11/01/2013 - Carissime compagne, cari compagni,
quando una
storia è al punto di svolta conviene fermarsi a riflettere. Mai decisioni
affrettate. Coinvolgere chi è stato con te per poi assumersi tutte le
responsabilità pensando al futuro della comunità. Questo si deve fare. Per
questo motivo c’è stato ritardo nelle comunicazioni. E me ne scuso.
‘Chi è stato
con te’ ha vestito diversi cappotti: quelli che hanno costruito la memoria di
un secolo, noti ed ignoti, dai 'morti di Bava' - così li chiamavano gli avi –
al Nenni che legge l'Avanti nel poster gigante incorniciato sopra la mia scrivania,
alla foto di Bettino con un pugno di garofani in mano in non so quale congresso
fino a chi, ieri mattina, ti ha salutato per strada dicendo: 'Ci sono' oppure
ti ha criticato ma c’è e c’è stato. E’ a loro che dobbiamo una risposta.
Compreso chi ti offende, chi si dichiara socialista ma vota stabilmente a
destra, chi impartisce lezioni faticando in rete ma avendo smarrito anche
l’indirizzo della sezione. E infine a quanti hanno dimenticato che il 1992 non
è stata un’annata da conservare e che il 2008 è un fantasma che ancora ci
insegue.
Vent'anni
buttati.
Abbiamo
vissuto anni difficili. E' tramontata la repubblica dei partiti e si è
affermata la repubblica del populismo e degli uomini soli al comando. Un'Italia
trafitta da crisi profonde, ai margini dell'Europa che decide, fragile e senza
la certezza di una missione condivisa è la nazione che ci è stata consegnata.
Un nuovo
inizio è possibile purchè prevalga il bene comune e il quadrilatero chiamato a
presidiare la Terza Repubblica venga costruito attorno a inclusione, libertà,
etica della responsabilità, coraggio.
Sono questi
i temi cari alla cultura e alle azioni che hanno consentito al socialismo
italiano di rendere il nostro Paese più civile e più libero. Roba vecchia,
leggo dietro ad alcune affermazioni del professor Monti. Sarà! ma nel mondo,
ovunque nell'universo mondo, il confine tra destra e sinistra passa proprio
lungo quella linea.
Celebrando i
centoventi anni dalla nostra nascita, anche agli avversari è apparso evidente
il contributo scritto dai socialisti nella trasformazione dello stato e nel
progresso italiano. Nessuna rilevante riforma del XX secolo è diventata legge
senza di noi. Le tutele nel lavoro, l'allargamento dell'istruzione, le
fondamenta del welfare e la valorizzazione dei diritti individuali sono alla
testa di un processo di rinnovamento che senza l'attività politica e la
caparbietà parlamentare del PSI non si sarebbe affermato.
Vale per noi
quanto Voltaire scrisse per sé: 'Ho fatto un po' di bene. E' la mia
opera migliore'.
La fine del
ciclo berlusconiano e la dura lezione imposta dalla globalizzazione hanno
creato le condizioni per voltare pagina anche in Italia. Era l'ora!
Ogni fine
coincide con un inizio. A condizione che un orgoglio smisurato non ti faccia
compiere errori irreparabili.
Siamo stati
assenti per un'intera legislatura dalle due Camere. E' lì che dobbiamo tornare.
In omaggio alla buona storia d'Italia che abbiamo fatto e soprattutto per dare
corpo a proposte che potrebbero renderla migliore.
Cinque anni
fa, il PSI rischiava di morire.
Senza un
manipolo di parlamentari, senza finanziamento pubblico, senza linea politica
dopo la sconfitta della 'Costituente Socialista', senza un organo di stampa,
senza alleanze.
Abbiamo
trovato il deserto. Abbandonati pressochè dall'intero gruppo dirigente, il
tesseramento non ancora avviato, un bilancio economico che ci dava ossigeno
soltanto per quattro mesi.
Una vita
intera impressa sull'etichetta di uno yogurt. A scadenza.
Restare in
piedi non è stato facile, eppure siamo vivi. Tesseramento in regola (Nenni
ricordava spesso che 'chi non è iscritto non è socialista') e bilancio
trasparente, il primo ad essere stato certificato da una società esterna;
Mondoperaio e l'Avanti della Domenica pubblicano, l'Avanti on line sta
crescendo con il suo salvadanaio di lettori; la linea politica che ci siamo
dati nei Congressi di Montecatini, di Perugia e di Fiuggi è risultata vincente
per l'intera sinistra riformista: fuori dalla coalizione Di Pietro e la
sinistra radicale, apertura ai moderati; un accordo a tre siglato con la 'Carta
d'Intenti' attorno a cui nascerà il governo dell'Italia.
Ragione e
passione nei momenti decisivi.
So bene che
la strada maestra si identificava con la presentazione di una lista socialista.
Era già stata imboccata con decisione.
L’arrivo di
Monti e la tendenza della variegata area cattolica di centro a mantenere le
mani libere hanno modificato d'un tratto il quadro politico.
Ho sempre
pensato che per i partiti piccoli il rischio possa nascondersi nell'ultimo
miglio. Temibile. Per una ragione: se cambiano le regole del gioco oppure se a
cambiare è il gioco, non hanno la forza necessaria ad opporvisi. E' già
successo. Poche settimane prima delle elezioni europee 2009 la legge elettorale
è stata modificata. In un colpo i partiti medio-piccoli sono stati privati
della possibilità di eleggere e, assenti dalle due Camere com'erano, non hanno
potuto organizzare nessuna difesa.
Noi non
abbiamo santi né in paradiso né altrove.
Siamo noi e
basta. Con i calli di un secolo.
La nostra
valutazione l’hanno fatta anche altri. Rifondazione, Comunisti Italiani, Verdi,
Italia dei Valori, Api, Mpa non si presenteranno con le loro insegne ma saranno
ospiti di partiti nuovi o, peggio, ospitati da singoli protagonisti alla
ribalta.
Non me lo
auguro ma potremmo essere gli unici tra tutti questi ad eleggere.
Abbiamo
iniziato a percorrere il nostro ultimo miglio una ventina di giorni fa quando,
formatasi la lista 'Centro Democratico' (Tabacci, API, Mpa, ex Idv, alcune
liste civiche) apparentata al PD, ci siamo posti la domanda: lista socialista o
alleanza elettorale col PD. Centro Democratico, nei sondaggi, ha una forza
simile alla nostra. La legge elettorale prevede che solo una delle due possa
avere accesso al parlamento.
Hic Rodhus,
hic salta.
Tutti gli
organi di partito chiamati a decidere, compagni che sono stati ministro,
direttore dell’Avanti, dirigenti del vecchio partito con cui mi sono
confrontato, a larghissima maggioranza hanno valutato il rischio troppo alto e
si sono espressi per un accordo elettorale. Perchè fallire la prova avrebbe
significato chiudere il libro iniziato a Genova in un mese d'agosto di fine
ottocento.
E' il libro
che io non intendo chiudere.
Troppe
pagine ancora da leggere, troppe pagine ancora da scrivere.
Il futuro è
in una missione.
Capisco chi
ha cuore e non si piega all’Italia che cambia. Ma non possiamo comportarci come
i reduci di Salò, naufraghi in un mare di cui avevano smarrito la bussola. La
maggioranza dei nostri militanti ha vissuto gli anni che, ragazzo, ho vissuto
anch’io. Autonomismo socialista, riformismo di Craxi capo del governo e di
Pertini capo dello stato, meriti e bisogni, una sinistra moderna, europea. Ci
siamo innamorati di una storia bella. Bella perché eravamo dalla parte giusta.
Non tolleriamo che l’aver avuto ragione sia oggi testimoniato da un piccolo
partito. Giudichiamo inaccettabile questa verità, un torto della storia che
abbiamo sempre servito dalla parte giusta. La presentazione di una lista comune
è il timbro su una alleanza. Punto e basta. Alleati col PD ma con la nostra
libertà politica.
Con una
frontiera comune in Europa, quella del socialismo e della socialdemocrazia.
Con un
leader socialista condiviso da eleggere, nel 2014, ai vertici dell'Unione.
Ci sarà una
nutrita delegazione socialista alle Camere. Altre energie le utilizzeremo al governo e al partito
fino dalla prossima primavera.
Autonomia
organizzativa nell’attività parlamentare e indipendenza nelle iniziative
politiche. Un ‘patto di consultazione’ a significare la piena libertà dei due
partiti.
La richiesta
di battezzare il gruppo ‘Democratici e Socialisti’ come al Parlamento Europeo.
In alcuni collegi senatoriali, liste socialiste per aiutare la sinistra a battere la destra. Liste
socialiste anche nelle regioni al voto (Lazio, Lombardia, Molise).
L’intesa
elettorale con il PD nasce dalla spinta del PSE ed è favorita dal cammino
intrapreso da Bersani. Dal partito a vocazione maggioritaria con il pantheon
ambiguo di Veltroni a un rapporto stretto con la casa socialista europea nel
rispetto reciproco.
La presenza
in Parlamento è l’ultimo mattone nella ricostruzione del partito.
Qualcuno ha
scritto che abbiamo fatto un accordo per le seggiole. Già, ma senza ‘seggiole’
le idee non diventano leggi. E abbiamo preteso quanto ci spettava, nulla di
meno. Il giudizio si dà alla fine. Sul lavoro che verrà fatto. Sui risultati.
Nel 2008
dissi ‘no’ alla proposta di fare il capolista in Toscana. La proposta veniva
dal PD. Ho fatto il candidato nella nostra lista. Sconfitto. Bene così.
In ogni
altra elezione ho sostenuto candidati socialisti imposti dalla Segreteria
Nazionale.
Il
parlamento l’ho conosciuto solo con i miei voti di preferenza, in Italia e in
Europa.
So bene
quanto contino i numeri ma il valore più grande consiste nell’opportunità che
la nostra delegazione avrà di far conoscere ai cittadini idee per anni avvolte
dal silenzio. Dunque, un patto con i socialisti e un patto con gli italiani.
Pronto a spiegare a chi sostiene la tesi dell’ammainabandiera. Come e quando
vorrà. Mai temuto il confronto con chi si impegna, con chi è mosso da una
passione. Mi spaventano invece il velleitarismo e i chiacchieroni di mestiere,
quelli dell’ “armiamoci e partite”, quelli che cinque anni fa inneggiavano alla
lista socialista e poi non la votarono ( in alcuni comuni, più alto il numero
degli iscritti rispetto ai votanti!).
Rappresenteremo
la cultura laica, altrimenti assente, e legheremo il nostro nome a leggi che
valorizzino i diritti della persona. Ci impegneremo a riformare il
finanziamento ai partiti vincolandolo al rispetto dell’art. 49 della Carta: chi
è in regola si, chi non è in regola no. Presenteremo come primo atto una
proposta di legge che istituisca una ‘patrimoniale’ sulle grandi ricchezze tale
da abbattere la pressione fiscale sui redditi medio bassi e da abrogare l’Imu
sulla prima casa.
Queste le
priorità. Le altre ci sono state indicate dalle nostre ‘Primarie delle idee’ di
sabato scorso.
Dopo le
elezioni si terrà il congresso. All’insegna di un profondo rinnovamento locale
e nazionale. Solo una
condizione. La ricordo a ciascuno di noi citando una frase scritta da Anna
Kuliscioff nel 1926, un commento alla crisi socialista dei quattro anni
precedenti: ‘ Vi voglio confidare un segreto. Sapete perché le folle non ci
hanno più seguito? Non date retta a tante spiegazioni storiche o economiche.
C’è una sola ragione. Abbiamo sofferto troppo poco. Un partito non può vivere
di usufrutto su qualche anno di prigionia accantonato prima del 1900’.
Analisi
fredda, spietata e in larga parte giusta. Valida anche per noi.
Riposare sul
passato fa inaugurare i musei. E basta.
RICCARDO
NENCINI
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