Nell’ascoltare dalla Gruber Cacciari,
pensiero politico progressista italiano fra i più lucidi ed intelligenti, nel
senso etimologico del termine, sembra rileggere le note scritte di Craxi e
rivedere l’intervista rilasciata da Reichlin a Minoli sulla visione del leader
socialista di trent’anni fa. Che anticipava, mi perdoni Cacciari al quale va
tutto il mio consenso intellettuale (pregandolo però di calarsi sempre nella
realtà di un paese complicato), le questioni poste oggi e le soluzioni proposte
dallo stesso Cacciari.
è evidente che il berlusconismo nasce
dall’incapacità di essere, e quindi di decidere, della sinistra italiana. Al di
là delle ipotesi occhettiane, sempre dalla Gruber, che fanno ormai tenerezza.
L’errore fondante della sinistra italiana è stato la mancata trasformazione del
Pds in Partito socialista italiano per un’antica ostilità, anche linguistica,
nei confronti di un movimento che, nato nel 1892, ha originato, insieme al
repubblicanesimo liberale, la democrazia nel nostro paese.
Da qualche parte devo ancora avere la copia
della lettera di Fassino che chiede a Craxi di intercedere per l’ingresso del
Pds nell’Internazionale socialista. Cosa che fu fatta. E nel contempo sarebbe
divertente chiedere ad Occhetto, o a testimoni socialisti dell’epoca, italiani
ed europei, il suo atteggiamento dopo aver soddisfatto il desiderio. Qualcuno
potrebbe vergognarsi. Ed anche dopo gli Stati generali della sinistra a
Firenze, dopo che Giorgio Napolitano e Massimo D’Alema avevano riconosciuto la
superiorità strategica del Partito socialista italiano nel collocarsi
culturalmente in Occidente, si riuscì a creare i Democratici di sinistra –
alimentando l’equivoco che possano esistere democratici veri di destra – pur di
non chiamarsi socialisti. Ed io, da socialista, comunque entrai nei Ds perché
idealmente ed ideologicamente non avevo altra scelta. Come del resto
sostenevano logicamente Aniasi da una parte ed alcuni liberal democratici da
un’altra.
Ed è proprio usando quel pragmatismo
socialista che Cacciari definisce «meno peggio» la situazione attuale,
necessaria ed ineludibile per risolvere i nostri problemi nei prossimi
ventiquattro mesi. E poi si augura un chiarimento nel centrosinistra, una sua
scomposizione in socialdemocratici, popolari non conservatori e liberal
democratici, ben individuabili “partiticamente”, ma che però siano coalizione
chiara per l’elettorato al fine di battere il populqualunquismo. Quello dei
reduci del berlusconismo, quello di una destra italiana ironicamente sociale,
quello del grillismo inconcludente e quello di una presunta sinistra che ormai
è da annoverare anch’essa nella conservazione per similitudini con altri.
Ipotesi che altro non è la congiunzione
esplicita riminese craxiana del pensiero socialista riformista (che doveva trovare
attuazione nell’unità socialista della sinistra italiana), del pensiero liberal
democratico e del pensiero cristiano sociale pur rimanendo organizzativamente
divisi fra loro. Quando a Craxi chiesero se pensava possibile la creazione di
un grande partito unitario progressista rispose che per tre generazioni questo
non sarebbe stato possibile vista la peculiarità culturale del nostro paese. Si
poteva immaginare un’Internazionale democratica, fra progressisti, ma al
momento ed ancora per molti anni, avremmo dovuto governare il nostro paese con
alleanze ovviamente plurali, tese al bene comune e nell’interesse generale,
lontane da qualunque inciucio con le destre ultra liberiste ed anti sociali.
Letta si è dato, con grande onestà
intellettuale, diciotto mesi di tempo per verificare se questo nuovo
centrosinistra – così come l’ho definito e lo ripeto – riesca a fare,
lealmente, le cose necessarie per salvare questo paese dalla recessione.
Recessione che, purtroppo, al momento si intensifica. Ovviamente all’interno di
un’Europa possibile che però non può subire, storicamente, germanizzazioni e
che deve essere sintesi politica di storie diverse vicendevolmente rispettose
ed obiettivamente intessute di cultura mediterranea, così come lo stesso nome
del continente.
E la coalizione in corso, come ho già
scritto, con il Pd e i suoi alleati a fare da Psi, con il Pdl a fare da
collante doroteo fra le sue correnti, con Scelta Civica a fare il Partito
repubblicano con vocazione pedagogica quotidiana, non ha altra possibilità che
seguire pedissequamente le indicazioni del capo dello stato e la passione
civile e politica del neo presidente del consiglio al fine di evitare lo
sconquasso e problemi di ordine pubblico. Letta ha avuto la fortuna di imparare
da Beniamino Andreatta, grande economista trentino, federalista e
meridionalista insieme tanto da essere cofondatore dell’Università calabrese,
con aula magna ed alto rilievo dedicatigli.
Anch’egli politico visionario della Prima
repubblica, quella sostanzialmente seria, che “disegnò” le sue speranze nel
libro Per un’Italia moderna. Questioni di politica e di economia. Sempre
attento, con inflessibilità, all’etica formale e sostanziale nei comportamenti
dimostrando un rigore morale eccezionale nelle vicende vaticanensi, Ior ed
Ambrosiano, e nello squallore, offensivo per la democrazia, piduista.
Auguriamo a Letta di coltivarne il ricordo con l’azione quotidiana al di là dei compromessi politici necessari nell’interesse generale per “spaludare” questo nostro benedetto paese.
Auguriamo a Letta di coltivarne il ricordo con l’azione quotidiana al di là dei compromessi politici necessari nell’interesse generale per “spaludare” questo nostro benedetto paese.
Arnaldo
Sciarelli – Europa quotidiano
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