e Ovest, esistono
dappertutto partiti socialisti, laburisti, socialdemocratici. Addirittura, dove
quei partiti sono forti e hanno governato per qualche tempo, l’economia è in
condizioni migliori, la società è più civile, le diseguaglianze sono
contenute. No, il Partito Democratico, neanche questa è per noi una
scoperta, non soltanto non ha voluto diventare socialista, ma neanche avrebbe
potuto.
Gli
ex-democristiani continuano a sperare di morire democristiani, ma i più
cattolici fra loro praticheranno sicuramente l’accanimento terapeutico. Gli
ex-comunisti continuano a dire che le socialdemocrazie sono logorate, in crisi,
superate (certo non da loro che allo “stadio socialdemocratico” non ci sono
arrivati ancora adesso). Viene il sospetto, però, che il grido “socialismo,
socialismo”, pronunciato dai maîtres à penser più improbabili, le cui
conoscenze politiche e politologiche ci sfuggono, serva esclusivamente a fare
vacillare il già traballante Partito Democratico. Uno scopo non nobilissimo,
forse self-defetaing, che produrrà altri guai. Difficile è immaginare un
Partito Socialista, per intenderci alla François Mitterrand oppure alla Felipe
Gonzales, costruito sui magistrati d’assalto (alle cariche elettive), sugli
ayatollah televisivi, Roberto Saviano incluso, sui cartoonist, ma neppure sulle
frange grilline, di lotta e di streaming. Ancora più difficile è pensare che
basterà qualche sindacalista che non firma contratti a portare gli operai, i lavoratori
ad aderire ad un Partito Socialista che quei dirigenti hanno sempre contrastato
e demonizzato.
Noi, che
siamo molto retrò e niente fru fru, continuiamo a credere che il socialismo e
il suo partito si misurano sulla proposta riformatrice, sulla capacità di
crescere insieme ai loro potenziali elettori insegnando, proprio così, la
pazienza e la fatica delle riforme che non abbattono il capitalismo, ma lo
regolano e lo tosano. Riforme che vengono messe alla prova delle compatibilità
e che mirano a ridefinire quelle compatibilità. Riforme che, come vorrebbe John
Rawls, cominciano dal miglioramento della situazione dei più svantaggiati. Un
partito così non nasce come Minerva da Giove con un articolo su “L’Espresso”,
neppure con un dibattito, né attraverso un rumoroso talk show. Parte dalla
conoscenza della storia e dal ravvedimento operoso di intellettuali e dirigenti
politici. Amen.
Gianfranco
Pasquino - Avantionline
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