In prossimità delle elezioni, è bene sapere chi è e
come si comporta il politico credente militante, e cosa può significare votarlo
solo in virtù della sua fede.
Siamo in
prossimità delle elezioni, che stavolta saranno quanto mai importanti, e i temi
legati alla laicità e ai diritti civili eleveranno al cubo l'impegno fanatico e
il tono delle dichiarazioni dei politici cattolici militanti (detti a volte cattolicisti,
ma che qui definiremo cattolici in politica) e delle lobby che li
sostengono. Come guastatori, quei cattolici si spargono nei vari schieramenti
in corsa, sgomitando per guadagnare spazio, e si affannano a difendere la
dottrina ed eseguire gli ordini del clero.
Di laico e
liberale nel panorama elettorale odierno c'è rimasto ben poco: i partiti che
hanno maggiori probabilità di ritrovarsi al governo presentano contraddizioni e
opacità d'intenti a dir poco desolanti. Del Pd conosciamo le divisioni e le
paure, nonché l'ostruzionismo dell'ala cattolica interna, che ne bloccano
qualunque tentativo di prendere una posizione chiara al di là dei programmi
elettorali (che valgono - appunto - solo in campagna elettorale). A sinistra,
Nichi Vendola, che ha sempre rivendicato il suo status di gay cattolico,
intervistato da SkyTg24 sul matrimonio e la genitorialità omosessuale
tranquillizza l'alleato Bersani (e nel caso servisse, anche Mario Monti): non
insisterà troppo sui diritti civili. Della destra nemmeno a parlarne: solo da
dire che l'idea di Gianfranco Fini di una destra liberale ed europea è stata
affogata (dallo stesso Fini) nel mar clericale di Monti. Di
quest'ultimo, infine, c'è ben poco da dire: la parola laicità è completamente assente
nell'Agenda della sua Lista civica. Agli elettori ancora indecisi, in ogni
caso, è importante ribadire cosa significa cattolico in politica;
casomai qualcuno ancora non l'avesse capito.
Un piccolo
vademecum per le elezioni, destinato non solo a chi ha a cuore i temi legati
alla (mancata) laicità dello Stato, non può che avere un solo ed unico punto:
rifuggire i candidati cattolici come la peste. L'aggettivo cattolico,
infatti, è per niente neutro: è associabile a una lunga storia di intromissioni
nella vita privata delle persone (credenti e non), di oscurantismo verso i
diritti civili e libertà individuali che dovrebbero essere garantiti in
qualunque società civile e democratica; e di posizioni reazionarie e
lobbistiche intransigenti nella vita politica di quei paesi dove i cattolici
sono presenti, fossero pure in minoranza. Sinonimi di quell'aggettivo sono:
prepotenza, vittimismo, disonestà intellettuale, discriminazione, stolidità
ideologica, intolleranza, difesa del privilegio.
Il cattolico
in politica crede di essere il proprietario esclusivo del mondo intero; di
avere diritto di vita e di morte su chiunque, dimostrando in maniera molto
chiara di rimpiangere la teocrazia, al di là delle sue dichiarazioni
rassicuranti di elogio della democrazia. Identifica le sue convinzioni e i suoi
interessi particolari con quelli di tutti: crede che l'intera società debba
necessariamente fondarsi sulla sua ideologia, che non esistano alternative
possibili. Crede che istituzioni antichissime (comunque pre esistenti alla
nascita della sua ideologia) come il matrimonio e la famiglia, siano invenzioni
cattoliche, e di conseguenza ne rivendica il copyright alla sua organizzazione
di riferimento. Come una madre ansiosa e possessiva, il cattolico in
politica si danna per tenere il più a lungo possibile l'umanità sotto una
campana di vetro: ogni cosa che odora di progresso civile è nemica, perché rischia
di contaminare suo il piccolo mondo incantato. Vive totalmente fuori dalla
realtà: ad esempio ritiene di poterci persuadere che la sua qualità di
cattolico lo metta automaticamente al riparo da corruzione e malaffare; vediamo
tutti i giorni, invece (si prendano - per fare solo un esempio - le vicende
della cattolicissima giunta regionale lombarda presieduta da Roberto
Formigoni), come l'adesione all'ideologia cattolica non è affatto garanzia di
onestà e trasparenza. Le convinzioni che sono alla base delle sue battaglie
ideologiche di retroguardia (ad esempio il tentativo di ingabbiare la mutevole
natura e le molteplici forme della famiglia, o la lotta contro
l'autodeterminazione delle donne e la libertà di scelta alla fine della vita)
sono confutate dalla realtà dei fatti, ma egli rifiuta ostinatamente di
prenderne atto. Per lui viene prima il dogma e dopo - semmai - l'essere umano.
Piuttosto, ricorre quasi sempre al terrorismo semantico e paventa una rovina
totale e globale, quando i suoi interessi particolari sono minacciati, o
semplicemente quando crede che ciò possa avvenire.
Il cattolico
in politica mistifica e distorce l'idea di democrazia, confondendola (per
dolo o ignoranza, o per compiacere la Chiesa) ora con la dittatura della
maggioranza, ora con la difesa di un inesistente "diritto naturale",
ora con una fraintesa idea di tradizione culturale, che poggia sull'assunto -
sballato - che culture e forme di società siano o debbano restare fisse ed
immutabili, nei secoli e nei millenni. Comunque sia, si muove sempre con
infinita arroganza e prepotenza, come quegli spettatori che vanno ai concerti
rock solo per pogare: si piazzano strategicamente in prima fila e,
iniziata la musica, prendono a scalciare e sgomitare facendo il vuoto intorno a
loro, incuranti del fatto che tutti gli spettatori - non solo loro - hanno
pagato il biglietto per partecipare allo spettacolo. O quelli che lasciano
sistematicamente la macchina in doppia fila, perché le sue necessità vengono
sempre prima di quelle di tutti gli altri.
Il cattolico
in politica demonizza la sua controparte, e mente accusandola di volersi
comportare esattamente come lui si comporta nella realtà: applica alla lettera
e con grande perizia la tecnica vittimistica del chiagni e fotti. Salvo
tentare di affogarla nella palude del confronto (la beffa dopo il
danno), dopo averla guardata dall'alto in basso con la classica puzzetta
cattolica sotto al naso.
La controparte del cattolico in politica, per
la cronaca, è costituita da chi sogna una società civile ed equa, l'unica
possibile, quella dove le libertà individuali sono garantite e tutelate, e dove
ciascuno può esprimere il proprio talento liberamente perché tutti hanno le
stesse opportunità. Il passo successivo non è già più democrazia, ma qualche
altra cosa, che invariabilmente tende - più o meno da vicino - alla dittatura.
Non a caso, spesso la Chiesa cattolica ha simpatizzato per le dittature, se
esse hanno potuto garantire la difesa della sua ideologia e il guadagno o il
mantenimento di svariate forme di privilegio. Una volta preso il potere, il cattolico
in politica immancabilmente mette in pratica tutti questi comportamenti,
impone la sua etica, serve la sua ideologia e le lobby che la incarnano,
ignorando le esigenze e legittime aspirazioni di una grande massa di cittadini
che ha il solo torto di non averlo sostenuto, assecondato ed eventualmente
votato; cittadini che aspirano legittimamente ad ottenere per loro uno spazio
di libertà che - nonostante le bugie cattoliche - non lede quelle altrui (al contrario
della libertà avocata per loro da certi cattolici, che in questo modo
distorcono anche il significato delle parole applicando il meccanismo
orwelliano per cui una parola significa esattamente il suo contrario).
Il cattolico
in politica, in effetti, già ora detiene il potere, ma non gli basta: vuole
lo strapotere. Ricorre a un raffinato e truffaldino uso del linguaggio,
giustificando le proprie azioni con la difesa del "bene comune", ma
alla fine si tradisce goffamente, e chiude ogni discussione sbattendo sul
tavolo i "valori non negoziabili", supremo atto di stolida arroganza.
Ecco perché va evitato come la peste.
Attenzione quindi a non sottovalutare tutto questo, per non ritrovarsi ai piedi del pero quando sarà cominciato il nuovo medioevo. Ci smentissero coi fatti, se credono.
Infine una
nota: quando si parla di categorie di persone e delle loro qualità, è sempre
opportuno non generalizzare e premettere al discorso un'affermazione del tipo:
«Tolte le eccezioni». In effetti, è difficile paragonare, ad esempio, Ignazio
Marino con Eugenia Roccella o Maurizio Sacconi. Ma in questo caso viene da
domandarsi se sia opportuno fare quella premessa, visto che i cattolici meno
inclini all'arroganza e prepotenza di stampo ecclesiale (e non solo in politica
ma anche nella società) comunque se ne stanno in silenzio (c'è solo una cosa
che fa più rabbia: l'indolenza dei laici), e quindi sono complici.
Chi tace,
dovrebbero sapere, acconsente.
Alessandro Baoli
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