Il 31 maggio gli irlandesi votano il referendum sul patto
voluto dalla Germania. Il quotidiano di Dublino si schiera per il sì, guardando
all’interesse del paese più che alle dispute politiche.
THE
IRISH TIMES DUBLINO
30 maggio
2012- Domani, al termine
di una campagna aspra e spesso non molto illuminante, voteremo sul trattato
fiscale europeo. Ma non ci esprimeremo sulla performance del governo, e neppure
sull’austerity. Decideremo se consentire o meno al governo di ratificare il
trattato fiscale ed emendare la nostra Costituzione di conseguenza. Per gli
standard dell’Ue si tratta di un’occasione democratica inconsueta e importante,
ma che comporta per gli elettori la responsabilità di esprimersi soltanto in
merito alla questione in oggetto. Ma forse è troppo sperare che sia così.
Come
abbiamo fatto in occasione di quasi tutti i sette referendum sull’integrazione
alla Cee/Ce/Ue che sono stati proposti al popolo irlandese, l’Irish Times
raccomanda di nuovo di votare “sì”. E questo non per un’incurabile e acritica
eurofilia, bensì per una pragmatica valutazione degli interessi vitali
dell’Irlanda e per la sensazione, soprattutto, che ci siano cose che facciamo
meglio da soli e altre che possono essere fatte soltanto insieme ai nostri
partner europei.
La
realizzazione dell’unione monetaria è un caso molto esemplificativo. Il voto di
domani verte proprio su questo compito lasciato a metà – un uccello non può
spiccare il volo con un’ala sola – quello che ci fornirà le premesse fiscali
per una solidità su scala europea che dovrà garantire la sicurezza dei
capitali, in cui i paesi dell’euro saranno in grado di ottenere prestiti a
tassi di interesse sostenibili. E questo non è uno strano concetto di matrice
tedesca, ma un fatto reale della vita economica.
Non
esiste niente di gratuito. I soldi facili comportano un prezzo che tutti gli
stati membri dell’euro dovranno pagare – con disciplina fiscale, solida
gestione e anche qualche sacrificio. Questa è la motivazione di fondo sia del
trattato che siamo chiamati a votare sia del carattere condizionale dell’accesso
ai fondi dell’Esm, il Meccanismo per la stabilità europea, di cui potremmo
benissimo tornare ad avere bisogno.
Questo
non è – come i sostenitori del no vorrebbero farci credere – un “trattato delle
banche” o un “trattato degli speculatori”, ma un trattato che consentirà agli
stati europei di associarsi tutti insieme contro i capricci degli speculatori,
per dar vita a una valuta di peso e stabilità sufficienti a resistere ai loro
attacchi.
Il
costo del denaro – il tasso di interesse – è prima di tutto un indice del
rischio e dell’incertezza percepiti. L’anno prossimo l’inevitabile ricorso al
mercato obbligazionario, che vinca il sì o il no, porterà il ritorno di un mare
di incertezze, e i tassi di interesse potrebbero arrivare alle stelle,
portandoci fuori dal porto relativamente sicuro dei tassi dei bailout più bassi
della zona euro. Perché, in nome della ragione, dovremmo volerci privare di
proposito e di nostra volontà di tale sistema di protezione?
Nella
campagna di questo referendum buona parte delle prese di posizione a favore del
si sono rimaste sulla difensiva, con argomentazioni ambiguamente negative,
basate sulle conseguenze di una vittoria del no. Eppure occorre ascoltare gli
argomenti positivi a favore di un trattato che è una sorta di indispensabile e
prezioso mattone per costruire la nostra valuta.
Soprattutto,
in ogni caso, andate a votare! Qui si parla della vostra Costituzione, della
vostra valuta, del vostro futuro. Non permettete che a prendere una decisione
che riguarda voi sia qualcun altro. (Traduzione di Anna Bissanti)
Fronte del no
Il Sinn Féin punta sul malcontento
Anche
se secondo gli ultimi sondaggi il referendum sul trattato fiscale dovrebbe
passare con il 57 per cento dei voti, i nazionalisti irlandesi
"rifiuteranno la frusta tedesca", titola De Volkskrant. Il
quotidiano olandese ha incontrato i militanti e gli elettori del Sinn Féin,
sostenitori del no. Uno di loro spiega le sue ragioni:
Vorremmo
essere noi a risolvere i nostri problemi, senza essere assillati dai nostri
amici europei. Per me e per molti miei amici si tratta di amore per il proprio
paese.
Un
sentimento condiviso da molti irlandesi, osserva De Volkskrant. Secondo i
sondaggi il Sinn Féin, l'unico partito che fa campagna contro il trattato
fiscale, è oggi la seconda forza del paese. Questo grazie anche alle critiche
nei confronti delle misure introdotte dal governo, per rispettare i suoi
impegni con Bruxelles, come le tasse sull’acqua e i nuclei familiari (Household
Tax).
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