Nel momento in cui, almeno in controluce, si
prefigura la riorganizzazione del partito cattolico, in Italia, è bene non
dimenticare il passato.
La caccia contro i socialisti è stato uno
sport antico.
Non cominciò con Bettino Craxi: il leader
che, secondo la definizione di Enrico Berlinguer, aveva subito, come un OGM,
una mutazione genetica. Bisogna, invece, risalire nel tempo, quando Lenin
chiamava 'rinnegato' Kautsky il capo della Seconda Internazionale. E gli uomini
di Stalin condannavano o uccidevano uomini come Bernestein o Bukarin: tutti
colpevoli di essere eccentrici rispetto al nuovo verbo della "rivoluzione
in un solo Paese".
Una lunga persecuzione, quindi, che in Italia
ha assunto una dimensione inusitata. Ancora oggi, si può continuare ad essere
socialisti, ma solo nel privato. Si può partecipare alla vita politica, ma solo
sotto le bandiere altrui. Si può anche assumere una posizione di leadership,
come in tanti casi che non è necessario elencare, ma nel rispetto di
quell'antica convenzione.
Eppure i socialisti, nella storia d'Italia
sono stati, quasi sempre, la punta del cambiamento. Quando i giovani comunisti
- e noi tra questi - studiavano il tedesco per comprendere meglio gli scritti
di Marx, uomini come Giolitti, Ruffolo, Brodolini rendevano più giusto e
moderno questo Paese. E solo pochi anni dopo, era Gianni De Michelis, con il
Trattato di Maastricht, a porre la prima pietra della futura costruzione
europea, nelle vesti che oggi conosciamo.
E' giunto il momento d'uscire da quell'antica
maledizione, ricordando le lezioni della storia. Il torto non era di chi
cercava di coniugare il principio di uguaglianza con quello di libertà. Ma di
chi negava in radice il nocciolo problematico di quella relazione. Naturalmente
i socialisti italiani non sono stati dei santi. Ma chi in Italia ed in Europa
può lanciare la prima pietra? Il PCI di Greganti? Kohl, in Germania? Giscard in
Francia?
La corruzione, che va combattuta con un
impegno ancora maggiore, é la mala pianta di tutte le democrazie. La gramigna
da estirpare, ma senza condannare un'intera cultura. Tanto più che in essa si
sono riconosciuti milioni di uomini, per i quali il socialismo é stato, per
decenni, la luce in fondo ad un tunnel pieno di disperazione.
Naturalmente i socialisti devono fare ammenda
degli errori passati. L'unico modo per salvare l'onore della loro grande
tradizione. Dovranno cedere il testimone ad una generazione più giovane che ha
avuto la fortuna di non essere partecipe di quello scontro politico impietoso.
Ma questo non basta.
Già da oggi, non devono più nascondersi, quasi per far dimenticare quello che sono stati.
Già da oggi, non devono più nascondersi, quasi per far dimenticare quello che sono stati.
Ritrovare l'orgoglio di chi era nel giusto e
poi sconfitto da una congiuntura avversa che non può essere confusa con la
storia. Perché questa si é già pronunciata, sgretolando le fondamenta di
quell'antica fortezza costruita sulla "ragion di stato" di un Paese
straniero e sulla condanna dei tanti "rinnegati", che hanno saputo
tenere alta la bandiera della libertà.
Gianfranco Polillo
Sottosegretario al Ministero
dell’Economia e delle Finanze
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