Pensare Globale e Agire Locale

PENSARE GLOBALE E AGIRE LOCALE


martedì 15 ottobre 2013

ITALIA - Le carceri fantasma in Italia sono 40: costruite, inaugurate e mai utilizzate


Per risolvere il serio problema del sovraffollamento carcerario, c’è da una parte la pressante richiesta di amnistia da parte di Pannella con l’ improvviso consenso di Napolitano e la stesura della legge svuotacarceri; dall’altra i dati dei sindacati di polizia penitenziaria, confermati anche da Emergency che mostrano la presenza di carceri inutilizzate su tutto il territorio nazionale che possono senza dubbio risolvere il problema senza ricorrere a rendere libero chi ha commesso reati. Senza dimenticare che almeno la metà dei detenuti negli istituti di pena italiani, sono stranieri e che quindi dovrebbero essere espulsi e scontare la pena nei luoghi di origine. Infine le tante caserme militari dismesse in tutta Italia che potrebbero essere adibite a carceri. Tutto ciò a testimoniare l’interesse personale o l’incapacità dei nostri politici, compreso il presidente della Repubblica.

Li hanno battezzati “carceri fantasma”. Costruiti, inaugurati e mai utilizzati. Aperti e sfruttati solo in parte. Dismessi. Demoliti. Sono tanti, da Nord a Sud. Rappresentano uno spreco di denaro pubblico e di spazio in un Paese dove la maggior parte dei penitenziari sono sovraffollati e i detenuti, insieme con gli agenti che li controllano, vivono in condizioni al limite della sopportabilità.La “regina” di questo cattivo esempio di amministrazione è la Puglia. Nel Barese c’è Minervino Murge, mai entrata in funzione e mai completata, e Casamassima, che è stata chiusa. A Monopoli, dove gli sfrattati avevano trovato un tetto nelle celle, la prigione è stata dismessa. Poi ci sono le case mandamentali (dove finiscono galeotti con pene brevi o in semilibertà) di Volturara Appula (45 posti previsti, incompiuta e mai utilizzata) e Castelnuovo di Dauna, arredato da 17 anni, mai aperto.

Sempre nel Foggiano altri tre casi: Accadia (consegnato nel ’93 e poi passato al Comune), Bovino (struttura da 120 posti chiusa da sempre) e Orsara. Per non parlare di Francavilla Fontana, usato per un pò e poi adibito a sede della polizia municipale, e Spinazzola, che aveva 40 detenuti, ne avrebbe potuti ospitare cento perché due sezioni erano inutilizzate e un paio di anni fa è stato chiuso. In Calabria non va meglio. Oltre a Mileto, ci sono Cropani, Squillace (ristrutturato e mai aperto) e le mandamentali soppresse di Arena, Soriano Calabro, Petilia Policastro e Cropalati, convertito in legnaia. Sempre calabrese è il supercarcere di Palmi, che però ha bisogno di una ristrutturazione perché fatiscente. In Sicilia è stato finalmente aperto il carcere di Gela (60 detenuti) ma a Villalba (Caltanissetta) c’è una prigione per 140 persone inaugurata vent’anni orsono che è costata 8 miliardi di lire e non ha mai dischiuso i battenti. Ad Agrigento i lavori di costruzione di un padiglione di quattro piani, che poteva accogliere 300 persone, sono fermi da un anno e mezzo perché l’azienda costruttrice è fallita: lo Stato non pagava.

Saliamo in Campania. Gragnano è stato dismesso per un problema geologico. Dismissione anche per Frigento. Morcone, vicino Benevento, è pronto ma non apre. In Abruzzo il carcere di San Valentino è stato trasformato dal Comune in una struttura di accoglienza per turisti. Eccoci in Toscana, dove a Pescia il ministero ha soppresso la casa mandamentale. Il Barcaglione di Ancona, nelle Marche, di posti ne ha 180. Ma i detenuti sono 100 perché non è stato ancora “potenziato”.Salendo ancora di più arriviano a Udine, dove da anni è stata eliminata la sezione femminile. E a Gorizia, dove è inagibile un intero piano della prigione. A Pisa i lavori del nuovo padiglione in costruzione sono bloccati: la ditta è in amministrazione controllata. In Umbria il centro clinico di Capanne è inutilizzato e, a Terni, non c’è personale di polizia per attivare un padiglione da 300 posti pronto da aprile.

A Pinerolo, in Piemonte, carcere chiuso da 16 anni. In Emilia Romagna gli esempi non mancano: nel Ferrarese c’è Codigoro, che è chiuso. Al Dozza di Bologna era stato espropriato un terreno vicino al penitenziario per costruire un centro sportivo a disposizione degli agenti della penitenziaria. L’area è stata recintata ed è stato fatto lo spogliatoio. Poi i lavori si sono fermati e ora lo spazio è diventato rifugio di sbandati e senzatetto. Il tutto è costato tre milioni e mezzo di euro. A Forlì sono state gettate le fondamenta per una prigione da 400 posti. L’opera doveva essere finita due anni fa, poi la ditta edile è fallita e nel sottosuolo sono stati trovati reperti archeologici. Quindi tutto fermo, in attesa di una nuova gara d’appalto.

ALSIPPE

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